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Geopolitica e Difesa

Intrecci mediterranei e il rischio di rimanerne soffocati.

Libia 90462

Per comprendere come si può ancora agire in Libia bisogna prima aver ben chiara la situazione e capire come si è arrivati a questo punto.

Il parlamento turco ha appena approvato il possibile invio di truppe regolari turche il Libia. Per valutare le implicazioni e le conseguenze dell’intervento turco bisogna partire da lontano, dalla Siria.

Le atrocità e i soprusi perpetrati in Siria, sembrano aver poco a che fare con quello che sta accadendo in Libia, eppure non è così.

Per quanto l'Oservatorio sui Diritti non è sempre stato preciso e imparziale, i numeri sono stati grossomodo confermati anche da altre fonti. https://raiawadunia.com/rojava-la-turchia-usa-larma-infame-dello-stupro-di-guerra-contro-le-donne-curde/

https://it.insideover.com/guerra/i-crimini-di-guerra-turchi-nel-nord-est-della-siria.html

 e non solo queste citate per brevità.

La maggior parte di queste azioni sono state effettuate non dall'esercito turco regolare, ma da chi fa il lavoro sporco per Erdogan cioè le milizie fondamentaliste islamiche, jihadiste, tra cui Al Nusra (praticamente una costola di Al Qaida) responsabili tra l’altro dell'efferata uccisione di Hevrin Khalaf, la femminista e attivista curda  dei diritti civili.

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Ex ILVA tra ambiente, politica industriale e geopolitica.

L'IPOTESI DEL PIANO INDUSTRIALE DEL GOVERNO SULL'ILVA.
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In attesa di conoscerlo e studiarlo più a fondo, alcune brevi considerazioni, premesso che tutto quello che è utile per la riduzione dell'impatto ambientale, per il mantenimento dell'occupazione e per il mantenimento del settore strategico della siderurgia è comunque positivo (ma è sufficiente?),

La riduzione dell'impiego di coke è significativa, grazie all'impiego di tecnologie nuove e di materiali ferrosi pre ridotti che tra l'altro aumentano la qualità dell'acciao essendo prodotto da materiali e ferrosi primari invece di rottami ferrosi. Però forse si poteva essere più coraggiosi estendendo la produzione attraverso forni elettrici alimentati a gas a una quota maggiore di produzione (ricordiamo che il gas inquina il 70% in meno del carbone) Ciò non toglie che possano esserci dei miglioramenti futuri quando altri tipi di tecnologie saranno mature.

A proposito di nuove tecnologie sarebbe stata l'occasione per sperimentarne altre, anche se non ancora consolidate, come quelle a idrogeno verde, implementando così un circolo di produzione energetica virtuoso. Non avrebbe potuto avere una quota alta di produzione in quanto ancora non totalmente sperimentato, quindi a impatto economico incerto, ma potrebbe gettare le basi per un più vasto impiego futuro. https://www.qualenergia.it/articoli/la-scommessa-dellidrogeno-verde-per-unacciaieria-in-funzione-un-impianto-pilota-da-6-mw-in-austria/

"E’ chiaro però che per realizzare tutto questo, servirà acquistare gas ed energia dal mercato ad un costo economicamente conveniente. Non solo perché i due impianti che produrranno il preridotto saranno alimentati a gas (il che potrebbe anche portare a rispolverare l’idea di costruire un rigassificatore sul territorio tarantino: chi si ricorda la battaglia di diverse associazioni tra cui Peacelink e Legambiente contro la Gas Natural tra il 2004 e il 2007 che voleva costruire un rigassificatore alle spalle dell’Eni?), ma soprattutto perché per alimentare i due forni elettrici non basterà l’energia prodotta dalle centrali termoelettriche presenti oggi nel siderurgico, che attraverso il recupero dei gas daltoforno alimentano l’area a caldo.

E’ chiaro quindi che in questa partita la Snam per il gas e la Saipem per l’energia potrebbero essere in qualche modo coinvolte."

Quanto citato, per andare su tematiche più apertamente geopolitiche, è paradigmatico di quanto importante sia per l'Italia la partita che si gioca nel Mediterraneo centro-orientale sullo sfruttamento dei giacimenti di gas presenti al largo di Cipro, dell'Egitto, della Grecia e della Libia, e di quanto siano connesse le situazioni geopolitiche che vanno da Kurdistan siriano, alla Turchia, a Cipro, per arrivare alle coste libiche. Ecco perchè lo stesso TAP, che arriva in Puglia, è un tassello importante nella politica industriale, come lo sarà il gasdotto che passerà attraverso Cipro e la Grecia.( e che 5S hanno tentato di boicottare a livello europeo) Non dimentichiamo che in ballo ci sono valori che sfiorano l'intero PIL italiano e che l'ENI è la compagnia che ha la maggior percentuale di diritti di sfruttamento e non a caso nell'operazione Accelor M. vengono coinvolte anche SNAM e Saipem Avere quel gas, sicuro,non influenzato da insicurezze di approvvigionamento, a basso prezzo è fondamentale per la nostra economia, e l'ILVA ne è solo un esempio Il nostro torpore geopolitico in Libia e Eastmed (dove torneremo con appositi post) si ripercuote anche sulle nostre dinamiche industriali.

