Il Boost della Difesa per Rilanciare l’Italia Post-COVID
Nella congiuntura storica post COVID-19 un ruolo preminente può e deve essere giocato dall’industria Navale, dell’Aerospazio, Difesa e Sicurezza (AD&S), uno dei settori strategici del Sistema Paese Italia.
Occorre anzitutto considerare che il comparto genera una ricchezza pari a 13.5 mld di euro, circa lo 0.65% del PIL italiano. Il dato più rilevante è rappresentato indubbiamente dall’elevato moltiplicatore economico di Leontief, uno dei parametri chiave facenti parte dell’Analisi Input-Output elaborata dal Nobel per l’economia americano (di origini russe) Wassily Leontief.
Infatti i dati relativi al valore aggiunto diretto prodotto dal settore AD&S parlano di una cifra prossima ai 4,5 miliardi di euro. L’ammontare arriva a circa 12 miliardi se si calcola il valore aggiunto totale, comprendente anche l’indiretto (4,5 miliardi) e l’indotto (2,5 miliardi). Ne risulta dunque un moltiplicatore economico delle imprese del settore pari a 2.6, ben il 71% in più rispetto alla media dell’economia italiana.
Questo significa che per ogni euro di valore aggiunto creato dal settore AD&S, si genera ulteriori 1.6 euro di valore aggiunto nell’economia del Sistema Paese “attivando” quindi un’intera catena economica su scala nazionale.
Il comparto è altresì caratterizzato da un alto moltiplicatore occupazionale, pari a 3.6. Esso risulta essere fra i più alti in Italia (ricordiamo che il settore automotive è fermo a 2, quello del turismo ad 1.5). In sostanza questo significa che ogni 100 occupati AD&S si attiva 260 posti di lavoro aggiuntivi nell’economia nazionale. Nel suo complesso, l’industria dà lavoro a 45.000 persone (5% del totale europeo del settore). Se poi si considera anche l’occupazione indiretta (73.041 lavoratori) e indotta (41.289 persone), si raggiungono le 159.000 unità.
Di conseguenza investimenti statali mirati e non dispersivi in materia di Difesa e Sicurezza equivalgono ad un’attivazione ed immissione subitanea di denaro e ricchezza nel circolo dell’economia reale del Paese.
Significative a tal proposito le recentissime dichiarazioni di Antonio Tajani di FI:
"È necessario un aumento degli investimenti per aiutare il sistema dell’industria della difesa, che ha qualità tecnologiche altissime e deve essere valorizzata al massimo. Questo comporta la necessità di avere una visione strategica, mancata in questi ultimi anni, per avere un ruolo, in ambito europeo, non secondario rispetto a quello di Francia e Germania. Insomma, se vogliamo contare di più, dobbiamo spendere di più nella difesa". Peccato che, una volta al potere, le forze politiche non hanno mai fatto seguire i fatti alle dichiarazioni. Dichiarazioni quindi derubricabili a mere parole volte ad aumentare il consenso elettorale tra le categorie lavoratrici e imprenditoriali citate. Non dimentichiamo che solo nel 2019 il bilancio inerente la funzione difesa è tornato ai valori nominali del 2008, quindi, considerando l’inflazione, cioè la conseguente perdita di potere d’acquisto, a valori reali sotto ancora di quasi 2 miliardi rispetto allo stesso 2008.
Una caratteristica peculiare del comparto AD&S è l’alta propensione all’export: circa il 70% del valore generato (13.5 miliardi) è destinato ad essere immesso sul mercato internazionale. Non dimentichiamo che l’Italia è sesta al mondo per valore cumulato dell’export di strumenti e tecnologie per la Difesa nel periodo 2009-2018. Va registrato ad onor del vero un trend ribassista che vede le esportazioni in materia di Difesa ferme a poco più di 5 mld (per il biennio ’18-’19) dopo i 14.6 riscontrati nel 2016.
L’elevata esportabilità delle tecnologie AD&S comporta:
- L’intessitura di relazioni strategiche con i Paesi acquirenti funzionali alla generazione di alleanze industriali (programmi congiunti di ricerca e sviluppo, consorzi ecc.) e/o geopolitiche (ad es. mitigazione di tensioni, funzione deterrente ecc.).
- La creazione di una dipendenza tecnico-logistica oltre che una conoscenza dettagliata degli asset militari interessati dalla vendita, il che ovviamente arreca un notevolissimo vantaggio competitivo in caso estremo di conflitto, sia esso “caldo” o “freddo”.
Relativamente al primo macro-vantaggio, esso risulta tanto maggiore quanto più lo Stato Italiano intercetta il canale comunicativo che si instaura tra la generica azienda AD&S italiana e lo Stato Estero acquirente (in particolare il proprio Ministero della Difesa). Evidentemente si sta parlando del G2G, tematica già affrontata in dettaglio nel precedente articolo MR L'Importanza strategica, geopolitica delle partecipate statali. Parte seconda: Leonardo.
