brahim Awwad Ibrahim Ali al-Badri al-Samarrai detto Abu Bakr Al Baghdadi non poteva sparire in un momento migliore. Poco importa, come affermato anche da Gioele Magaldi, se sia morto effettivamente o meno, quello che conta è il significato mediatico e la conseguenza dell’avvenimento. Ci sono elementi che fanno propendere per una morte effettiva del califfo, altri destano qualche dubbio. Da una parte ci sono militari ed ex generali che rimproverano a Trump di aver rivelato tattiche e strategie delle SOF(special operation force) americane della Delta Force come ad esempio l’abbattere muri per evitare le possibili trappole nelle entrate delle abitazioni, il numero di elicotteri impiegato otto (8) il tempo di volo 1h e 10 minuti (1,1h) da cui si può tentare di dedurre la località di partenza e arrivo, l’aver tratto in salvo undici (11) bambini (che potrebbero far pensare a un atteggiamento ingenuo o incauto di Trump, quindi sincero, anche se nostro parere può essere un messaggio a chi può intendere), dall’altra ci sono perplessità sia nel racconto stesso di Trump, poiché non può aver sentito e visto in diretta gli ultimi momenti del califfo, dato che le telecamere dei soldati non potevano trasmettere dal sottosuolo, quindi non può aver visto Al Baghdadi piagnucolare e farsi esplodere con tre (3) dei suoi figli. Oltretutto desta perplessità sia la durata e le modalità dell’azione al suolo, quattro ore sono davvero tante per un raid (azioni di questo tipo devono di solito essere rapidissime per poter essere risolutive) e senza alcuna perdita e neppure feriti, sia il pronto riconoscimento del DNA del califfo probabilmente contaminato e mescolato anche a quello dei figli, visto che i corpi sono stati maciullati dall’esplosione (anche se si afferma che la testa sia rimasta fortunosamente intatta e un primo riconoscimento, pure visivo, sia stato fatto in base alla stessa). In condizioni ottimali ci vogliono circa un paio d’ore per l’analisi del DNA e le tempistiche tra il raid, partito alle 23 ora locale, la durata dell’azione e le prime indiscrezioni arrivano al limite delle possibilità tecniche.. Anche gli antefatti sono più da romanzo di Tom Clancy che da storia realmente possibile. Il tradimento di un uomo che ha avuto un parente ucciso dall’ISIS e che ha procurato il sangue del califfo per il riconoscimento del DNA (come se fosse facile procurarsi il sangue di un uomo irraggiungibile, e poi perché il sangue e non una ciocca di capelli o un pezzo d’unghia che sarebbe stato più facile?) o di una donna che ha collaborato con le formazioni femminili del’YPG (sommo sfregio per le ideologie di Baghdadi) se non impossibili, sembrano improbabili. Un generale russo, malgrado Trump abbia ringraziato anche la Russia per aver lasciato libero un corridoio per il transito di elicotteri, dichiara che i sensori russi non hanno assolutamente rilevato alcun sorvolo delle zone interessate da parte di mezzi volanti occidentali. E’ vero che gli elicotteri probabilmente hanno viaggiato molto bassi, appunto per non farsi rilevare da dispositivi di intercettazione, è vero che gli strumenti di rilevazione russi e siriani in quella zona non sono sicuramente ottimali e non possono competere con quelli della madrepatria e che ci vorrebbe un aereo radar per monitorare con precisione i velivoli a bassa quota, però lascia perplessi, se ciò dovesse corrispondere alla verità, che i Russi, malgrado siano stati preavvertiti, non abbiano rilevato proprio niente. Certo, potrebbe essere una manovra per offuscare l’incontestabile vittoria mediatica degli USA, ma soprattutto i Russi avevano interesse all’eliminazione del capo dell’ISIS. E poi, perché andare a gettare in mare i resti, che è anche uno spregio per i rituali islamici, quando tutta l’operazione si è svolta molto lontano dal mare?
