Mentre noi non facciamo altro che a pensare al virus, come se tutto il resto si fosse fermato, il mondo inteso nella declinazione geopolitica, continua ad andare avanti, e in maniera sempre più inquietante. Sarraj oramai, in cambio della sua sopravvivenza, è costretto a un abbraccio sempre più mefistofelico con la Turchia, nostra avversaria in Eastmed ma anche in prospettiva in Libia dove potrebbe usare contro di noi non solo l'arma dell'immigrazione, ma anche quella della minaccia aile nostre fonti energetiche, anche off shore, libiche. Il commento di Yasar Yakis, ex Ministro degli Esteri turco su Arab News (che è pubblicato in Arabia Saudita, paese sul fronte opposto a quello turco almeno in Libia) (1) non è sicuramente super partes e va preso con le pinze, ma fa capire la degenerazione che si ha in Libia e i pericoli anche per noi.
Pur essendo cofondatore del AKP è stato estromesso assieme all'ex presidente Gul per le critiche rivolte alla repressione delle manifestazioni al parco Gezi e alle interferenze turche nella politica siriana. Yakis rivela che i mercenari al servizio della Turchia sono pagati 2000 dollari al mese, 3000 gli ufficiali, e se feriti hanno diritto a un'indennità di 3300 dollari. Tenendo presente che inn Siria venivano pagati 100 dollari al mese, è un bel salto di qualità.
Tutte e due le fazioni combattono con ampio uso di mercenari e oramai sono divenute ostaggio di una guerra per procura. (con Haftar combattono 3000 sudanesi e circa un migliaio di russi del gruppo Wagner che però sembrano oramai essersi allontanati dal fronte con l'intiepidirsi dell'appoggio russo a Tobruk) Erdogan ha riempito la Libia di mercenari tagliagole provenienti dal fronte siriano, ex militanti di Al Qaeda ,Daesh, Al Nusra, Fratelli Musulamani ecc, tra i principali esecutori di molti degli eccidi in Siria, soprattutto verso i Curdi. Truppe talmente irrequiete che hanno già creato grossi grattacapi agli ufficiali turchi dai quali sono stati addestrati, e agli stessi libici, da cui anche sporadiche scaramucce. Uno dei principali fattori (non l'unico) del rallentamento delle operazioni di riconquista di Tarhuna è stata proprio la indisciplina di questa soldataglia. Ci sono state anche molte diserzioni e tentativi di imbarco per l'Europa, di elementi, appunto, radicali e radicalizzati. Dall'altra parte c'è un Haftar che avoca a se tutti i poteri della parte orientale della Libia e che in pratica attua una specie di golpe bianco anche verso il parlamento di Tobruk, temendo l'indebolimento del suo potere a causa della sua politica militare disastrosa e piena di insuccessi. Significativa comunque, come già accennato, è la presa di distanza di Mosca dalla mossa di Haftar, che fino a ora ha sostenuto, originata però già prima proprio dell'inaffidabilità ( e delle scarse capacità)del dittatore. Oltretutto ci sarebbe il pericolo di uno scontro diretto tra Turchi e Russi con il conseguente inasprirsi delle relazioni tra i due paesi che potrebbe minare anche gli accordi in Siria e in generale nel Medio Oriente.Lo stesso Egitto, nonostante a prima vista la nota pubblicata sia di appoggio al LNA in realtà non nomina mai Haftar, ma l'entità della Libia orientale nel suo complesso e appoggia una soluzione diplomatica, nonostante Haftar abbia rigettato gli accordi del 2015 reiterando la volontà di conquistare Tripoli. L'Egitto si rallegra soprattutto per quello che ha più a cuore, cioè la lotta al "terrorismo" leggi agli odiati e temuti Fratelli Musulmani che sostengono il governo Serraj. Cresce il fondato sospetto che se si trovasse una soluzione al pericolo (secondo l'Egitto) di trovarsi i Fratelli Musulmani al confine, questo sarebbe ben contento di ridurre l'impegno verso l'autoproclamato generale libico.
Tutto questo accade anche grazie alla passata (ma anche attuale) indecisione italiana, al suo spirito rinunciatario e tremebondo.Per non intervenire in passato con decisione si è spianata la strada a una estenuante guerra per procura a un passo dai nostri confini meridionali che minaccia i nostri interessi strategici.
In questo momento però si iniziano inaspettatamente a delineare degli spiragli che potrebbero rimetterci in gioco per attuare una politica riequilibratrice e vicina ai reali interessi anche del popolo libico, non solo nostri. L'Arabia Saudita, sponsor di Haftar, si trova sempre più in difficoltà, sia nello Yemen, dove ha proclamato una tregua unilaterale, sia internamente, dove il drastico calo del prezzo del petrolio procurerà danni ingenti alle sue capacità di finanziamento di guerre per procura.(significativo il fatto che il budget per la difesa del paese, uno dei più alti del mondo rispetto sia al PIL, più del 8% sia in assoluto, il quarto o terzo posto al mondo, a seconda delle fonti, viene per la prima volta ridotto) Oltretutto 150 membri della famiglia Reale si troverebbero attualmente positivi al virus, secondo indiscrezioni. Contemporaneamente probabilmente non riuscirà a finanziare, come ha fatto, lo stesso Egitto, che paradossalmente si troverà meno ricattabile e dipendente dallo scomodo "alleato". Nel contempo la vendita di due fregate all'Egitto da parte dell'Italia e la possibile acquisizione di altro materiale per la difesa dell'ordine svariati miliardi, la sempre maggiore collaborazione per lo sfruttamento degli enormi giacimenti di gas egiziano, accentuerà sempre più l'interdipendenza tra i due paesi e la convenienza ad attuare politiche coordinate. La contemporanea vendita al Qatar(che sostiene Serraj al fianco della Turchia) di un'intera flotta con strutture portuali connesse, potrebbe farci favorire un avvicinamento tra questi paesi che in Libia stanno sui fronti opposti e tentare di raggiungere una soluzione.Un primo passo sarebbe proprio quello di favorire un cambio di potere a Tobruk e promuovere personaggi meno compromessi ed impresentabili del'attuale Haftar. Resterebbero gli Emirati, la cui politica si discosta sempre di più da quella saudita, anche nello Yemen, e si avvicina a quella degli interessi cinesi. Infatti l'obiettivo emiratino sarebbe quello di creare e controllare una serie di strutture portuali che possano fare da basi logistiche alla Via della Seta, da Aden (in cui ha preso il potere una fazione vicina agli Emirati stessi, ma rivale del governo appoggiato dai Sauditi) fino a Bengasi, Sirte e in prospettiva Tripoli. Insomma, tentano di prepararsi a un'economia mondiale meno dipendente dal petrolio puntando appunto sulla logistica e gli hub dei traffici commerciali. Ma con le mosse suddette, con nuove e inedite alleanze da noi favorite, con un'intenzione di relativo potenziamento della nostra flotta che mostrerebbe la nostra decisione a non lasciarci dominare dagli eventi, si riuscirebbe a isolare gli emiratini che perderebbero appunto di influenza sul LNA (di Haftar) e favorire una pacificazione e sistemazione istituzionale della Libia in funzione di un aumento della stabilità nel bacino del Mediterraneo, per noi fondamentale.
1 https://www.arabnews.com/node/1661616?fbclid=IwAR0_teJcidTWIcyATOWZU_ioAIKm6CAmES7t7Oqz42fkjLnBeypC_XqYehw