Abbiamo visto che l'interesse principale di Accelor Mittal è stato in Europa quello di acquisire importanti pezzi della siderurgia per poi chiuderli, dopo averne acquisito la clientela, per riversare la produzione nei paesi emergenti ed eliminare la concorrenza. Con una quota del 60% dell'ILVA A.M. potrebbe tentare di realizzare questo piano anche nel futuro. Niente ci garantisce che non lo farà con qualche scusa. Come infatti è avvenuto dopo le avventate e ingenue rassicurazioni di di Maio che aveva dichiarato qualche mese fa di aver risolto il problema in poche settimane... Perlomeno, visto che CDP e INVITALIA avranno quote significative nel consorzio (guarda caso CDP era presente anche nel piano industriale, molto migliore e realistico di Del Vecchio), sarebbe opportuno, anzi fondamentale, creare una Golden Share, come avviene in altre industrie partecipate statali strategiche come Fincantieri e Leonardo, in maniero che lo Stato abbia l'ultima parola sulla strategia industriale del Gruppo.
https://www.corriereditaranto.it/2019/12/27/ex-ilva-ecco-il-piano-industriale-del-governo-per-arcelormittal4/?fbclid=IwAR0Zdf53FFCXzECN23sav5wkYsrKY2xD9MwRGSk7hACv7E8j2MOmuxboWX8

Tripoli, bel suol di torpore (italico)

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Turchia, Libia, Francia sono i problemi geopolitici principali dell'Italia e sono collegati tra loro.. Lo dicevamo un anno fa alla fine dell'articolo linkato e purtroppo si sta avverando.

 https://blog.movimentoroosevelt.com/blog/1846-geopolitica-cosa-e-esattamente.html

Le conseguenze dell'accorso tra la Libia di Sarraj e la Turchia di Erdogan, accordo che definisce le rispettive ZEE e i loro confini, come se in mezzo non ci fossero Cipro, Creta, una miriade di altre isole greche, l'Egitto e Israele, sta iniziando a corrodere gli equilibri internazionali. La nave Bast Galim della Israel Oceanographic Research che stava effettuando ricerche per conto del legittimo governo cipriota, è stata allontanata con la forza da navi turche. Israele, ha risposto effettuando in questi giorni esercitazioni navali congiunte con Cipro proprio nelle stesse acque con la partecipazione anche di assetti aerei.La tensione quindi sta aumentando. Per certi versi, anche se può apparire assurdo, le origini di tale stato di cose possono, in parte, essere imputabili anche alla politica di indecisione dell'Italia. Sarraj ha fatto un grosso passo falso nell'accettare quegli accordi farlocchi (che non rispettano nessuna convenzione internazionale come ad esempio la UNCLOS,) Ma mettiamoci nei suoi panni: è in estrema difficoltà a causa degli aiuti sempre più consistenti da parte di Egitto, Arabia, EAU, Russia a Haftar.

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Mediterraneo sempre più instabile e la politica italiana dello struzzo.Libia e Turchia: problemi geopolitici interdipendenti

 Nel primo post che inauguravail Dipartimento, più di un anno fa  scrivevamo:

 le criticità maggiori (per l'Italia) sono tre, e si chiamano Libia, Francia, Turchia. Sicuramente queste tre criticità sono collegate tra di loro e l’aggravamento di una delle tre ha ripercussioni anche sulle altre due.

vediamo come Turchia e Libia sono collegate:

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Il Giallo e "I dolori del giovane Macron" (nell'ombra dei media)