Gli accordi "Government to Government", noti anche come G2G, sono strumenti di politica industriale che consentono la vendita di beni e servizi da Governo a Governo e si concretizzano attraverso la firma di un contratto tra esponenti dei rispettivi Governi. Si tratta di una formula di vendita alternativa alla più comune "Business to Government" (B2G), cioè tra imprese private e Governo.
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Nel settore della Difesa e Sicurezza, il G2G è utilizzato per l'implicita garanzia politica in termini di stabilità di relazione e semplificazione gestionale, con numerosi vantaggi per tutti gli attori interessati, ovvero Stato Acquirente, Stato Fornitore ed Industria nazionale. Fungendo da garante, l’Amministrazione si assumerà la responsabilità dell’esecuzione degli accordi, gestendo direttamente la vendita dei sistemi in questione.
Questa forma di supporto governativo, già prevista dai più importanti Paesi europei (UK, Francia, Svezia oltre ovviamente a USA) e fortemente rivendicata dal comparto nel corso di un’audizione parlamentare di Alessandro Profumo (AD di Leonardo), è stata rinforzata dal comma 1 dell’articolo 55 del decreto fiscale N° 124/2019:
“Il Ministero della Difesa, nel rispetto dei principi, delle norme e delle procedure in materia di esportazione di materiali d’armamento di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185, d’intesa con il Ministero degli Affari esteri e con il Ministero dell’Economia e delle finanze, al fine di soddisfare esigenze di approvvigionamento di altri Stati esteri con i quali sussistono accordi di cooperazione o di reciproca assistenza tecnico-militare, può svolgere tramite proprie articolazioni e senza assunzione di garanzie di natura finanziaria, attività contrattuale e di supporto tecnico-amministrativo per l’acquisizione di materiali di armamento prodotti dall’industria nazionale anche in uso alle Forze armate e per le correlate esigenze di sostegno logistico e assistenza tecnica, richiesti dai citati Stati, nei limiti e secondo le modalità disciplinati nei predetti accordi.”.
La novità assoluta del decreto fiscale risiede proprio nel ruolo preminente che lo Stato potrà avere nell’ambito delle trattative e delle “…attività contrattuale”.
Lo stato dell’arte dello strumento G2G, ça va sans dire, non contempla ancora un coordinamento strutturato fra Industria e Difesa e questo rappresenta attualmente un grande limite per il comparto AD&S. Tale lacuna, messa a nudo di recente da Enzo Benigni (Presidente ed AD di Elettronica) così come da Giuseppe Bono (AD di Fincantieri) dovrà essere colmata prima possibile con l’istituzione di un Comitato Strategico, una cabina di regia in grado di plasmare la visione ed orientare le scelte dei Piani Industriali delle principali imprese del settore. Insomma, il G2G dovrà essere ulteriormente potenziato al fine di elaborare un Programma Nazionale per le Esportazioni della Difesa, un piano che, partendo da una disamina approfondita dei principali mercati disponibili, pilota sapientemente i CdA al fine di incrementare la produzione per l’export e conseguentemente aumentare l’autorità di controllo degli equilibri geopolitici assegnabile al nostro Paese.
Un ulteriore dato significativo del comparto Aerospazio e Difesa riguarda gli investimenti in ricerca e sviluppo, che oggi ammontano a 1,4 miliardi di euro, cifra nell’intorno del 10% sia in termini di investimenti complessivi delle imprese italiane in R&D sia di ricavi complessivamente registrati. Ciò si traduce in un significativo aumento del capitale tecnologico italiano che, a partire dalle industrie della Difesa, si dipana a tantissimi altri settori, anche, e soprattutto, in ambito civile. Cionondimeno, un numero molto alto di addetti qualificati (operai specializzati, ingegneri ecc.) contribuisce a rafforzare il cosiddetto “Capitale Umano” di punta del Sistema Italia.
Ben venga dunque il recente intervento dello Stato (non senza lacune) atto ad incrementare la protezione degli asset industriali portanti del Sistema economico, fra cui l’AD&S. Si sta parlando del Golden Power.
Grazie al Golden Power l’esecutivo ha la facoltà di opporsi all’acquisto di determinate partecipazioni o comunque di dettare delle specifiche condizioni in merito, e può altresì apporre veti sull’adozione di particolari delibere aziendali.
