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Rinaldi con il gilet giallo 5fe84

Ma come si permette, Antonio Maria Rinaldi, di dire quello che pensa? Come osa trascinare il suo ciuffo argenteo nei migliori salotti televisivi, da cui dispensare il suo sub-pensiero economico declinandolo sfrontatamente in romanesco? Non sa, Rinaldi, che negli studi di Giletti, di Floris e della Gruber, come in quelli di Mediaset e della Rai, devono avere accesso solo personaggi collaudati come Beppe Severgnini, Paolo Mieli, Massimo Cacciari e altri analoghi, rassicuranti esponenti del clero regolare? Se qualcuno si domandasse come mai l'Italia è classificata al 46esimo posto nella graduatoria di “Reporters sans frontières” sulla libertà d'informazione, forse una risposta potrebbe trovarla dando uno sguardo alla demolizione programmata di Antonio Maria Rinaldi, eseguita dal giovane Steven Forti sul magazine musicale “Rolling Stone”. Non vive di sola musica, “Rolling Stone”. Lo si capisce da titoli come questo: “Il troll di Salvini è meglio di Salvini”. Oppure: “Sapreste riconoscere il fascismo, se tornasse?”. O ancora, sotto una foto di Beppe Grillo: “La politica non fa più ridere”. Quanto all'autore della sommaria rottamazione cartacea di Rinaldi, per lui parlano titolazioni altrettanto eloquenti: “La bestia, ovvero del come funziona la propaganda di Salvini”. Va da sé: “Un fantasma si aggira per l'Europa: il rossobrunismo”, dal momento che “Piccoli Salvini crescono”.

Ed ecco la vittima sacrificale del momento, Rinaldi, reo di non detestare “la bestia” Salvini: il professore, presentato come invadente tuttologo, è “l'economista euroscettico, narcisista e caciarone”. La sua colpa: “È sempre in televisione a difendere le posizioni sovraniste nei principali talk show”. E la sua storia “è il simbolo tanto del declino politico italiano quanto del fenomeno delle reti di estrema destra molto attive sui social”. Rileggere per credere: il “simbolo del declino politico italiano” non è l'ectoplasma di Berlusconi con il suo avatar Tajani; non è l'evanescente soprammobile Gentiloni, che per un annetto ha fatto da prestanome all'altrettanto impalpabile fanfarone Renzi. L'emblema della decadenza nazionale non è il dottor Mario Monti, il noto chirurgo che operava senza anestesia, coadiuvato dalla dottoressa Fornero. Macché. Il simbolo del declino politico italiano è Antonio Maria Rinaldi, di cui evidentemente “Rolling Stone” non può più fare a meno di parlare: la sua disturbante onnipresenza televisiva ormai costringe i ragazzi del coro a interrompere l'usuale consegna del silenzio, destinata normalmente a esiliare chiunque osi anche solo ventilare l'idea che forse non viviamo nel migliore dei mondi possibili, né tantomeno nella migliore Europa possibile.

Per la religione del pensiero unico neoliberista, e per la sua curia sedicente progressista e politically correct, l'euroscetticismo sta al confine tra l'eresia e la demenza. Ma è questione di termini: vescovi e cardinali, e persino pretonzoli, considerano europeista Angela Merkel, la donna più temuta dai dieci milioni di europei che hanno la disgrazia di vivere in Grecia. Sarebbe europeista anche Emmanuel Macron, l'uomo che notoriamente appassiona otto francesi su dieci (per non parlare dei suoi veri fan, gli italiani). E che dire dell'europeista Juncker, alle prese con il divorzio-capolavoro della Brexit? Che dire del collega Moscovici, per il quale la legge del rigore è uguale per tutti, ma per qualcuno (la Francia) è “più uguale” che per gli altri? Si potrebbe continuare all'infinito: c'è il cordiale Günther Oettinger, l'uomo del bavaglio al web che – insieme ai “mercati” – si candida a insegnare agli italiani come dovrebbero votare se solo avessero un briciolo di cervello, cioè di sana paura di fronte al ricatto del dittatore privato, lo spread. Per non parlare del supremo archetipo vivente di tutti gli euro-burocrati, l'algido Mario Draghi, vero e proprio Re Mida della finanza, capace di trasformare in business epocale, per pochi intimi, le maggiori sciagure sociali degli ultimi decenni, a partire dalla retrocessione del sistema-Italia progettata a bordo del Britannia.