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  • Come al solito i media non parlano a lungo di certe questioni. Tendono a ignorare le vicende
    dopo le massive tornate iniziali, ma certi fatti permangono e covano, si incistano, anche se
    vengono ignorati dai riflettori… fino alla prossima esplosione. Francia, Cile, Bolivia, Ucraina,
    Kurdistan, Libia, il fuoco non è spento, semplicemente non lo fanno vedere. I Gilet Gialli e le
    proteste francesi continuano, eccome, e i loro problemi, quelli della gente comune,
    assomigliano e di molto ai nostri, e la causa è comune: la dis-unione europea neoliberista e
    la soluzione è una sola, e sappiamo quale,
    Un bel brain storming della nostra “corrispondente sul campo” Maria Zei.
    In questo inizio settimana che precede il grande sciopero del 5 novembre in Francia, dove
    tutti ma proprio tutti partecipano: poliziotti/e, pompieri/e, netturbini/e, avvocati/e,
    maestri/e di scuola (i bambini non andranno a scuola perché non e' assicurata la presenza
    degli insegnanti) ci si mettono anche i professionisti delle costruzioni (BTP in francese
    Batiments Travaux Public) col blocco delle piattaforme per il carburante e vai con la penuria
    [1]…
    Non contenti neanche loro dell'ennesima riforma di Macron (o micron come lo chiamano
    sempre più larghe percentuali di Francesi) a favore di sempre i soliti, perché alla fine per fare
    tornare il bilancio, leva, sposta, riduci, taglia, aumenta le tasse ai poveri e riducile ai
    ricchi…(Robin Hood all'inverso). Notevole il servizio di investigazione della giornalista tanto
    amata Elise Lucet nella sua trasissione Cash Investigation su France 2 del mese scorso [2].
    C'e' anche chi dice, come François Asselineau (e' la sua tiritera): "glielo dice l'Europa (questa
    formula ci ricorda qualcosa anche in Italia) nel documento del GOPE (Grandi Orientamenti di
    Politica Europea)” certo che essendo ancora anacronisticamente a oltranza "neoliberale"
    non puo' che proporre delle misure che non vanno certo nella direzione dei cittadini
    europei... ma, si sa, Nino Galloni vice presidente di MR e insigne economista lo dice da tanto,
    e non solo in Italia, ma anche qua in Francia. Comunque M(m)a(i)cron ha la responsabilità di
    mettere in applicazione il neoliberismo in tutto e per tutto, sempre e comunque, resta una
    decisione politica.
    La poverta' e' aumentata in Francia a causa di ciò e soprattutto recentemente con le ultime
    riforme di Macron su disoccupazioni, sussidi per l'alloggio. Si veda il video di Jacques
    Sapir [3] dove presenta i risultati, non dell'ultra sinistra, ma dell'INSEE che e' l’equivalente
    della nostra ISTAT)
    Questo stato sociale (securité sociale) tanto caro ai francesi, si ricordi e si ringrazi, tra gli altri,
    il grande Charles (De Gaulle) e il CNR (Consiglio Nazionale della Resistenza) e i loro "Giorni
    Felici" [4], viene eroso di giorno in giorno da decine di anni.
    Se la Francia ha raggiunto un certo alto livello di vita e' grazie a cio' e adesso Macron
    colpisce anche più di prima e perfeziona il lavoro già cominciato dai suoi predecessori, tutti
    proni alla svolta neoliberista dagli anni 80' in poi. Gratta gratta, sciupa sciupa...
    In tante occasioni i francesi hanno resistito ma non e' stato sufficiente e si sa, poi le lotte
    scemano, ci si rinchiude un po’ su se stessi, la vita sempre più difficile, arrivare a fine mese è
    sempre più un’impresa (vedi gilet Gialli) e chi ne vuole approfittare ne approfitta. Nino
    Galloni lo mette in evidenza nei suoi lavori, ma non solo lui, in Francia Maurice Allais, premio
    nobel, per esempio. Si fece una conferenza con lui sull'eredità di Federico Caffé e Maurice

    Allais a Parigi [6]. In materia di premi Nobel, l’ultimo francese é Jean Tirole… Lascio andare a
    leggere il libro eccellente di Jacques Genereux La deconnomie [7], cosa dice di Jean Tirole…
    Il 5 novembre si manifesta contro la riforma delle pensioni in generale ma soprattutto
    perché i francesi si sono resi conto come non si possa più andare avanti cosi'... ecco qua in
    dettaglio l'imbroglio sulle pensioni: [8] ben spiegato da uno del gruppo "Les economistes
    atterrés" [9].
    Molta propaganda da parte dei media, grazie a cui Macron ha vinto le elezioni e tutti
    posseduti dai suoi amichetti... Drahi, Niel,... contro lo spauracchio, veramente inoffensivo
    della Le Pen (neoliberista della prima ora, che ha fatto soldi grazie all'eredita' rubata a un
    militante [10] e un tipografo [11], vari documentari sulla loro vita sono disponibili dove si fa
    la lista di ciò assieme a tanti altri episodi... per non parlare degli ultimi processi in corso su
    fondi europei [12]) MESSA lì non per far paura ma per far scegliere Macron... una tra tante.
    L'analisi (di Francois Asselineau [13]) degli interventi dei Le Pen sui media e il loro supposto
    ruolo “anti” (immigrati, europa...).
    Per finire, interessante questo video che fa una panoramica sulle dinamiche di come i media
    trattano, per sminuire, questo sciopero [14].
    Vedremo come andrà nei prossimi giorni, se lo sciopero sarà ridimensionato o se
    continuerà... Già tutto ciò ha dato argomenti ai detrattori di Macron al rdv Nato di questi
    giorni (Trump, Erdogan)... Nella mia regione natale si dice "cencio dice male di straccio" e
    oggi all'incontro NATO ce n'erano tanti di straccioni, veri, non certo i poveri « senza fissa
    dimora » che questi lasciano sul bordo della strada a causa delle politiche che fanno...
    Vergogna a due stati, come gli Usa e la Francia, che in ceri periodi della storia sono stati una
    luce, un faro. Peccato, avranno modo di riprendersi? Se ascolteranno ciò che la gente
    esprimerà in strada in questo 5 dicembre e dopo... forse sì...
    Stay tuned...

