di Monica Soldano
In Italia, la gestione della pandemia covid è stata centralizzata fin dal mese di marzo con la dichiarazione dello Stato di emergenza che ha visto il Presidente del Consiglio dei ministri, Giuseppe Conte, divenire, di fatto, l' unico artefice delle decisioni, attraverso l'emanazione di decreti presidenziali (Dpcm), che vengono costantemente aggiornati, in base al parere del Comitato Tecnico Scientifico, nominato per cooptazione tra gli esperti, già dipendenti pubblici, dal Dipartimento della Protezione civile.
In questo nuovo scenario, nel corso di questo primo semestre in emergenza, non sono stati pochi i conflitti tra lo Stato centrale (presidenza del Consiglio dei ministri e ministri) e le Regioni, soprattutto per contendersi lo spazio decisionale in ambito sanitario. In particolare, oggi, dopo alcune sentenze dei tribunali regionali, favorevoli ad una gestione centralizzata della governance sanitaria, la linea, sottolineata ancora una volta nell'ultimo DPCM, è quella che le Regioni possano intervenire per inserire regole "più restrittive" rispetto a quelle nazionali nelle attività di loro competenza (chiusura luoghi aperti al pubblico, orari dei bar e dei ristoranti, scuole), ma NON più espansive o liberali.
In questo quadro, si è collegata, pur con alcune contraddizioni, che vedremo, una vicenda giudiziaria specifica, che ha visto lo scorso aprile, in pieno lockdown, il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti e la presidente della Regione Calabria, Iole Santelli (defunta pochi giorni fa), ordinare per l'autunno, l'obbligo vaccinale antinfluenzale per tutti gli operatori sanitari, gli ultrasessantacinquenni e nel Lazio, si aggiungeva una forte raccomandazione anche per i bambini tra i 6 mesi ed i 6 anni.
I ricorsi contro l'obbligo vaccinale antinfluenzale delle regioni
Contro questo obbligo sono ricorse numerose associazioni, in rappresentanza di medici (l'associazione Ampas), singoli professionisti, infermieri, fisioterapisti, con una cultura medica che predilige l'approccio omeopatico, ma anche pensionati, che attraverso i loro avvocati hanno posto due obiezioni principali: la prima, l'incompetenza della Regione e l'abuso di potere del Presidente della Regione in carica, di decidere un obbligo ad un trattamento sanitario, tanto più se trattasi di un vaccino, su cui, in Italia, si è già più volte pronunciata la Corte Costituzionale in favore di limiti ben precisi in cui un tale obbligo possa essere legittimato. L a seconda obiezione, invece, è stata sull'opportunità stessa della scelta nel merito dei benefici per la salute degli "obbligati".
In entrambi i giudizi ricorrenti davanti al Tar del Lazio e della Calabria il collegio di difesa degli avvocati (Alessandro Gaetani, Samanta e Sara Forasassi) sono state sollevate censure identiche, ma con la collaborazione tecnica di approfondite relazioni medico-scientifiche, depositate agli atti del giudizio (dottor Domenico Mastrangelo, dottor Eugenio Sinesio e dott. Luca Speciani), oltre al supporto, sempre in tema di approfondimenti scientifici e studi internazionali dell'associazione Comilva.
Il ricorso al Tar del Lazio dell'associazione di medici, AMPAS, ha visto la costituzione,ad adiuvandum, anche del Movimento Roosevelt, rappresentato dall'avvocato Vanni Oddino.. I due giudizi hanno avuto una gestione processuale differente: il TAR del Lazio ha preferito affrontare un' attività istruttoria, ordinando al Comitato Tecnico Scientifico nazionale di relazionare in ordine alla bontà del trattamento sanitario imposto dalla Regione ed alla sua reale efficacia come mezzo di contrasto all'epidemia da Sars-Cov 2; all'opposto il TAR Calabria ha invece ritenuto di poter decidere sulla base degli atti e dei documenti prodotti dalle parti.