Peccato che in questo splendore di Europa, dove tutti si amano, stoni soltanto l'infelice declino italiano, evidentemente incarnato da Antonio Maria Rinaldi. «Recentemente – scrive Forti su “Rolling Stone” – si vanagloriava del fatto che il commissario europeo Pierre Moscovici l’aveva bloccato su Twitter». Chi è Rinaldi? «Romano, 64 anni, laureato in economia alla Luiss negli anni Settanta», ha lavorato per banche italiane e al servizio Borsa della Consob. «Dal 2011 esercita la libera docenza, insegnando gestione aziendale e economia politica alla Link Campus University e all’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti. In questo secondo ateneo – scrive Forti – l’estate scorsa non gli viene rinnovato il contratto, ma trova una sponda presso l’università di Vincenzo Scotti, vicina al governo giallo-verde. Secondo Paolo Becchi, l’ex guru 5 Stelle ora in area sovranista-salviniana, la colpa del mancato rinnovo a Chieti è dei “globalisti” che controllano l’università italiana». Aggiunge Forti: «La teoria del complotto, ahimè, non muore mai, soprattutto di questi tempi». Già, chissà perché. O meglio: perché chiamarla “teoria del complotto”? Sa dire, “Rolling Stone”, in quali università – d'Italia, d'Europa, del pianeta – non sia stato cancellato il più grande economista progressista del Novecento, John Maynard Keynes, per fare posto ai nani e alle ballerine del neoliberismo plutocratico, organico al saccheggio globalista del pianeta? Rispetto al vocabolo “complotto” è più graziosa la voce “tendenza totalizzante”, se non totalitaria?

Per gli inquisitori di “Rolling Stone”, la libertà intellettuale di Rinaldi sembra un capo di imputazione ereticale: «Nell’ultimo decennio – scrive Forti – Rinaldi si è dedicato anema e core alla sua “causa”, ossia la battaglia per l’uscita dell’Italia dall’euro e il ritorno alla lira. Tutti i problemi si riducono a questo, secondo il professore. Con la lira stavamo meglio, la Germania vuole colonizzarci, il nostro debito non è affatto un problema». Attenzione: il pericoloso Rinaldi si considera allievo di Paolo Savona ed è legato ad Alberto Bagnai, addirittura. Ma il lato veramente imperdonabile, del perfido Rinaldi, è il presenzialismo: «Già prima della nascita del governo Lega-M5S, Rinaldi viene invitato a programmi radiofonici e talk show, ma è nell’ultimo anno che l’economista sovranista diventa onnipresente. Lo si trova da Giletti e Floris su La7, su Rete 4, su Sky e chi più ne ha più ne metta». Secondo Steven Forti, «si fa conoscere subito, non tanto per le sue opinioni in materia economica, ma per i suoi modi arroganti». “Rolling Stone” cita Fulvio Abbate, che su “Linkiesta” scrive che Rinaldi, «con quel modo romanesco volutamente accentuato, si propone come il difensore della gente comune dalle élite, in particolare la “tecnocrazia” di Bruxelles».

L'impudente Rinaldi, che osa parlare male dei rinomati galantuomini che gestiscono l'Ue, è «una specie di tribuno del popolo, piuttosto narcisista ed egocentrico, che spiega, come in un bar del quartiere Prati, i misteri dell’economia». Ed eccolo, il declino nazionale: secondo Forti, il professore ne è l'emblema «non tanto o non solo per le idee che professa, ma per lo spazio che gli si concede». Tombola: da quando in qua si può lasciar parlare in televisione un brutto ceffo che si ostini a cantare fuori dal coro ordoliberista, quello che fa la guardia ai «misteri» impenetrabili dell'economia? «Non si tratta di censurare nessuno, attenzione», aggiunge soavemente l'inquisitore: «La questione è che radio, televisioni e giornali dovrebbero evitare che l’ignoranza dilaghi, invece di favorirla». Meglio, per dire, un gran sacerdote come Carlo Cottarelli: lui sì, che se ne intende. Come dirigente del Fmi, è stato tra i protagonisti del massacro sociale inflitto alla Grecia. Ma viene interpellato – da Fabio Fazio, da Giovanni Floris – come se fosse un autorevole osservatore esterno, non un giocatore in campo. Sono gli uomini come Draghi e Cottarelli che hanno deformato l'Europa, generandone il rapido declino – evidente a tutti, tranne che agli ultimi fedeli dell'ortodossia finto-europeista, celebrata dalla neolingua orwelliana di “Rolling Stone”.