    1-https://www.20minutes.fr/societe/2666295-20191203-carburant-carte-stations-service-
    touchees-penurie-essence
    2-https://www.france.tv/france-2/cash-investigation/1103635-qui-profite-de-nos-
    impots.html
    3-https://www.youtube.com/watch?v=BNgsadcJJAk
    4-https://fr.wikipedia.org/wiki/Programme_du_Conseil_national_de_la_R%C3%A9sistance
    5-http://maison-italie.org/wordpress/index.php/373/
    6-http://maison-italie.org/wordpress/index.php/373/
    7-http://www.seuil.com/ouvrage/la-deconnomie-jacques-genereux/9782757872123
    8-https://www.youtube.com/watch?v=1K-lC1_1VVM
    9-https://fr.wikipedia.org/wiki/Les_%C3%89conomistes_atterr%C3%A9s
    10-https://fr.wikipedia.org/wiki/Hubert_Lambert
    11-https://www.graphiline.com/article/17159/Le-FN-condamne-a-payer-son-ancien-
    imprimeur
    12-https://www.franceinter.fr/assistants-europeens-l-enquete-qui-menace-le-
    rassemblement-national
    13-https://www.upr.fr/propagande/la-sarl-le-pen-se-dechire-en-public-mais-une-chose-ne-
    change-pas-cest-que-ni-le-pere-ni-la-fille-ne-parle-de-sortir-de-lue-ou-de-leuro-de-facon-
    unilaterale-par-larticle-50/):
    14- https://www.youtube.com/watch?v=AuToLJMrDhY

Cina-Europa-Italia. Un triangolo...delle Bermude?

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Pubblichiamo un interessante scritto di Alessandro Loreto e Ruben Giavitto sulla complessità di rapporti tra Cina-Europa e Italia in cui certi luoghi comuni non sono affatto scontati.


Cina-Europa-Italia

Con questo documento, all’interno del nostro dipartimento Esteri e Difesa  vorremmo soffermarci in ultima istanza sui rapporti sino-europei e italo-cinesi sotto il profilo delle relazioni commerciali.

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I nodi vengono al pettine? Il problema libico si fa sempre più scottante per l'Italia, troppo timida spesso, anche se molto coerente, per affrontare con efficacia il problema

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Il probabile abbattimento del drone italiano da ricognizione e disarmato Predator B pone nuovamente all'attenzione dell'opinione pubblica, spesso distratta e disinteressata, il problema libico. Il drone, nonostante le dichiarazioni ufficiali inerenti il suo supporto a Mare Sicuro stava quasi certamente monitorando la situazione sul terreno in un 'ottica anche di prevenzione di possibili minacce all 'ospedale da campo italiano di Misurata. Probabilmente non è stato un'incidente, come segnalato in un primo momento dalle stesse fonti ufficiali italiane, ma un abbattimento vero e proprio, anche perché a poche ore di distanza è caduto nei pressi di Tripoli un drone americano. Probabilmente si è attuata un'azione di disturbo elettronico su ambedue i velivoli grazie a sofisticate attrezzature acquisite dal gruppo mercenario russo Wagner

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F35 Tutti d'accordo ora, ma il progetto rischiava di abortire con gravi ripercussioni anche economiche, nonché strategiche

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Lo abbiamo detto un anno fa, anche a costo di attirarci critiche feroci, quando infuriavano le polemiche sul f35 e lo ribadiamo tutt'ora che è stata una scelta strategica per l'Italia la sua adozione e costruzione, anzi, abbiamo anche puntualizzato la sciagurata opzione di scendere sotto i 100 aerei, perché, secondo la stessa Corte dei Conti, quella decisione ci è costata svariati miliardi di commesse mancate, come da contratto. 

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Alcune osservazioni sull’Area di Libero Scambio Continentale dell’Unione Africana.

Alcune acute osservazioni di Emilio Ciardiello relative sulla progettata Area di Libero Scambio africana che pongono in risalto come, al di là di possibili benefici, ci sia il concreto pericolo di quanto possano ripetersi certi errori e certe politiche "viziate" da gravi carenze fin dall'inizio.



Alcune osservazioni sull’Area di Libero Scambio Continentale dell’Unione Africana.
Di Emilio Ciardiello
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Il 7 luglio 2019 a Niamey in Niger è stato dato ufficialmente il via alla creazione della più grande area di libero scambio del mondo per superficie e popolazione interessata (1,2 miliardi circa): l’Area di Libero Scambio Continentale dell’Unione Africana, in acronimo AfCFTA (African Continental Free Trade Area) che include 53 paesi su 54 del continente. L’Eritrea ne è per il momento rimasta fuori.

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 Tra Occidente e Cina, tra neocolonialismi altrimenti declinati. AFRICA NORD OCCIDENTALE

In associazione con i nuovi post, prosegue la ripubblicazione in questo nuovo blog dipartimentale dei precedenti interventi già pubblicati sul sito di MR

Un brillante e acuto intervento di Emilio Ciardiello che prosegue le serie di analisi sulla situazione africana, sul neocolonialismo di stampo occidentale e sulla nuova penetrazione cinese (e non solo) Tale intervento, come quelli che lo hanno preceduto e che seguiranno, come specificato in finale dallo stesso autore, non va inteso solo come una seppur pregevole analisi delle problematiche però fine solo a se stessa, ma come uno dei tasselli utili a elaborare delle proposte organiche, ponderate e declinate con cognizione di causa, di politica estera e di relazioni internazionali dell'Italia, proposte e strategie che latitano nel panorama politico italiano, se non come mero appiattimento a politiche sovranazionali, o come reazione a situazioni contingenti in cui è impossibile non prendere posizione e senza alcuna velleità di una  reale politica autonoma tra partner alla pari o comunque senza strategie a lungo termine. Tele politica di relazioni internazionali, pur rispettosa delle alleanze e appartenenze di campo, deve essere a lungo termine e non soggetta a mere scadenze e tornaconti elettorali a breve termine,  e deve  assolutamente andare incontro ai nostri legittimi interessi nazionali,senza ovviamente prevaricare quelli legittimi altrui, come anche descritto nel primo post pubblicato nello spazio del Dipartimento.