Il fine è quello di salvaguardare, tutelare gli assetti proprietari delle società operanti in settori strategici, evitando scalate di società estere che potrebbero avvicinarsi alle aziende tricolore per comprarle a prezzi di saldo. Insomma, squarciare il velo dell’ipocrisia per iniziare a considerare la Difesa nazionale (con tutte le sue articolazioni industriali) un asset, un bene prezioso, una risorsa per la nostra sicurezza non solo territoriale, ma anche economica e industriale, non uno sterile costo ed un i capriccio ideologico da guerrafondai… Trattasi di un passo fondamentale, seppur arduo, visto e considerato il retaggio culturale che ci caratterizza, quest’ultimo padre di quel sentimento popolare che sovrappone velocemente i sistemi d’arma ai conflitti, ai morti sul campo; insomma la consueta, recidiva e squalificante Reductio ad Hitlerum che contraddistingue il perbenismo più orripilante.
“For this reason, we need to involve the entire country in a broader debate on defense. Our citizens should be persuaded that there is a piece of Italy’s competitiveness in the industry and that maintaining procurement programs equals preserving our capacity to defend the nation and the system of alliances we are part of. From this perspective, the JSF Programme, which started twenty years ago, made a 5th generation aircraft—the top tier of what is available today—available to our Armed Forces.” (Lorenzo Guerini, attuale Ministro della Difesa nel Governo Conte-bis)
Un ruolo decisivo può (e dovrebbe) essere giocato dalla comunicazione: lungi dal promuovere meschine, orwelliane e propagandistiche campagne mediatiche d’indottrinamento, una sana iniziativa pedagogica è altresì fortemente auspicata.
Altro tema di fondamentale importanza risulta essere l’integrazione della Difesa. Alla luce delle recenti intenzioni trumpiane di riduzione dell’impegno militare statunitense nella NATO (richiamo delle truppe US dalla Germania), il tema della condivisione e del coordinamento a livello europeo naturalmente assume una maggiore rilevanza. È il segnale di un mutamento strategico che vede Washington sempre più orientata ad incanalare risorse e sforzi nel macro conflitto geopolitico con la Cina di Xi-Jinping. Una mossa che potrebbe essere diversamente interpretata come un invito (neppure tanto velato) al rafforzamento dell’Unione, soprattutto in termini militari, più che politici.
Il coordinamento militare e la condivisione economica ad esso funzionale come basi per l’autonomia europea e la duratura complementarità NATO-UE. L’Europa Unita, in una dimensione che trascende quella meramente monetaria dei giorni nostri, e l’Alleanza Atlantica come orizzonti non solo economico-militari, ma anche e soprattutto valoriali.
Dal punto di vista della condivisione economica, la recentissima proposta avanzata dall’esecutivo europeo guidato dalla von der Leyen sembra rappresentare una svolta (svolta annunciata nel 2016 dall’ex-presidente Juncker): 8 miliardi allocati al fondo europeo per la difesa (EDF) nella cornice del Multiannual Financial Framework (MFF) 2021-2027. Trattasi di un valore più basso in confronto a quello precedentemente annunciato (circa 11.5 mld) ma sembrerebbe cementificarsi via via il desiderio comune di un maggiore sforzo allocativo.
Così, dopo gli step preparatori della precedente gestione Juncker (MFF 2014-2020), ossia PADR ed EDIDP, è la volta del fondo europeo per la difesa, una novità assoluta all’interno del budget europeo. L’EDF sarà il pilastro su cui poggiare l’autonomia dell’industria della Difesa europea, come si può leggere dal sito web dell’ASD, l’associazione europea delle aziende del comparto AD&S, analoga continentale dell’AIAD, alla cui presidenza c’è Eric Trippier, Presidente ed AD di Dassault Aviation:
“The EDF is intended as an instrument to strengthen the competitiveness and the innovation of the European Defence Technological and Industrial Base (EDTIB), thereby contributing to the EU's strategic autonomy. Its main goal is to boost cooperation at each stage of the industrial cycle through the necessary incentives to trigger cooperative research and development programmes.”
Alquanto deficitario risulta invece essere il coordinamento militare operativo, i cui effetti nefasti sono sempre più evidenti soprattutto nel teatro libico. Mosca ed Ankara hanno ormai acquisito il pieno controllo della regione: Putin ed Erdogan giocano abilmente e sapientemente, spostando le pedine (al-Serraj ed Haftar) sullo scacchiere a proprio piacimento con il fine ultimo di governare “energeticamente” uno dei principali hub al servizio dell’Europa.
La missione miliare IRINI, seguito operativo della Conferenza di Berlino, è stata implementata lentamente e poco efficacemente, mostrando palesemente i limiti dell’integrazione militare a livello europeo.
L’Unione Europea sta rischiando di farsi imporre regolarmente da altri dei fatti compiuti e di perdere notevolmente potere di indirizzo e capacità gestionale delle tante crisi (come quella libica) che affollano il quadrante mediterraneo. La marginalizzazione estrema della Difesa europea nuoce gravemente alla salute economica dei colossi energetici del Vecchio Continente (ENI per il Sistema Italia). Occorre intervenire, presto.