Ma la ricostruzione criminologica della figura di Rinaldi non si limita all'anatema per l'insopportabile presenza abusiva, in televisione, del promotore del blog “Scenari Economici”. C'è ben altro, secondo il Sant'Uffizio, nell'anima nera del sovranismo italiano: Rinaldi ha osato rilanciare i tweet di Francesca Totolo, intervistata da “Byoblu” sul traffico di merce umana promosso da alcune Ong. Che vergogna: la Totolo «collabora con il sito del sovranista Luca Donadel e con il giornale di CasaPound “Il Primato Nazionale”». Ma il reprobo Rinaldi non conosce limiti: rilancia su Twitter anche Francesca Rametta, che «si definisce visceralmente no-euro» e in più «dice di essere» responsabile della donne della Lega a Siracusa (incorreggibile Rinaldi: rilancia messaggi di persone che “dicono di essere”). Ma attenzione, l'indagine di “Rolling Stone” arriva alla prova regina per l'incriminazione: la stessa Rametta «spiega che nel 2013 aveva conosciuto Rinaldi, insieme a Bagnai, Salvini e al leghista Claudio Borghi in un convegno no Euro a Milano e ne era rimasta affascinata». Capito, il complotto? «Il cerchio si stringe», scrive Forti. «E infatti Rinaldi, Borghi e Bagnai si conoscono bene e si stimano». Caspita, una notizia fenomenale. Uno scoop. Possibile che non ne sappia niente, l'Interpol?

«Il professore della Link Campus University però non si ferma qui», aggiunge il dossier poliziesco di “Rolling Stone”. « Le sue connessioni con i gruppi di estrema destra sono costanti. A settembre ha partecipato alla festa nazionale di Fratelli d’Italia e poco prima a quella di CasaPound insieme all’immancabile Diego Fusaro, il filosofo sovranista sedicente marxista» (Fusaro: eccone un altro che “dice di essere”). Da qui in poi, “Rolling Stone” abbandona l'affettatrice e passa alla motosega: «Con i fascisti del terzo millennio – scrive Forti – sembra che Rinaldi abbia un ottimo rapporto: collabora, come Fusaro, con il loro giornale, “Il Primato Nazionale”, e i dirigenti della formazione neofascista Simone di Stefano e Luca Marsella lo considerano un loro mentore, tanto da partecipare alla presentazione del suo ultimo libro organizzata alla Camera dei Deputati lo scorso mese di luglio». Altro indizio per la corte marziale: in sala c'era la grillina Carla Ruocco. «Mondi paralleli che si incrociano, relazioni che si stringono sempre di più tra ambienti che fino a qualche tempo fa si ignoravano: il grillismo da battaglia e quello istituzionale, i sovranisti di tutti i colori, il neofascismo, il leghismo salviniano».

E non è finita, purtroppo: «Le relazioni pericolose di Rinaldi non sono una novità dell’ultima ora». Prima del governo gialloverde, scrive sempre Forti, il professore aveva fondato un partito sovranista dalla vita brevissima, “Alternativa per l’Italia”. Forse sentiva l'esigenza di rappresentare politicamente quel 60% di italiani che oggi sostengono il governo che ha mandato a casa il Pd? Ma no, l'analisi di “Rolling Stone” non si distacca dal puro profilo criminologico: al primo progetto di Rinaldi «aveva aderito anche la senatrice ex M5S Paola De Pin, rinomata complottista che si è poi avvicinata a Forza Nuova». A questo punto, l'eretico Rinaldi è servito. Cosa manca, per seppellirlo? Il mainstream ha nel suo arsenale tre argomenti collaudatissimi, per screditare chiunque. Nell'ordine: 11 Settembre, scie chimiche e vaccini. Non essendo possibile utilizzare i primi due, nel caso di Rinaldi si ricorre al terzo: il professore è accusato di «aver avuto legami con tutto il mondo no-vax e free-vax coordinato da Franco Trinca». Nota per i lettori di “Rolling Stone”: la commissione parlamentare difesa nel 2018 ha denunciato i casi di 7.000 militari italiani gravemente malati, di cui 1.000 già morti: al 50%, secondo i medici, a causa dei vaccini somministrati. La Regione Puglia ha spiegato che il 40% dei bambini appena vaccinati ha mostrato reazioni avverse. E l'ordine dei biologi italiani ha svelato la presenza di vaccini “sporchi” (tracce di diserbante e di feti abortiti) nonché di vaccini inefficaci, in quanto privi dei relativi agenti immunizzanti.

