SARS COV 2/COVID-19: IL “PARASSITA” INVISIBILE CAPACE DI FERMARE IL MONDO, di DANIELE CAVALEIRO
In questi giorni mi sono confrontato con vari esperti del settore (biologi, scienziati, medici, esperti di malattie infettive, ricercatori, etc.) per cercare di far un po’ di chiarezza, soprattutto a me stesso, e cercare di darmi delle risposte in merito a: che cos’è un virus? Sono corrette e idonee le misure adottate dal nostro Governo? Sarebbe stato possibile prevedere e soprattutto arginare questa epidemia?
In questo contributo, cercherò di riportare le informazioni raccolte, così da offrire risposte a quelle domande che tutti noi ci stiamo ponendo in questo periodo.
Un virus è un’entità biologica che ha un proprio codice genetico, ma non è in grado di riprodursi in maniera autonoma, può farlo solo all’interno di una cellula ospite. Si tratta quindi di un’entità biologica primitiva che vive e si replica rapidamente, solo a condizione che gli sia possibile parassitare un’entità biologica completa e autonoma. In assenza di quest’ultima, il virus è destinato a morte certa: può solo sopravvivere per qualche tempo, nell’ordine di pochi minuti o di qualche giorno nell’ambiente. Non è però in grado di replicarsi, poiché non è nelle condizioni di compiere la sua mission vitale, ovvero parassitare un’ospite. È proprio questo il motivo per cui ci stanno chiedendo di rimanere a casa: siamo noi i bersagli biologicamente completi ed evoluti, che il Covid-19 predilige e ha voglia di colpire. Ma è sufficiente restare a casa? No, non basta restare in casa. Il contenimento fisico, in questo momento, è l’unica misura adottata per evitare il contagio. Una modalità che si attua quando non si dispone di efficaci misure di carattere preventivo o terapeutico per evitare il contagio. Un’arma spuntata, questo isolamento, così come è regolato, ovvero un contenimento fisico che, oltre a dipendere dal senso di responsabilità delle persone, lascia spazio alle uscite per fare la spesa, per andare al lavoro e per altri motivi di necessità, che minano la barriera fisica fra noi e il “nemico”. Eccoci quindi intenti in scrupolose disinfezioni di tutto ciò che possa veicolare il virus, dalla suola delle scarpe, agli imballaggi dei prodotti alimentari. Ma tutte queste scrupolose disinfezioni ci mettono al sicuro dalla possibilità di contrarre l’infezione da coronavirus? Purtroppo no, in quanto i nostri ambienti domestici sono tanti piccoli potenziali incubatori di Covid-19. A tutto questo aggiungiamo che si rimane contagiosi fino a diversi giorni dopo la guarigione, che dunque non rappresenta una condizione di sicurezza per le persone con le quali si sia a contatto.
Adesso cerchiamo di capire se sarebbe stato possibile prevedere e soprattutto arginare questa epidemia.
Prima di provare a dare una risposta, è necessario fare una brevissima premessa.
Bisogna sempre ricordarsi e porre molta attenzione al fatto che un virus, entità biologica semplice, ha poche ed essenziali necessità da soddisfare per vivere e si adatta all’ambiente molto più facilmente di quanto accade per gli organismi più complessi. Quindi attenzione, perché questa capacità di adattamento è il punto di forza del nostro nemico. Questo non è un dettaglio insignificante, ci sono esperti che studiano le caratteristiche dei virus e ne quantificano la relativa minaccia per la salute umana.
Nel settembre del 2019, l’Organizzazione Mondiale della Sanità - OMS, pubblica un documento dal titolo inquietante “Un mondo a rischio”, nel quale si ipotizza il concreto rischio di una imminente pandemia, capace di scatenare un’emergenza sanitaria globale. Si tratta dell’Annual report on global preparedness for health emergencies, il rapporto annuale redatto da un gruppo di specialisti nello studio delle pandemie, il Global Preparedness Monitoring Board. Nel rapporto si legge di un’imminente minaccia di pandemia ad alto tasso di letalità, riconducibile ad un patogeno respiratorio in grado di uccidere da 50 a 80 milioni di persone e di spazzare via quasi il 5% dell'economia mondiale. Una pandemia globale su tale scala sarebbe catastrofica, scrivono gli esperti, e creerebbe un caos diffuso. Il mondo non è preparato e occorre fare in fretta per arginare efficacemente questa minaccia.
