Salvate il soldato Trenta.
La guerra… per tenerla lontana, bisogna avere il coraggio di pensarci (Jean Guitton), cioè il terribile motto latino Si vis pacem para bellum, è ancora oggi drammaticamente valido, e non è che se giri la testa da un’altra parte, o fai finta che il problema non esista lo esorcizzi, anzi, ti ritornerà ancora più drammaticamente e non avrai gli strumenti per esorcizzarlo.
Bisogna dare atto ai 5 Stelle di aver fatto una scelta azzeccata per quanto riguarda il Ministro della Difesa. La ministra Trenta è una persona competente, proviene da esperienze nella Difesa, ha proseguito la sua esperienza lavorativa e di docente in settori adiacenti a quelli della Difesa stessa. Voci di stampa via via più insistenti riportano attriti sempre più crudi tra Di Maio e la Ministra in questione. L’oggetto del contendere è il bilancio stesso del ministero e il finanziamento di alcuni progetti industriali.
Il primo contrasto si è avuto quando è stato negato il finanziamento per tre progetti urgenti o ritenuti tali: lo sviluppo del missile CAMM-ER, quello del drone P2HH della Piaggio (che sembra stia ritornando dalla finestra, essendo ricomparso nel DPP 2018-2020, ma che comunque rimarrebbe sotto la scure di ulteriori tagli alla Difesa), e quello dell’acquisto di ulteriori lotti dell’elicottero NH90. Se lo stop dello sviluppo del P2HH ha un senso e potrebbe essere in parte condivisibile (i detrattori dicono sia un progetto che serve principalmente a tenere in piedi la Piaggio per evitarne il fallimento, che il principale azionista dell’industria è il Qatar, che inoltre sarebbe un doppione poiché l’Italia è impegnata anche nel progetto europeo Euro Male, i sostenitori affermano che potrebbe proprio dare un contributo significativo al progetto europeo acquisendo noi capacità autonome nel settore. Sicuramente l’Italia non si può permettere un’acquisizione contemporanea di due sistemi simili), non così è per gli altri due progetti. Non ha spesso senso, come fanno certi commentatori non ben addentro alle faccende militari, dividere le armi in offensive o difensive; quasi ogni arma può essere l’una o l’altra a seconda di come viene usata e con quali intenzioni. Ma, se si dovesse definire un’arma in questi termini, il CAMM-ER sarebbe un’arma difensiva a tutti gli effetti. Il missile a corto-medio raggio è un’arma contraerea e antimissile, che va ad armare molte future navi militari italiane, le batterie antiaeree a difesa dei nostri aeroporti e avamposti all’estero e dei nostri siti strategici e va a sostituirne altri oramai obsolescenti come gli Spada e gli Aspide. Serve quindi per difendere le basi militari italiane dislocate all’estero, le navi italiane che transitano al largo di coste non sicure o che incrociano navi potenzialmente avversarie. La situazione nel Mediterraneo, anche se la maggior parte dell’opinione pubblica e molti politici non se ne rendono conto, nei prossimi anni andrà incontro, purtroppo, a un rapido degrado e il concreto rischio di conflitti violenti tra paesi di quest’area non è da escludere. Secondo alcune analisi il rischio di venirne coinvolti varia tra il 5 e il 35%, a seconda dell’intensità che tale conflitto potrebbe avere. Per una coincidenza di date proprio in questi giorni è stata diffusa una notizia (non ancora confermata) della fornitura da parte della Russia di missili Kalibr alle milizie libiche di Haftar e alla costruzione di due basi russe nella zona sotto la copertura di truppe mercenarie del gruppo Wagner russo. I Russi hanno smentito, ma una qualche forma di presenza di loro truppe, anche se non così consistente, pare essere confermata. Non è che dobbiamo temere che i Russi ci inizino a sparare contro, sicuramente non direttamente, Putin attualmente è uno dei più abili politici in circolazione, se non il più abile, ma la proliferazione di queste armi tra gruppi non statali accresce notevolmente il rischio di un loro lancio, o di un più probabile ricatto di un lancio, e il rischio si accentua ancora di più se c’è la percezione che dall’altra parte non ci siano difese adeguate al contrasto