Sicuramente Trump è stato ecumenico nei ringraziamenti, nominando praticamente tutti i principali attori in campo, e tutti hanno cercato di prendersi una parte di merito, Turchi, Siriani, Irakeni, Curdi, Russi, e Francesi con le loro truppe speciali… Al Baghdadi sembra quasi una sorta di vittima sacrificale che permette il riavvicinamento diplomatico delle potenze coinvolte in quel teatro e questo potrebbe portare a nuovi sviluppi delle relazioni internazionali, segnando simbolicamente un cambio di pagina. Questa è anche la ragione per cui la morte, reale o mediatica che sia, non sarebbe potuta avvenire in un momento migliore, anche perché consolida le aspirazioni di Trump per la rielezione e indirettamente sottrae forza alla richiesta di impeachment. Quasi tutti hanno vinto con questa azione, reale o mediatica che sia, gli unici che rischiano di perdere sono quelli che più hanno sofferto l’ISIS e che di più l’hanno combattuta, anche quando tutto l’Occidente e la Russia stessa erano ancora inerti, oppure sottobanco in taluni casi la favorivano: i Curdi, quindi. I Curdi perdono molta della loro importanza una volta sconfitta l’ISIS (ammesso che lo sia, ma questo dipende se qualcuna delle potenze in campo riprende a sostenerla come in passato, cosa improbabile a parte l’incognita Erdogan e l’Arabia Saudita, che a interesse a privilegiare la lotta sunnita contro l’egemonia sciita in quella parte del medio oriente , che non è stata nominata nei ringraziamenti, e che più di tutti ha contribuito alla sua creazione concreta). Resta il sospetto che Trump abbia ottenuto una qualche forma di supporto all’azione (se questa è avvenuta) da parte di Erdogan in cambio del via libera all’occupazione della zona di confine siriana a danno dei curdi.. Non dimentichiamo che Al Baghdadi si era nascosto a pochi chilometri dal confine turco in una zona controllata dalle milizie jihadiste controllate a loro volta da Ankara, a centinaia di chilometri di distanza dalle più sicure zone irakene. Milizie jihadiste nemiche formalmente dell’ISIS poiché attigue ad Al Qaeda, movimento in cui Al Baghdadi ha militato (come del resto ha militato nei Fratelli Mussulmani che abbandonò perché troppo moderati per i suoi gusti) per poi allontanarsi e venir cacciato, poiché si oppose a un’organizzazione in cui Irak e Siria rimangono separate. La sua idea era proprio quella di fondare uno stato islamico unico con capitale Baghdad (per quello il nome Al Baghdadi). Al Baghdadi aveva tutte le carte in regola per proclamarsi califfo. Infatti, per diventare califfo bisogna avere una discendenza diretta con la tribù di Maometto, e la tribù di Al Baghdadi vanta una connessione diretta con la figlia minore del profeta, Fatima. (Abu Bakr invece in onore del primo successore del Profeta). Resta il dubbio di quanto contasse oramai il califfo, poiché, secondo l’Islam più ortodosso, per mantenere il titolo bisogna possedere il controllo islamico sulle terre sotto la sua autorità. Comunque, anche se restava poco più di un simbolo, l’uccisione segna sicuramente, appunto, la volontà di voltar pagina. L’uccisione del califfo conviene anche alla stessa ISIS poiché segna una svolta nella sua organizzazione, sempre più autonoma nelle sue componenti territoriali e sempre più legata al territorio e con meno presenze di foreign fighters a vantaggio di elementi autoctoni che enfatizzano ora a porre in primo piano la lotta contro le sopraffazioni sciite in quella parte del medio oriente a discapito dei sunniti.