Prima di andare aventi, soffermiamoci un attimo sul concetto di letalità. Di seguito riporto la definizione presa dal vocabolario della lingua italiana. Letalità: Rapporto tra il numero di morti per una data malattia e il numero delle persone affette dalla stessa, relativamente a una data popolazione e a un dato intervallo di tempo. Cosa significa che letalità e mortalità sono la stessa cosa? Assolutamente no. La letalità misura la gravità di una malattia e si usa in particolar modo per le malattie infettive acute. La mortalità invece mette a rapporto il numero di morti per una determinata malattia (o addirittura per tutte le cause) sul totale della popolazione media presente nello stesso periodo di osservazione. Di conseguenza, esistono malattie che pur avendo una letalità altissima hanno una mortalità insignificante, in quanto poco frequenti nella popolazione totale. Per il COVID-19 siamo di fronte a un fenomeno a media letalità e, attualmente, a bassissima mortalità (https://blog.movimentoroosevelt.com/blog/2305-corona-virus-covid-19-un-po-di-statistiche-razionali-e-una-grande-opportunita-di-cambiamento.html). La distinzione tra tasso di letalità e tasso di mortalità è fondamentale per fare chiarezza sull’impatto nella popolazione. Da questa distinzione si può comprendere quanto sia importante contenere la diffusione del contagio, in quanto se aumentassero i contagiati ci sarebbero più casi “letali”.
Ma torniamo a noi.
Dopo un paio di mesi dalla pubblicazione del rapporto da parte dell’OMS, si sviluppa il primo focolaio localizzato nella regione cinese dell'Hubei. Lo scenario paventato nel rapporto corrisponde a ciò che sta accadendo per il Covid-19, fatta eccezione per l’alto tasso di letalità. Tasso di letalità difficile da quantificare, in quanto molti di noi potrebbero aver contratto il virus senza manifestare sintomi tali per cui si rendessero necessarie azioni atte a rilevare la positività/negatività al coronavirus. Nonostante tutto questo, il rapporto OMS è stato completamente ignorato, non solo dall’Italia, ma da tutti i paesi del mondo.
Nel 2003 la Cina in occasione della SARS - Severe Acute Respiratory Syndrome, la grave forma di polmonite virale estremamente contagiosa che ha causato oltre 8000 infetti e 900 morti in circa 30 paesi, non notificò la malattia all’OMS. Anzi, per lungo tempo ne celò l’esistenza, rivelando l’ampiezza della propagazione dell’epidemia solo quando la malattia era già stata diagnosticata in altri Stati. Fu solo allora che la Cina permise ad un gruppo dell’OMS di entrare nel suo territorio e valutare la situazione per la prima volta. La cattiva gestione dell’epidemia da parte delle autorità cinesi mise chiaramente in luce i limiti del sistema di controllo delle emergenze sanitarie da parte dell’OMS. Se la Cina avesse dichiarato l’emergenza prima, invece di considerare le notizie relative alla malattia come segreti di Stato e negare l’accesso al proprio territorio per vari mesi cruciali, i risultati dell’epidemia sarebbero stati significativamente meno gravi e sarebbe stato possibile attuare molto prima misure efficaci di controllo.
La comunità internazionale, oltre ad ignorare l’Annual report on global preparedness for health emergencies, non ha neanche fatto tesoro dell’esperienza SARS. L’attuale pandemia di Covid-19, vede la Cina ripetere scientemente lo stesso errore, se di errore si tratta. Il giovane medico cinese Li Wenliang, che ha osato condividere sui social, con suoi colleghi, l’intuizione sull’infezione in corso - notando similitudini rispetto alla SARS- è stato duramente punito e ora poco importa se è diventato, da morto, un eroe nazionale. Semmai va considerato una vittima del regime!
Quello che mi è poco chiaro, in tutta questa vicenda dai contorni drammatici ed inquietanti, è perché l’OMS ha inizialmente rassicurato la comunità internazionale comunicando che il Covid-19, era poco più di un’influenza? Non era il caso di traslare il contenuto dell’Annual report on global preparedness for health emergencies, nello scenario non più ipotetico ma realmente generato dal Covid-19?
