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In data domenica 25 Febbraio,  Paolo Mosca, presenta un punto di un suo programma “interno”, elaborato nei dettagli da Gianfranco Carpeoro.
L'idea di questo punto è quella di mettere mano ai flussi migratori, spostando, metaforicamente, la frontiera: stipulando accordi con Stati - ad esempio Nord africani - che accettino di avere sul loro territorio dei “Centri di raccolta per il Controllo dell’Immigrazione” gestiti direttamente da una Istituzione europea.
Paolo Mosca mette a disposizione di chiunque, nell’immediato e senza alcun copyright (in primis si rivolge all’attuale Governo “Giallo-Verde”), questo punto di un suo ampio ed articolato programma “interno”.


Premessa
Il fenomeno dell’immigrazione dei primi decenni del terzo millennio ha delle peculiarità che una propaganda piuttosto in malafede, e dalla provenienza evidente, ha cercato piuttosto intensamente di mistificare. Sono fioriti dappertutto nei media pseudo storici e studiosi dei tempi antichi a vario titolo che ci hanno davvero impressionato con i loro paralleli tra la situazione attuale e i più vari avvenimenti storici, dalle invasioni barbariche alla diaspora di italiani negli Stati Uniti d’America nei primi decenni del secondo millennio. Il tutto a formare uno stereotipo dialettico di grande suggestione come quello di definire l’immigrazione come un ricorrente, quasi ciclico, avvenimento epocale che endemicamente e inesorabilmente si abbatte sulle popolazioni e sulle civiltà sconvolgendo assetti e equilibri politici e sociali esistenti.
Peraltro questo conformismo post illuminista, post borghese, post comunista, una sorta di evoluzione new age dei radical chic da salotto degli anni ‘70/’80, che, nel segno della loro transizione dal segugio italico al chihuahua, colora esoticamente le sue banalità con la suggestione del dio Shiva calato dalla lontana India e direttamente dai Veda a rinnovare il mondo mediante anche il fuoco sovversivo e rinnovatore dei flussi migratori. Niente di più delirante e antistorico ai nostri occhi.
Snaturare la genialità delle teorie del grande G.B. Vico al susseguirsi ripetitivo di schemi astratti e stereotipati che non tengano conto della specificità di ogni evento, significa continuare a interpretare la storia con lo stesso spirito con cui le nostre vecchie recitavano al vespro il rosario in latino, senza nulla comprendere di ciò che stavano dicendo, o, peggio, facendo. Ecco quindi il confronto culturale, sociale e, conseguentemente, politico, col fenomeno attuale declinato come immanente, inesorabile o, addirittura, come unica speranza di rinnovamento dell’intera umanità.
Sono nate intere categorie sociali come quella dei “migranti per guerra” meritevoli di asilo rispetto ai “migranti economici” (nei salotti e nei media come il cieco diventa “non vedente” chi muore di fame e di malattia non può evidentemente essere definito tale, secondo il pensiero magico moderno che così esorcizza le sue possessioni egoisticamente insensibili e ipocritamente maligne) stabilendo curiose distinzioni tra modi di morire da cui deriverebbe la scelta tra chi merita di sopravvivere e chi no, secondo una gerarchia di casi e una declinazione di necessità per le quali, ove gli fosse possibile, il povero Jacques Monod si rivolterebbe angosciato nella tomba.
Quindi l’immigrazione come fenomeno endemicamente inesorabile, fisiologico e non patologico (una specie di reflusso gastroesofageo selle società umane) nei confronti del quale l’unica misura politica e sociale è una supina, ipocrita declinazione dell’accoglienza, non come apertura innata della struttura mentale collettiva, ma come accattonaggio di popoli e di stati.
Ma riproporre povertà e guerra in termini genericamente delineati di inesorabilità, significa riproporre lo schema della servitù dei popoli e della miseria come elemento di considerazione solo rispetto a un mondo mistico astratto e a una paventata gerarchia celeste, secondo i più deleteri schemi cristiano-pauperistici o islamico-fatalistici che speravamo di aver superato grazie anche alla illusione massonico-illuministica nelle magnifiche sorti progressive.