 Tra Occidente e Cina, tra neocolonialismi altrimenti declinati. AFRICA NORD OCCIDENTALE

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L’Africa nord-occidentale denomina quella zona del continente africano che dalle coste atlantiche si addentra seguendo la fascia tropicale sub-sahariana sino all’attuale Sudan, confinante a nord con i paesi della fascia mediterranea (Marocco-Algeria-Libia-Egitto) e a sud con i paesi dell’africa centrale. I paesi che oggi compongono la regione sono Benin, Burkina Faso, Isola di Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Liberia, Mali, Mauritania, Niger, Nigeria, Sierra Leone, Togo, Senegal, Ciad.

Si tratta di un’area vasta e molto variegata. Dal punto di vista geografico e climatico, si passa da un clima tropicale e una cintura di foresta sulla fascia costiera alla savana subsahariana nel nord dell’area,

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Erdogan non ha certo intenzione di fermarsi.

Erdogan non ha certo intenzione di fermarsi

Purtroppo siamo stati nuovamente facili profeti, noi di MR, nel pronosticare che le intenzioni di Erdogan non si limitano all'ottenimento di 30 km di fascia di sicurezza all'interno dei territori curdi in Siria, ma sono volte a ottenere ben di più, oltreché l'assimilazione e la pulizia etnica dei territori appena occupati. Scrivevamo infatti:

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Il ruolo della Partecipate statali parte seconda: Leonardo.

Un nuovo puntuale e brillante intervento di Antonio Avigliano che riguarda un'altra partecipata statale dopo ENI: Leonardo

La seconda parte delle valutazioni sulle partecipate statali riguarda Leonardo Abbiamo precedentemente visto l'importanza di ENI per quanto riguarda l'indipendenza energetica dell'Italia, ma anche riguardo la ricerca sulle rinnovabili. Ora si esamina un altro colosso delle partecipate statali, che fa la parte del leone in un comparto che produce 13,5 miliardi l'anno solo nel settore areonautica e difesa, occupa 160.000 addetti ed esporta il 70% della produzione. Soprattutto permette all'Italia di rimanere nel novero delle nazioni di primo livello per quanto riguarda la produzione di altissima tecnologia, di mantenere una certa indipendenza nel settore degli approvvigionamenti della difesa, permettendo inoltre al paese di partecipare alla pari in progetti congiunti che poi hanno una notevolissima ricaduta a cascata sulle piccole e medie imprese nell'avanzamento tecnologico, tramite anche lo sfruttamento dei conseguenti brevetti. Il prestigio concreto che questo comporta, il "ranking" che ci porta l'essere una potenza tecnologica in settori chiave è una carta da giocare anche in termini geopolitici nel rapporto con le altre nazioni.

ENI & LEONARDO & FINCANTIERI: il ruolo delle partecipate statali nella crescita dell’Italia

Parte II: Leonardo
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                Il focus su Leonardo (ex Finmeccanica) partedalla firma del Memorandum of Understanding con CdP (Cassa Depositi e Prestiti) ed ELITE sulla “ELITE Leonardo Lounge”. Di cosa si tratta nello specifico?

L’accordo siglato prevede la nascita di una collaborazione finalizzata a sostenere la crescita dei fornitori strategici di Leonardo, strutturare e mettere a disposizione strumenti e soluzioni, finanziari e non, nell’ottica di accelerarne e supportarne i piani di sviluppo.

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Il ruolo delle Partecipate statali nella crescita dell'Italia: prima parte ENI

In abbinamento alla seconda parte del'analisi sull'importanza delle partecipate statali, ripubblichiamo sul nuovo blog del dipartimento la prima parte, riguardante il ruolo geopolitico, strategico di ENI
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Inizia una serie di valutazioni e di sensibilizzazione sull'importanza per l'Italia, e di conseguenza per  tutti noi ,delle partecipazioni statali. Queste sono un tesoro inestimabile per il ruolo, la salute economica, lo sviluppo tecnologicvo  e il conseguente "ranking" del nostro paese a livello mondiale, e il loro controllo è di importanza inestimabile e inalienabile, pena la sempre minore indipendenza del nostro paese. Ci sono stati ( e in parte ci sono ancora, anche se tenuti sotto silenzio mediatico), ripetuti tentativi per l'alienazione di questo patrimonio e per la completa privatizzazione di tali importanti risorse, anche da parte di certi circoli di potere italiani, per lo più di stampo neoiliberista o neoliberista "mascherato" Rimane quindi alto  il conseguente pericolo di acquisizione del controllo da parte di altre potenze estere. . Il Movimento Roosevelt è assolutamente contro tali manovre e pervicacemente  favorevole, pur nel rispetto delle regole di una sana economia di mercato di stampo social-liberale, al mantenimento di tali asset strategici. Nella prima parte si esaminerà l'importanza di ENI, grazie a una brillante ed esaustiva analisi di Michele  Nacchieri, importante risorsa del Dipartimento Esteri e Difesa, analisi che ha pochi riscontri di così alta qualità,sia a livello nazionale che internazionale; seguiranno Leonardo, Fincantieri e per finire una panoramica di tutte le altre realtà relativamente minori, ma non meno rilevanti nel loro complesso