Dopo aver frollato Rinaldi, presentandolo ai lettori come una specie di mentecatto, Steven Forti si concede una stoccata finale: «Recentemente, per di più, si è saputo di una riunione tra l’onnipresente Rinaldi e altre figure, come Gioele Magaldi, lo scrittore complottista fissato con il pericolo massonico che cerca di farsi pubblicità con il vittimismo dicendo di essere censurato dai mass media». Se solo l'inquisitore avesse letto il libro di Magaldi, “Massoni”, un bestseller-fantasma pubblicato da Chiarelettere nel 2014 e oscurato dai media, saprebbe che in quel libro Magaldi – orgogliosamente massone – parla di un altro pericolo, quello rappresentato dalle superlogge reazionarie che hanno monopolizzato il potere globalista. In “Massoni”, Magaldi attribuisce alla libera muratoria il massimo bene di cui la modernità disponga, l'invenzione della democrazia: lo Stato di diritto, il suffragio universale, la promozione dei diritti umani e dei diritti sociali. Non si considera neppure uno scrittore, Magaldi, ma un “libero pensatore” che si è visto costretto a svelare – dall'interno – la natura neo-aristocratica del potere massonico dominante, quello che negli ultimi decenni ha progettato e imposto la globalizzazione neoliberista a mano armata, che sta mettendo in croce il pianeta.

Vittimista, Magaldi? Per quattro anni è rimasto in silenzio, nonostante il suo libro – tuttora vendutissimo (primo nella classifica Ibs per la saggistica politica) – venisse ignorato da quella televisione in cui “Rolling Stone” non tollera la presenza di Rinaldi. Ora il professore è anche accusato di aver partecipato a una riunione (con Nino Galloni, Ilaria Bifarini e lo stesso Magaldi), indetta per esplorare la possibilità di avviare una nuova formazione politica, per ora battezzata “il partito che serve all'Italia”, dopo la delusione per la resa del governo Conte di fronte ai diktat di Bruxelles. Steven Forti ha una spiegazione anche per questo: probabilmente, scrive, «come fatto finora», Rinaldi «cerca di tenere un piede in tutte le scarpe, sperando che qualcuno gli offra un posto». O almeno, aggiunge, il professore spera che «lo continuino a chiamare ai talk show». Perché «il narcisismo, si sa, è una brutta bestia. Anche per i sovranisti». In un video-intervento, Gioele Magaldi richiama “Rolling Stone” a un minimo di educazione giornalistica: puoi anche non pensarla come Rinaldi, ma se lo presenti come un delinquente fai un torto innanzitutto ai tuoi lettori, a cui neghi un'informazione corretta. In altre parole: un comportamento sleale, non solo verso Rinaldi.

Al giovane Steven Forti, laureatosi a pieni voti in storia contemporanea a Bologna e poi a Barcellona, rivolge un appello Marco Moiso, vicepresidente del Movimento Roosevelt fondato da Magaldi. Forti scrive anche per “Left” e per “Micromega”, organi dell'intellighenzia della cosiddetta sinistra. «Il primo a parlare di sovranità del popolo, alle Nazioni Unite, fu Che Guevara: e se non appartiene al popolo – avverte Moiso – la sovranità finisce purtroppo per appartenere a qualcun altro». Non capisce, il sedicente progressista Steven Forti, che non è il gioco il governo gialloverde, ma la sovranità reale dei cittadini italiani? Non lo vede, che i globalisti finto-progressisti sono pro-migranti solo in quanto anti-Salvini? Da quale pianeta proviene, Steven Forti? Non si è ancora accorto che il lupo neoliberista veste i panni dell'agnello? Non lo sfiora il dubbio che un intellettuale come Rinaldi, economista, l'abbia capito prima di altri? Libertà di opinione, appunto. Siamo capaci, sempre, di mettere in discussione le nostre idee? Siamo capaci di rispettare, innanzitutto, chi non la pensa come noi? In Italia si fa sempre in fretta a parlare di fascismo, specie sui giornali. Dimenticando che l'ex progressista e socialista Benito Mussolini, l'inventore dello squadrismo, faceva il giornalista.

(Giorgio Cattaneo, 9 gennaio 2019. Qui il video in cui Gioele Magaldi, in diretta su YouTube con Marco Moiso, replica all'articolo di “Rolling Stone”: https://www.youtube.com/watch?v=vGBC7KnaLKA&feature=youtu.be).

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