e la determinazione a reagire. Il mancato acquisto dei CAMM-ER ci obbligherebbe prima o poi a comperare missili dalle caratteristiche simili tra i nostri concorrenti commerciali, cioè Francia, UK o USA, con l’aggravante di incidere sulla bilancia commerciale, di non essere proprietari delle tecnologie, senza dimenticare l’impatto sui valori occupazionali e sul PIL. Va anche a incidere sulla possibilità italiana di affiancarsi a U.K. (il CAMM-ER è una variante italiana di un missile anglo-italiano) per lo sviluppo del nuovo caccia da superiorità aerea Tempest, volto sostituire gli attuali Typhoon e, visto che l’analogo programma franco-tedesco è blindato, ci costringerebbe ad avere un ruolo subalterno a questi due paesi, ci taglierebbe fuori da ogni sviluppo industriale tecnologicamente avanzato nel settore, con deleterie ricadute sulle nostre capacità tecnologiche, industriali e di sviluppo economico. Oltretutto la programmazione della politica di difesa necessita di anni, decenni, non si improvvisa e non si riesce a crearla quando ormai il pericolo e la necessità diventano impellenti. Per ricostruire capacità tecnologiche perse si ha bisogno di almeno una generazione, cioè una ventina d’anni, con costi enormemente superiori. Non dimentichiamo anche le cifre. L’unico modo attualmente per sostituire il CAMM-ER con un missile dalle capacità similari e parzialmente prodotto in casa, sarebbe quello di riprendere la produzione degli Aster 15. Peccato che questo missile costa il doppio e necessita di spazio doppio rispetto al CAMM-ER. Facciamo anche una considerazione delle cifre in gioco: il CAMM-ER costerà all’incirca 500 milioni di euro spalmati in dieci anni, il reddito di cittadinanza (del tutto condivisibile si tiene a precisare) costa diversi miliardi di euro all’anno. Il gioco vale la candela? Potrebbe nel futuro la nostra Marina ritrovarsi in difficoltà a causa del mancato sviluppo del CAMM-ER o nessuno ci lancerebbe missili? Ricordo tre episodi avvenuti nel recente passato: 1986 lancio (controverso) di missili libici verso Lampedusa, 2011 lancio fuori bersaglio di un missile dalla costa libica verso la fregata italiana Bersagliere, e soprattutto l’abbattimento di un G222 in missione umanitaria sui cieli della Bosnia da parte di due missili di fabbricazione sovietica (forse lanciati da forze irregolari croato-bosniache) e la conseguente morte dei quattro membri dell’equipaggio. La morte dei quattro militari avrebbe potuto essere evitata se fossero stati presenti sistemi di contromisure già disponibili, ma non ancora installate, appunto, per problemi di bilancio.
L’altro programma a partecipazione italiana che dovrebbe venir sospeso, (in riserva di programmazione cioè) anche se risulta inserito nel DPP, è quello dell’elicottero NH90 soprattutto nella versione SH, cioè proprio quella destinata alla Marina. Parte di questi elicotteri sarebbe dovuta essere consegnata nella versione anti sommergibile, quindi anche in questo caso si tratterebbe, almeno per parte dei suoi compiti, di un sistema d’arma con spiccate caratteristiche difensive. L’elicottero, grazie alle sue caratteristiche, è uno dei migliori sistemi per difendersi dalle minacce sottomarine, oltre che un mezzo di salvataggio, soccorso, collegamento. La Marina, per una scelta di programmazione avvenuta quando tale minaccia non era più ritenuta significativa, ha trascurato di modernizzare questo assetto. Sta correndo ai ripari ma, come già scritto, per riprogrammare meglio certi indirizzi, servono lustri. La mancata consegna di questo mezzo non fa che accentuare questo gap, senza tener conto dei danni sul piano economico e sui livelli occupazionali. C’è da sperare che il paventato blocco di ordini sia veramente solo temporaneo.
Oltretutto i supposti, immediati risparmi sarebbero in gran parte vanificati dalle penali previste sui contratti già deliberati. Per intanto Leonardo, uno dei principali costruttori dell’elicottero, sta perdendo in borsa.
Quindi ben si spiegherebbero le lacrime di rabbia all’uscita della Trenta dalla riunione con Di Maio, come citano alcune fonti.