Trump però potrebbe aver fatto male i suoi calcoli e lo pensa anche la camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti che ha votato a grande maggioranza una risoluzione bipartisan sulla condanna del genocidio armeno e sull'imporre sanzioni alla stessa Turchia in risposta all'invasione del kurdistan siriano
A rovinare l’ecumenismo sulle attribuzioni dei meriti, sui dividendi della morte e sui suoi calcoli potrebbe essere soprattutto Erdogan e la sua ossessione per il popolo curdo, che considera a tutti gli effetti terrorista, e in quest’ottica potrebbe resuscitare l’ISIS. Bisogna intendere che Erdogan ha una visione piuttosto allargata di terrorismo. Terrorista è qualsiasi cosa metta in dubbio la sua linea politica o qualsiasi concetto da lui propugnato, quindi il dollaro stesso talvolta diventa terrorista quando si rivaluta sulla lira turca e anche frutta e verdura diventano terroristi quando il loro prezzo aumenta troppo. I Curdi, che siano turchi o di altre nazioni sono visti terroristi che minacciano lo stato turco a prescindere, poiché minacciano l’omogeinizzazione culturale e linguistica della Turchia allargata che sta nella mente di Erdogan e che comprende anche città siriane come Aleppo o Raqqa, che prima o dopo, in condizioni per lui favorevoli, potrebbero entrare nelle sue mire. Probabilmente anche Cipro, Grecia e poi Italia e Francia saranno tacciate di terrorismo poiché si contrappongono alle illegittime richieste del governo turco sui giacimenti di gas al largo delle coste cipriote e greche. Quasi tutto è considerato dai Turchi, che non si sono mai assunti le loro responsabilità su massacri, pulizie etniche e genocidi, una minaccia alla loro sicurezza ed in questo tranello c’è cascata pure la NATO, che appunto mantiene basi missilistiche a protezione di inesistenti minacce (gli Aster 30 italiani sono un valido esempio) Il segretario generale della NATO parla spesso di minacce alla sicurezza della Turchia, consapevole o meno che queste minacce sono molto remote. L’unica minaccia per Erdogan da questo punto di vista, potrebbe essere un’azione di Mosca verso le province nord orientali della Turchia in un’ottica simil Donbass per punirlo di eventuali “tradimenti” all’avvicinamento dei due paesi, per sviarlo dalla sua ossessione verso i territori siriani, e per assicurare alla Russia un robusto corridoio trans caucasico che la colleghi al Mediterraneo, a Tartus, in Siria cioè.
Siamo stati facili profeti quando non ci fidavamo delle assicurazioni turche sull’accontentarsi della fascia di sicurezza che ha ottenuto ai danni del Kurdistan siriano. Già ci sono notizie di pesanti scontri con le truppe siriane, Erdogan inizia a rivendicare Kobane, città martire curda della lotta contro l’ISIS, forze delle milizie islamiche sotto il controllo turco stanno attaccando Ainq Al-Hawa e Tal Mohammed. Le milizie islamiche al soldo della Turchia tra l’altro sono soldataglie programmate per attuare delle vere e proprie pulizie etniche in quanto hanno permesso di saccheggio, di uccidere e terrorizzare le popolazioni locali, in maniera non dissimile da quanto faceva l’ISIS, esecuzioni mediatiche a parte. È proprio a quelle milizie che dobbiamo le sevizie e l’uccisione di Hevrin Khalaf, femminista curda. Queste milizie, contigue spesso con Al Qaeda (vedi Al Nusra, di fatto una sua costola) odiano tutto quello che sa di valori democratici, parità e diritti delle donne, diritti umani, altre religioni o altre declinazioni dell’islam come quella degli Sciiti.