E' così che si è giunti alla sentenza del 15.09.2020 del TAR Calabria, che per primo ha accolto il ricorso per difetto di competenza, pur non avendo mancato di rilevare che la legislazione generale dello Stato, in materia di vaccinazioni debba essere basata "sugli indirizzi condivisi dalla comunità scientifica nazionale ed internazionale" con ciò dando, di fatto, riconoscimento dell'esistenza dell'amplissimo dibattito nella comunità scientifica nazionale ed internazionale in merito all'efficacia della vaccinazione antinfluenzale ed alla sua inopportunità come mezzo di contrasto all'epidemia da Sars-Cov2.
Una volta intervenuta la sentenza del TAR Calabria, il TAR Lazio, messa totalmente da parte l'attività istruttoria svolta, si è pronunciato nei medesimi identitici termini del TAR Calabria sui profili di incompetenza regionale, richiamando nelle proprie motivazioni la decisione calabrese. In conclusione, possiamo affermare che la sentenza del Tar Calabria sia stata determinante per gli esiti dell'intera vicenda, non potendo oggi immaginare cosa davvero avrebbe potuto decidere il Tar del Lazio senza quella precedente pronuncia, tuttavia nel corso del giudizio presso il Tar del Lazio, è accaduto qualcosa di diverso.
Infatti, nel processo svoltosi a Roma, al TAR del Lazio,si è costituita la Presidenza del Consiglio dei Ministri che per mano dell' Avvocatura Generale dello Stato ha richiesto in una nota, comunicata la sera precedente l'ultima udienza del processo (il 28 settembre), il rigetto di tutti i ricorsi presentati dai medici, contro il suo stesso interesse, potremmo dire!
Un fatto, questo, che pur essendo stato presentato come "rituale" ha di fatto politicamente fatto emergere un atteggiamento diverso, forse dovuto al ruolo svolto dal presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, nelle sue alleanze politiche a sostegno del governo in carica? Difficile confermarlo, nella sottile trama tra la forma rituale del processo ed i segnali necessari alle forze politiche in campo. Sta di fatto, che entrambi i procedimenti hanno evidenziato l'esigenza di avere un supporto giuridico e formale per poter correre a bandire le gare per l'acquisto dei vaccini antinfluenzali, di cui l'inserimento dell'obbligo e la connessione con la pandemia in corso andavano a fornire strumenti per giustificare l'esigenza sia dell'acquisto urgente che del maggior quantitativo. Sono state così acquistate 2,4 milioni di dosi vaccinali, sulla base di un ordine, ora dichiarato annullato dai tribunali regionali e che, probabilmente, prevederà anche una verifica da parte della Corte dei conti sulla reale esigenza. Tanto più che l'opposizione al provvedimento, da parte dei medici ricorrenti, non è stata basata solo sulla illegittimità della competenza e del potere, ma anche sulla opportunità della scelta di politica sanitaria. Infatti, nelle relazioni medico-scientiche depositate, si pone il dubbio della bontà del ricorso al vaccino antinfluenzale in modo massiccio in concomitanza della pandemia, sottolineandone perfino i potenziali rischi per la salute dei medici. Una istanza questa che non è stata affrontata nel testo della sentenza, ma che è indirettamente richiamata da giudizio, quando gli estensori della sentenza TAR del Lazio scrivono che mentre le sanzioni previste dall'ordinanza regionale che sospenderebbero i medici inadempienti da loro servizio sono sempre in capo allo Stato, "esisterebbero anche altre strade per evitare il decongestionamento delle strutture sanitarie, strade che potrebbero rientrare nell'alveo delle competenze regionali costituzionalmente accordate come il potenziamento del tracciamento, intensificazione dei tamponi e maggiore sviluppo della medicina di prossimità". Tutte attività che non violerebbero le competenze statali, nè "l'attrazione in sussidiarietà", ovvero la Regione non può esercitare una competenza statale per risolvere problemi regionali, laddove è lo stato centrale ad attrarre competenze regionali per affrontare questioni di livello nazionale.