PARTECIPATE STATALI - 1° Parte
ENI

Il rapporto fra le aziende partecipate/controllate dallo Stato (ossia tutte quelle società nelle quali lo Stato detiene una parte delle quote azionarie) e lo Stato stesso è da sempre il fulcro attorno al quale si sviluppa, se ben indirizzata, l’economia di un intero Paese. Tale simbiosi è stato il pilastro su cui si è appoggiata gran parte della ricostruzione del Dopoguerra e che ha permesso all’Italia di conquistare un ruolo preminente nel contesto europeo in generale. Un virtuosismo interrotto dalla stagione delle privatizzazioni selvagge, frutto avvelenato delle politiche neoliberiste applicate sia all’esterno, sia all’interno dei nostri confini, che dal ’94 al 2010 ha notevolmente alleggerito il peso delle casse pubbliche su moltissime realtà industriali nostrane. Basti consultare la Relazione sulle privatizzazioni redatta dal MEF per meglio farsi un’idea dello smantellamento messo in atto, quest’ultimo capace di fruttare durante tutto il periodo circa 97 miliardi di euro a fronte della rinuncia da parte dello Stato Italiano a numerosi gioielli produttivi che nel tempo hanno visto accrescere il proprio valore di mercato. Dalla dismissione dell’INA (4.8 mld) alla vendita del 68% di quote della Banca Nazionale del Lavoro (3.4 mld), dalla cessione totale di Telecom Italia (13 mld) a quelle parziali di ENI (29 mld a partire dal ’95) ed ENEL (34 mld di euro)per non citare lo smantellamento della chimica. A tal proposito, stando alle ultime dichiarazioni rilasciate a margine dell’Eurogruppo di Helsinki del ministro dell’economia, Roberto Gualtieri, un’altra tranche di privatizzazioni sta per essere attuata: le società nel mirino potrebbero essere ancora una volta ENI, Poste Italiane, ENAV (azienda che gestisce il traffico aereo su tutto lo spazio aereo italiano) oltre che StMicroelectronics (fiore all’occhiello dei dispositivi a semiconduttore). Il meccanismo prevedrà la cessione di quote attualmente in mano allo Stato alla Cassa Depositi e Prestiti (anch’essa controllata per l’83% dal MEF): trattasi dunque di un ricircolo finanziario (con parziale perdita di controllo, proporzionale a quel 17% di CDP in mano ai privati) atto a iniettare subitaneamente nelle casse dello Stato una cifra che si aggira intorno ai 6 mld di euro in vista della manovra finanziaria di fine anno. Speriamo non sia un primo passo per la perdita di controllo di un patrimonio che è di tutti gli Italiani.

Leggi tutto: Il ruolo delle Partecipate statali nella crescita dell'Italia: prima parte ENI

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Un nuovo lucido e puntuale intervento congiunto di Emilio Ciardiello, Ruben Giavitto e Alessandro Loreto sull'Africa, la penetrazione cinese e l'Occidente che completa gli interventi precedenti ed è prologo dei successivi che riguarderanno le prospettive di integrazione economica del continente.



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Riprendendo le analisi illustrate nei precedenti articoli, dobbiamo tener presente che la penetrazione cinese nei singoli stati africani rientra nel più grande e immenso progetto transcontinentale e transoceanico che è la Nuova Via della Seta, meglio conosciuta come "Belt and Road Initiative" (BRI). La penetrazione cinese segue l’epoca del colonialismo occidentale che ha prodotto la dominazione e lo sfruttamento del suolo africano e una certa occidentalizzazione del tipo di strutture statali e anche di parte del panorama culturale. Naturalmente, essendo calate in epoche storiche differenti, la penetrazione cinese è profondamente differente da quelle passate, è più simile a quella fatta dagli USA, dal dopoguerra, cioè nel senso più marcato di egemonia economica. Il gigante asiatico, a seconda delle circostanze, ha preso determinati schemi dal vecchio colonialismo occidentale e li ha rielaborati in versione propria per poi applicarli in ambito politico-economico-commerciale. Si ricorda che la Cina va ormai considerata un attore geopolitico mondiale con cui bisogna e bisognerà sempre più fare i conti e che della globalizzazione, per innumerevoli motivi talvolta anche in contrasto fra loro, ne ha tratto i maggiori benefici.

Leggi tutto: Cinafrica

La penetrazione Cinese in Africa: e l'Occidente.

In abbinamento con l'ultima analisi rooseveltiana sulle politiche cinesi e occidentali in Africa "ristampiamo" in questo blog gli interventi precedenti già apparsi sulla pagina del Dipartimento Geopolitica e Difesa di M.R ragruppandoli assieme.