Il Tasso di letalità è inferiore alle catastrofiche previsioni del Rapporto, ma l’alta velocità del contagio non doveva essere ignorata, così come gli impatti collaterali. Invece di indorare la pillola, le misure di contenimento andavano adottate con la massima immediatezza e forse non saremmo arrivati al lockdown. Il risultato è sotto i nostri occhi: un vero e proprio tsunami ha travolto le strutture sanitarie.
Il ritardo delle autorità cinesi, che ricalca fedelmente quanto già accaduto per la SARS, non trova alcuna giustificazione. Appare come un comportamento intollerabile. Il Rapporto OMS era noto anche alla Cina, che si è arrogata il diritto di gestire il Covid-19 come una questione esclusivamente cinese, con scarsa trasparenza anche verso i cittadini cinesi. La Cina è assolutamente responsabile di quanto sta accadendo, non perché il virus si è originato a Whuan ma perché la salute internazionale non doveva in alcun modo essere subordinata a maldestri segreti di Stato. I Governi di tutto il mondo sono responsabili perché hanno agito come se la questione fosse solo cinese e non si sono curati, al pari della Cina, dell’allarme lanciato dall’OMS. Se il rapporto dell’OMS fosse stato recepito con la concreta attuazione di un piano di emergenza sanitaria, l’onda di devastazione che ha travolto le strutture sanitarie si sarebbe potuta contenere.
Che dire dell’Italia? Negli ultimi anni la nostra classe dirigente politica tutta, indipendentemente dal colore politico, ha effettuato tagli scellerati alla sanità pubblica e ora ringrazia ipocritamente medici e infermieri, mandandoli al fronte completamente “nudi”.
Permettetemi infine una considerazione sulla situazione dei contagi. Come è possibile avere il polso della situazione basandoci sul numero dei tamponi, peraltro effettuati in modo disomogeneo, solo sui sintomatici, solo sui malati? I tamponi andrebbero fatti a intervalli regolari di tempo su un campione rappresentativo della popolazione. Inoltre, se su ogni persona sospetta vengono eseguiti 2 o 3 tamponi, il numero delle persone realmente testate è inferiore a quello che rientra nel calcolo totale. In sostanza, il numero assoluto dei tamponi effettuati non ci fornisce una quantificazione corretta dell’andamento dell’epidemia. L’unico dato macroscopico certo di cui disponiamo è il numero dei morti. Del contagio non sappiamo e non sapremo nulla di certo fino a che non sarà possibile testare a tappeto tutta la popolazione. Ma questa modalità, testare a tappeto tutta la popolazione, è davvero attuabile? E soprattutto, con quali risorse? Manca il personale sanitario dedicato, i dispositivi di protezione individuale non bastano per tutti (in questo caos assoluto, devono essere riservati in via prioritaria ai sanitari delle trincee ospedaliere), mancano i reagenti e non so cos’altro ancora. È possibile che nell’era tecnologica non sia possibile attuare un sistema di tracciamento dei soggetti positivi? Il limite è la privacy? I nostri dati personali ci sono sottratti costantemente, ogni volta che accettiamo un cookie o sottoscriviamo la fidelity card di un supermercato. Possibile che l’esercito di persone in smart working non possano essere impiegate per il tracciamento, per l’elaborazione dei dati epidemiologici? Non ci credo.
Usciremo da questa situazione? No, se continuiamo a navigare a vista. Proseguendo cosi, possiamo solo sperare che la Scienza trovi al più presto dei farmaci efficaci e un vaccino antiCovid-19
Fino a che non sarà disponibile almeno un farmaco efficace, in attesa del vaccino, niente sarà più come prima., Bisogna prendere piena coscienza del fatto che il “parassita” invisibile è stato capace di fermare il mondo.
Daniele Cavaleiro
Vicepresidente del Movimento Roosevelt
( Articolo del 24 aprile 2020 )
Parassitare: [dal lat. parasitari, intr., «vivere da parassita»]. – In biologia, vivere come parassita a spese di un organismo: gli acari che parassitano i roditori; soggetti parassitati dalla tenia.
Qui si può trovare il testo completo https://apps.who.int/gpmb/assets/annual_report/GPMB_annualreport_2019.pdf