Dall’emergenza ai Centri
Non v’è alcun dubbio che l’immigrazione come fenomeno europeo, come del resto avviene da secoli, ad esempio oltre Atlantico per i messicani rispetto agli USA, sia un fenomeno estremamente localizzato come problema di frontiera.
La stessa nascita dell’Unione Europea ha creato una nuova frontiera sulla quale si è collocata la maggior parte dell’emergenza, indotta da guerre artificiosamente perpetuate o rinnovate secondo necessità e interessi di un certo potere reazionario e da una endemica povertà di popoli artificiosamente mantenuta e alimentata da quegli stessi poteri. A questo punto l’errore atavico dei nostri governi è stato quello di non porre in discussione il problema di frontiera, nel caso specifico dell’Italia di accettare di essere frontiera. La nuova logica può essere quella di spostare la frontiera stipulando accordi con stati, ad esempio nord africani, che accettino di avere sul loro territorio, debitamente supportati economicamente a livello europeo, dei Centri di raccolta per il Controllo dell’Immigrazione gestiti direttamente da una istituzione europea, costituenda (Il Project nella sua prima fase) col pieno coinvolgimento delle ONG che abbiano le seguenti funzioni:

1) ricevere i migranti riaccompagnati dai barconi o provenienti dagli sbarchi abusivi ad opera delle navi delle ONG;

2) identificare i migranti e rilasciare a tutti un documento provvisorio di identità non valevole all’accoglienza in uno Stato Europeo;

3) valutare requisiti per l’accoglienza in uno stato europeo anche secondo quote prestabilite rilasciando un ulteriore documento valido per la residenza;

4) per i migranti non collocabili in ambito europeo deve essere contestualmente elaborata una proposta alternativa secondo progetti industriali condivisi con gli stati che ospitano i centri o altri.

L’Agenzia
Entro sei mesi dalla costituzione dei Centri essi devono essere trasformati n Agenzie Europee per il Controllo dell’Immigrazione gestiti nello stesso modo ma con lo sviluppo pieno oltre che della funzione emergenziale anche della funzione strutturale che è quella di creare i presupposti, tramite una nuova progettualità economica, artigianale e industriale su nuovi territori che, per creare nuove risorse in moto che tutto concorra a diminuire le premesse stesse dell’immigrazione per necessità vitale sostituendo ad essa l’immigrazione per scelta, minore per quantità e sicuramente più utile socialmente e meno problematica per gestione.
Le agenzie, cogestite con le ONG, avranno, oltre che le stesse funzioni dei centri, anche la funzione stabile di stipulare, impegnando l’Unione Europea, accordi di cooperazione economica con stati, onde creare nuove risorse e richieste di lavoro con cui esaurire i migranti dei centri, ma anche le richieste di collocazione e lavoro degli stessi stati dell’Unione creando oltre frontiera premesse di integrazione culturale e progresso. L’obiettivo oltre frontiera deve essere il medesimo entro frontiera; garantire a tutti casa e lavoro, e ciò è possibile solo sviluppando risorse in modo coordinato secondo strategie innovative e sinergie finora non praticate.

Il Control Immigration Project
Entro un biennio dalla partenza del progetto ci sarà lo sviluppo pieno dell’iniziativa, sin dall’inizio gestita da una istituzione europea denominata Control Immigration Project. Appena creata l’istituzione assorbirà le seguenti risorse finanziarie:

1) tutti i fondi destinati dall’Unione Europea alla gestione dell’immigrazione;

2) tutti i fondi allo stesso scopo destinati dai singoli stati europei;

3) quota parte dei fondi strutturali per lo viluppo economico.

Con tali risorse verrà creato il Project che avrà una strettissima collaborazione con le ONG che accetteranno di partecipar all’iniziativa in tutte le tre fasi.

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