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La strategia della Repubblica Popolare di Cina e la sua penetrazione in Africa.

Premessa.

 

I grandi cambiamenti del XXI secolo ci mettono sempre più davanti a scenari articolati e

complessi, caratterizzati spesso da una loro accresciuta estensione e vastità. Questi scenari

partono dal progressivo, lento ma inesorabile sgretolamento dei grandi imperi coloniali nei

secoli XIX e XX, dalle conseguenze dei due conflitti mondiali dai quali scaturirono gli accordi

di Yalta nel 1945 che disegnarono di fatto la nascita di un nuovo equilibrio economico,

geopolitico e militare bipolare (caratterizzato appunto dalla delimitazione rigorosa tra

potenze occidentali democratiche da una parte e blocco comunista orientale dall'altra,

equilibrio che ha marcato la seconda parte del XX secolo fino al 1989), e dallo sfaldamento

dello stesso equilibrio con l’implodere dell’URSS e del suo sistema di alleanze. Queste

delimitazioni descritte in veloce sintesi saltarono e negli anni novanta il mondo cambiò: gli

avvenimenti hanno bruciato sul tempo i passaggi storici che per forza di cose sono molto più

lenti per ovvi motivi di analisi. Da un mondo a trazione bipolare fondamentalmente dominato

da due superpotenze nucleari (USA e URSS) si è in breve passati a un mondo multipolare

con la rapida ascesa sul teatro globale di nuove grandi potenze anch’esse militarmente

atomiche, non certo ancora a livello di Stati Uniti e Russia, ma in qualsiasi caso da tenere in

ragguardevole rispetto.

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Ibrahim Awwad Ibrahim Ali al-Badri al-Samarrai (fu vera morte?) i Curdi siriani e il resto del mondo

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brahim Awwad Ibrahim Ali al-Badri al-Samarrai detto Abu Bakr Al Baghdadi non poteva sparire in un momento migliore. Poco importa, come affermato anche da Gioele Magaldi, se sia morto effettivamente o meno, quello che conta è il significato mediatico e la conseguenza dell’avvenimento. Ci sono elementi che fanno propendere per una morte effettiva del califfo, altri destano qualche dubbio. Da una parte ci sono militari ed ex generali che rimproverano a Trump di aver rivelato tattiche e strategie delle SOF(special operation force) americane della Delta Force come ad esempio l’abbattere muri per evitare le possibili trappole nelle entrate delle abitazioni, il numero di elicotteri impiegato otto (8) il tempo di volo 1h e 10 minuti (1,1h) da cui si può tentare di dedurre la località di partenza e arrivo, l’aver tratto in salvo undici (11) bambini (che potrebbero far pensare a un atteggiamento ingenuo o incauto di Trump, quindi sincero, anche se nostro parere può essere un messaggio a chi può intendere), dall’altra ci sono perplessità sia nel racconto stesso di Trump, poiché non può aver sentito e visto in diretta gli ultimi momenti del califfo, dato che le telecamere dei soldati non potevano trasmettere dal sottosuolo, quindi non può aver visto Al Baghdadi piagnucolare e farsi esplodere con tre (3) dei suoi figli. Oltretutto desta perplessità sia la durata e le modalità dell’azione al suolo, quattro ore sono davvero tante per un raid (azioni di questo tipo devono di solito essere rapidissime per poter essere risolutive) e senza alcuna perdita e neppure feriti, sia il pronto riconoscimento del DNA del califfo probabilmente contaminato e mescolato anche a quello dei figli, visto che i corpi sono stati maciullati dall’esplosione (anche se si afferma che la testa sia rimasta fortunosamente intatta e un primo riconoscimento, pure visivo, sia stato fatto in base alla stessa). In condizioni ottimali ci vogliono circa un paio d’ore per l’analisi del DNA e le tempistiche tra il raid, partito alle 23 ora locale, la durata dell’azione e le prime indiscrezioni arrivano al limite delle possibilità tecniche.. Anche gli antefatti sono più da romanzo di Tom Clancy che da storia realmente possibile. Il tradimento di un uomo che ha avuto un parente ucciso dall’ISIS e che ha procurato il sangue del califfo per il riconoscimento del DNA (come se fosse facile procurarsi il sangue di un uomo irraggiungibile, e poi perché il sangue e non una ciocca di capelli o un pezzo d’unghia che sarebbe stato più facile?) o di una donna che ha collaborato con le formazioni femminili del’YPG (sommo sfregio per le ideologie di Baghdadi) se non impossibili, sembrano improbabili. Un generale russo, malgrado Trump abbia ringraziato anche la Russia per aver lasciato libero un corridoio per il transito di elicotteri, dichiara che i sensori russi non hanno assolutamente rilevato alcun sorvolo delle zone interessate da parte di mezzi volanti occidentali. E’ vero che gli elicotteri probabilmente hanno viaggiato molto bassi, appunto per non farsi rilevare da dispositivi di intercettazione, è vero che gli strumenti di rilevazione russi e siriani in quella zona non sono sicuramente ottimali e non possono competere con quelli della madrepatria e che ci vorrebbe un aereo radar per monitorare con precisione i velivoli a bassa quota, però lascia perplessi, se ciò dovesse corrispondere alla verità, che i Russi, malgrado siano stati preavvertiti, non abbiano rilevato proprio niente. Certo, potrebbe essere una manovra per offuscare l’incontestabile vittoria mediatica degli USA, ma soprattutto i Russi avevano interesse all’eliminazione del capo dell’ISIS. E poi, perché andare a gettare in mare i resti, che è anche uno spregio per i rituali islamici, quando tutta l’operazione si è svolta molto lontano dal mare?