Mettiamoci dentro anche la questione F35, che è stata analizzata in separata sede https://www.facebook.com/groups/217691765601980/permalink/255833331787823/, i continui rinvii sulla decisione riguardo opere pubbliche e investimenti in vari settori industriali, la bassa percentuale nel DEF di somme devolute agli investimenti, (investimenti che sono alla base delle politiche keynesiane di rilancio) le indiscrezioni di stampa (favorevole a questo governo) che paventano una vendita di industrie pubbliche altamente strategiche, efficienti e renumerative, come Leonardo e Fincantieri, aziende ad altissima tecnologia che caratterizzano e rendono prestigioso il settore della grande industria italiana e che così le renderebbero facile preda degli appetiti fagocitatori francesi. Tutto questo lascia più di qualche sospetto sulle reali capacità e competenze dell’attuale Ministro dello Sviluppo Economico (a questo punto sarebbe meglio ribattezzarlo Ministero del De-sviluppo Economico) e per certi versi rende, almeno se queste voci e iniziative venissero confermate e portate avanti, il suo operato molto più simile ai suoi predecessori nei governi Monti, Renzi, per arrivare al D’Alema e alla sinistra (sinistra?) che svendette le aziende di stato, Telecom compresa (con i risultati che vediamo oggi), con l’aggravante che sono proprio questo tipo di aziende a darci indipendenza strategica e tecnologica. Curioso quindi che un governo detto “sovranista” adotti gli stessi metodi di governi “neoliberisti” lasciandoci, almeno nel settore, allo stesso punto di prima, in un’atmosfera molto gattopardesca, svendendo la nostra sovranità (appunto) tecnologica in un settore strategico, uno dei pochissimi che ancora ci rimane. Un ministro dovrebbe affidarsi al consiglio di chi è addentro a certi meccanismi, come ad esempio la Trenta, e ai suoi due sottosegretari alla difesa (uno 5 Stelle e l’altro leghista) in piena sintonia con la titolare del dicastero. È forse il caso di riproporre le parole del Sottosegretario Volpi sul tema: “Il comparto industriale dell’aerospazio e difesa fattura più di 14 miliardi di euro all’anno, corrispondenti allo 0,8% del nostro Pil, tendenzialmente in crescita, ed è fonte di ricerca ed innovazione Il settore della difesa dà occupazione ad oltre 44mila persone, che salgono a più di 110mila se si considerano anche indotto ed altri impatti indiretti. Le aziende pagano tasse allo Stato per non meno di 4,5 miliardi; perciò, trattare le spese militari come uno spreco di risorse non ha senso. Tutto questo, senza considerare l’export e, dettaglio non trascurabile, la sicurezza che deriva al nostro Paese dall’essere difeso e dal poter partecipare con credibilità ed autorevolezza ad alleanze con altri Stati in una fase storica caratterizzata da diffusa instabilità e pericolo di conflitti.” Aggiungo che ogni euro speso per i programmi industriali della difesa porta un ritorno di un fattore di circa 2,5. Torniamo alle vecchie politiche renziane dagli 80 euro in poi, per cui, se vuoi finanziare qualcosa tagli da altre parti, anche se vai a incidere su investimenti produttivi? Visto quanto riportato più sopra, essendo Di Maio anche ministro del lavoro, vorrei ricordare cosa ribadisce la Cassazione riguardo il codice civile in merito ai rischi lavorativi, anche se, ovviamente, i militari sono soggetti ad altro codice (in caso di guerra): l’articolo 262 parla che l’imprenditore deve adottare misure che, secondo la particolarità del lavoro sono necessarie a tutelate l’integrità fisica… in altra giurisprudenza riguardo l’articolo 2087: devono essere previste le conseguenze dannose sulla scorta di eventi già verificatesi e di pericolo già valutati in precedenza… inoltre la cassazione è costantemente orientata nel ritenere che la sicurezza, non può essere subordinata a criteri di fattibilità economica o produttiva, la tutela dell’integrità fisica del lavoratore (art 32 Cost. e art 2087 c.c.) non tollera alcun condizionamento economico. Due pesi due misure? I militari non sono anch’essi cittadini e “lavoratori” ad alto rischio? Quello che è sacrosantamente valido per l’uranio impoverito, perché non deve essere valido per gli strumenti atti a difendersi da minacce armate?
L’inesperienza del Ministro, l’esaltazione per i recenti successi, la tentazione a cavalcare le emozioni ”di pancia” dell’elettorato, che indubbiamente danno subitaneo ed effimero consenso, ma che non inducono questi a un esercizio democratico di riflessione, potrebbero renderlo suscettibile di scelte affrettate e presuntuose senza nemmeno sapere di cosa si va a decidere? Certamente il Ministro, che in qualche modo aveva attirato le nostre simpatie e la nostra speranza per una sua rapida crescita nelle capacità politiche, ha ancora molta strada per attuare una sua trasformazione da politico a vero statista. Uno statista non dovrebbe trovare il coraggio di guardare oltre le necessità contingenti di sperare in una facile cassetta elettorale (ma veramente è così?), guardare quali siano i veri interessi dello Stato e dei suoi cittadini e indicare con coraggio la logica di certe scelte, a favore o a sfavore di certi programmi al di là di facile propaganda? Parlare con chiarezza di certe scelte strategiche irrinunciabili senza rifugiarsi dietro scuse di penali troppo elevate?
Per cui, vi prego, per chi ne ha la possibilità, salvate il soldato Trenta.