Segue un articolo dal titolo “Importiamo, ma non produciamo più. Il trucco di Berlino che ci ha fregato”, pubblicato da “La Verità” (http://www.laverita.info).
Fabio Dragoni: «L'Italia fuori dall'euro, visto il nostro apparato industriale, poteva fare paura a molti, incluse Francia e Germania che temevano le nostre esportazioni prezzate in lire. Ma Berlino ha consapevolmente gestito la globalizzazione: le serviva un euro deprezzato, così oggi è in surplus nei confronti di tutti i Paesi, tranne la Russia da cui compra l'energia. Era un disegno razionale, serviva l'Italia dentro la moneta unica proprio perché era debole». Vincenzo Visco nel maggio del 2012 in un'intervista al Fatto Quotidiano. Parole dal sen fuggite?
Due anni più tardi, 6 maggio 2014: la tedesca Ska Keller - leader dei Verdi - viene intervistata in televisione a Ballarò. Queste le sue testuali parole: «Se la Germania lasciasse l'euro perderebbe moltissimi posti di lavoro nel settore delle esportazioni perché nessuno comprerebbe più i prodotti carissimi tedeschi». Facciamo finta di nulla? Theo Waigel, ex ministro delle finanze tedesco, 10 luglio 2016: «Se la Germania oggi uscisse dall'unione monetaria allora avremmo immediatamente, il giorno dopo, un apprezzamento tra il 20 e il 30 per cento del marco tedesco che tornerebbe nuovamente in circolazione. Chiunque si può immaginare che cosa significherebbe per le nostre esportazioni, per il nostro mercato del lavoro, per il nostro bilancio federale. Invece con un'uscita dall'euro e un taglio netto del debito la crisi interna italiana finirebbe di colpo».
Se tre indizi fanno una prova, tre campane all'unisono dovrebbero convincere chiunque a porsi questa domanda: non sarà che l'euro altro non è che una partita truccata da Berlino? Per rispondere è sufficiente consultare il database Ameco, l'archivio dei dati statistici dell'Unione europea.
Nel 1993 l'Italia era da poco uscita dal sistema monetario europeo. Dopo aver bruciato invano migliaia di miliardi di riserve valutarie per difendere un insostenibile cambio fisso. In quattro anni di cambio flessibile la nostra bilancia commerciale (differenza fra esportazioni e importazioni) riprende a correre. Praticamente raddoppia, passando dall'equivalente di poco più di 17 miliardi a circa 34 miliardi. Una spinta formidabile alla nostra industria e ai nostri distretti. E il bilancio dopo circa 18 anni di euro qual è? Oggi il nostro surplus commerciale è pari a circa 52 miliardi. Il nostro export è cresciuto, ma siamo arrivati a questo punto attraverso una strada tortuosa e dolorosa. Dal 1999 al 2010 l'Italia si è praticamente trasformata da Paese esportatore in importatore. La bilancia commerciale, dal segno più, è andata in territorio negativo. Cumulando un deficit complessivo di circa 80 miliardi.
In realtà non c'è da sorprendersi. Avendo in tasca una moneta artificialmente forte, diventa più allettante per il consumatore acquistare prodotti fatti all'estero (pensate ai mobili di Ikea); e diventa più conveniente per i nostri imprenditori delocalizzare all'estero fasi intermedie del ciclo produttivo. Comprare è più economico che produrre. Con tutto ciò che ne consegue in termini di deindustrializzazione, chiusura di impianti e aumento di disoccupazione.
Oggi la nostra bilancia commerciale è tornata nuovamente in surplus, per oltre 50 miliardi di euro. Ma per arrivare a questo punto è stata selvaggiamente distrutta la domanda interna a suon di tagli e tasse. Come del resto candidamente ammesso nel 2012 dall'allora premier Mario Monti in un'intervista alla Cnn. Praticamente abbiamo ridotto le importazioni, abbattendo drasticamente i consumi delle famiglie. Come abbassare la febbre mettendo il paziente dentro una cella frigorifera. Oggi il nostro surplus commerciale è il 20% circa di quello tedesco. Nel 1996, prima di riagganciare la lira al sistema monetario europeo, eravamo a oltre il 60%. Ma ciò che più deve far riflettere su quanto questa partita sia stata «truccata» in favore di Berlino è l'entità del suo surplus commerciale. Circa 250 miliardi di euro. L'intera eurozona, escludendo Berlino, fa invece un surplus di appena 55 miliardi. Poco più del 20%. Con il piccolo dettaglio che l'intera eurozona, senza la Germania, ha un Pil che è due volte e mezzo quello tedesco.
Mi raccomando, veniteci poi a dire che la moneta non conta.»