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La nuova guerra di troia per l'energia

Preosegue, in abbinamanto a nuovi analisi e proposte geopolitiche di MR (questa volta sulla situazione siriana), la "ristampa" di precedenti interventi. La nuova guerra di Troia per l'energia a distanza di tempo acquista sempre più valore e attualità poichè le dinamiche descritte si stanno confermando.
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   Un nuovo focolaio di tensione si sta profilando nel Mediterraneo Orientale, in realtà non è nuovo, in senso stretto, ma l‘evoluzione delle condizioni geopolitiche può farlo divenire molto più pericoloso che nel passato. Non ci stiamo riferendo a Israele o alla Siria dove le situazioni sono incancrenite ma stabili, anzi, in lieve miglioramento con una minaccia dell’ISIS residuale, né all’Egitto. Ma alla Grecia, alla Turchia e a Cipro. Ci sono state crisi molto gravi in quest’area, a esempio l’invasione di Cipro da parte della Turchia nel 1974, quindi, cosa c’è di nuovo? Tre condizioni fondamentalmente: i ricchissimi giacimenti di idrocarburi scoperti di recente, il neoottomanesimo della Turchia impersonato da Erdogan, e il nuovo ruolo di Russia e Cina collegati proprio alla nuova posizione della Turchia stessa. Sì è già ribadito che la Turchia potrebbe divenire, se non lo è già, uno dei principali problemi geopolitici dell’Italia. Andiamo con ordine.

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Uk e Russia: tra imperi perduti e ruoli futuri

Un brillante e acuto scritto di Emilio Ciardiello che completa per certi versi l'analisi sulla Brexit. Due nazioni che nonostante le diffidenze e rivalità reciproche hanno molto in comune. Due nazioni che si sentono ancora imperiali. Due nazioni che avevano  perso un'impero ma non  avevano (hanno) trovato un ruolo. Due nazioni che hanno (avevano) perso l'Europa (la Russia il Patto di Varsavia) ma non hanno (ancora) ritrovato un impero.
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Rapporti UK – Russia alla luce di una possibile Brexit

Sebbene non sia ancora chiaro se e come avverrà, sembra che il Regno Unito si avvii in un modo o nell’altro verso la Brexit. Ci si domanda quali potrebbero essere gli effetti di una possibile Brexit sui rapporti diplomatici e politici tra la Federazione Russa e il Regno Unito.

Ora è molto difficile poter immaginare quali saranno i rapporti tra il Regno Unito e un qualsiasi altro paese, quando non è chiaro se e come, dopo la Brexit, il Regno Unito riuscirà a rimanere, appunto, un Regno Unito.

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Brexit


Questa è la prima di una serie di "repliche" di interventi già postati in precedenza sulle pagine del Movimento Roosevelt , quando non era ancora attivo il blog dedicato a questo Dipartimento, e che, a dispetto di una certa "anzianità" anzi proprio per quello, vedono accresciuto il loro valore, poichè quello che è stato scritto si conferma ogni giorno di più.
Iniziamo con la Brexit cui seguirà un post nuovo  sui rapporti tra UK e Russia alla luce della stessa Brexit e dei punti in comune e soprattutto di contrasto  tra queste due nazioni.


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Brexit e Kafka

(con un pizzico di Jung)

 

 

         Ian McEwan ha dichiarato che scriverà un libro su brexit e Kafka. Accostamento non poteva essere più azzeccato. Penso che tutta la vicenda abbia veramente un non so che di kafkiano, surreale. Se si cerca di razionalizzarla probabilmente non si arriverà molto lontano. Sembra più materia per psicologi che per analisti e politologi. La spiegazione probabilmente sta nell’inconscio collettivo degli abitanti della Gran Bretagna, nelle loro paure, nelle loro illusioni, nelle loro fantasie, nei loro istinti, nella loro memoria storica che come ogni memoria che affonda le radici nel mito è soggetta a una serie di affabulazioni e, soprattutto, nella sete dei politici di affondare in tutte queste pulsioni per racimolare consensi. Concentrarsi infatti emotivamente su Alexander Boris de Pfeffel Johnson o Nigel Farage, impedisce di andare a fondo e analizzare le dinamiche e le cause più profonde del conflitto lacerante (di idee) che coinvolge le nazioni britanniche, specialmente quella inglese. Questi non hanno fatto altro che fiutare gli istinti più profondi della popolazione e fare da catalizzatore. Se non ci fossero stati loro ci sarebbe stato qualcun altro al loro posto a fare più o meno (con differenti sfumature, certamente e forse con differenti interessi personali) le stesse cose

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