Del resto Erdogan ha avuto rapporti molto opachi con la stessa ISIS, e sicuramente, se la condannava pubblicamente, sottobanco ha intrattenuto rapporti con essa. Senza andare a scomodare il libro Massoni di Gioele Magaldi, che fissa le ragioni di contiguità tra il sultano e il movimento estremista, basta osservare gli eventi in maniera oggettiva. Non possiamo dimenticare la compravendita di petrolio, atta a finanziare la stessa organizzazione, il contrabbando di armi ed esplosivi, il rifiuto di chiudere le frontiere con lo stato islamico, il rifiuto di dare il permesso agli aerei americani ed europei di partire dalla base di Incirlik per bombardare le basi dell’ISIS. Del resto a Erdogan faceva comodo l’ISIS anche per combattere gli odiati Curdi.
Più che agli Americani, paradossalmente ora spetta ai Russi di tenere a bada i Turchi e le loro mire espansionistiche, poiché la Russia è al contempo lo sponsor della Siria e de facto contiguo oramai alla Turchia, più della stessa NATO, di cui il paese anatolico continua ad appartenere per opportunismo,
non per convinzione. Sarà una bella gatta da pelare, poiché Erdogan, come scritto, non ha la minima intenzione di accontentarsi: ha bisogno di scontri per alimentare la sua permanenza al potere. Viene quasi da credere che l’abbandono (parziale) del Kurdistan siriano da parte degli americani sia una mossa machiavellica per far scaturire le contraddizioni dell’avvicinamento turco alla Russia. Putin non può accontentare contemporaneamente Siriani, Curdi (che oramai si affidano alla Russia per la loro sopravvivenza, visto il tradimento americano) Turchi e Iraniani. Vista la politica disastrosa degli americani nel Medio Oriente negli ultimi lustri e il pressapochismo incompetente c’è però da dubitarne.
Quindi, vaso di coccio (apparente) tra vasi di ferro, l’unica entità a rimetterci sarà quella curda. Ha già perso tutta la fascia limitrofa al confine turco, è già stata soggetta alla pulizia etnica delle soldataglie islamiche sotto il controllo turco, sta perdendo la sua autonomia dietro il riacquisto del controllo del suo territorio da parte dell’esercito lealista siriano, Erdogan, come del resto doveva essere prevedibile, sta già reclamando anche Kobane, ma poi reclamerà via via territori sempre più lontani dal confine turco.
Probabilmente il regime siriano offrirà ai Curdi la cooptazione nella gestione del potere, come già avvenuto con altre entità minoritarie, cooptazione favorita anche da un’impostazione laica dello stato, anche se troppo spesso brutale e repressiva. Ma l’unica speranza per i Curdi per preservare la loro peculiarità politica è la sensibilizzazione dell’opinione pubblica internazionale sulla loro sorte. A questo punto urge una conferenza internazionale con tutti gli attori in causa che fissi una volta per tutte l’ambito di esistenza dell’entità curdo-siriana. Che fissi, pur nel mantenimento di uno stato unitario siriano, una larga autonomia al proprio territorio in cui siano preservate le loro caratteristiche peculiari di democrazia, tolleranza, rispetto per la parità di genere e dei diritti umani in generale. Questa è la caratteristica che è più in pericolo, questa è quella che dà più fastidio, in una regione caratterizzata da sultani, satrapi, fondamentalisti, dittatori, fanatici, opportunisti, che il solo pensiero di democrazia, diritti umani e autonomia fa venire l’orticaria. Ed è questo che deve essere difeso dalle democrazie occidentali, se non vogliono macchiarsi di ipocrisia e far vedere che la democrazia nelle loro nazioni oramai è solo un rito. Oltretutto deve essere chiaro che senza una soluzione del problema curdo siriano, non ci potrà essere vera stabilizzazione della zona, stabilizzazione che sicuramente però è malvista da qualcuno degli attori in campo, primo tra tutti Erdogan.
Ed è per questo che il Movimento Roosevelt si attiverà sia mediaticamente sia con varie altre iniziative, perché MR sarà sempre dove si combatte per la democrazia e il rispetto dei diritti umani e per mantenere queste fiammelle accese nel buio di una notte che tenta di soffocare la loro luce.