Segue un articolo pubblicato da “Market Watch” (http://www.marketwatch.com/) dal titolo “Con una moneta parallela l’economia italiana potrebbe decollare”, tradotto e rilanciato da “Voci dall’Estero” (http://vocidallestero.it/).
Matthew Lynn: «Le invenzioni italiane nel corso dei secoli sono state straordinarie. Il giornale. La pistola. La radio. La borsa. L’autostrada. E come trascurare quegli elementi basilari della vita moderna che sono i jeans (originariamente dalla parola francese per Genova: genes) o la pizzeria.
Pochi altri paesi hanno contribuito altrettanto a dare forma al mondo in cui viviamo.
Adesso l’Italia potrebbe essere sull’orlo di un’altra innovazione importante. Una valuta parallela da affiancare all’euro. Ha già avuto l’appoggio dell’ex primo ministro Silvio Berlusconi, e i partiti che la sostengono sono in crescita costante nei sondaggi.
Potrebbe funzionare? L’establishment dell’economia mainstream senza dubbio disprezzerà l’idea. Eppure, in realtà, una valuta parallela potrebbe offrire un’elegante via d’uscita dall’euro, mantenendo alcuni dei vantaggi della moneta unica e liberando il paese dalla recessione senza fine. Se l’Italia prendesse questa strada, potrebbe rapidamente diventare una delle economie più attrattive del mondo.
È difficile trovare parole per descrivere l’esperimento italiano di fusione della propria moneta con la Germania, la Francia e il resto dell’eurozona, se non come “penoso fallimento”. Dall’adozione dell’euro, il tasso di crescita medio annuo dell’Italia è stato pari a zero, secondo i calcoli dell’Istituto Bruegel. Avete letto bene. Assolutamente niente, in quasi due decenni.
In confronto, la Spagna ha avuto una crescita di 1,08%, la Francia 0,84% e la Germania 1,25%.
Il tasso di disoccupazione dell’Italia è un rovinoso 11%, il più alto delle tre economie più grandi d’Europa (in pratica la disoccupazione in Italia appare ben maggiore, ndVdE), e la disoccupazione giovanile è uno spaventoso 35%. Il debito pubblico è salito al 133% del prodotto interno lordo, non perché il governo sia particolarmente stravagante, ma perché questo è ciò che succede in un’economia a crescita zero.
Il suo sistema bancario è vicino al crollo e il tasso di povertà è in rapido aumento. Sarebbe difficile trovare un record peggiore di questo.
Certo, l’economia italiana sta andando leggermente meglio quest’anno. La crescita è arrivata fino all’1% e il mercato azionario ha avuto un rimbalzo. Ma con un solo punto percentuale dopo anni di recessione, e con l’aiuto di più di duemila miliardi di euro stampati dalla Banca Centrale Europea, non c’è nulla da festeggiare. La prospettiva a lungo termine rimane cupa.
Sullo sfondo, in Italia comincia ad avere luogo un affascinante dibattito, non sull’uscita dall’euro, ma sull’introduzione di una valuta parallela.
Il suo principale sostenitore è l’ex primo ministro Silvio Berlusconi, che, nonostante i suoi numerosi fallimenti - come Donald Trump - continua a ripresentarsi sulla scena. In un’intervista a Libero Quotidiano ha sostenuto che una moneta parallela accanto all’euro sarebbe, a suo avviso, pienamente coerente con i trattati esistenti nell’UE e nella zona euro. Le imprese e i consumatori, e ovviamente il governo, potrebbero quindi scegliere quale moneta utilizzare per fare affari.
Come sottolinea Berlusconi, quest’idea non è molto lontana dall’idea della Lega Nord di una mini valuta che sarebbe utilizzata per pagare le imposte, i contributi sociali e così via [sui cosiddetti MiniBot, vedi qui, ndVdE]. Il partito di centro-destra di Berlusconi e la Lega Nord messi insieme, secondo i sondaggi, rappresentano il 30% dell’elettorato. Con il Movimento 5 Stelle anch’esso critico verso l’euro, è assolutamente possibile che l’Italia possa sperimentare un nuovo tipo di moneta nei prossimi anni.
L’Italia non è il primo paese che ha pensato a quest’idea. L’ex ministro greco delle finanze, Yanis Varoufakis, nel 2015 aveva ventilato per il suo paese l’idea di una valuta parallela da affiancare all’euro.
Ma potrebbe effettivamente funzionare nella pratica? La maggior parte degli economisti probabilmente affermerebbe il contrario. Nessuno vorrebbe accettare le nuove banconote e monete. Non ci sarebbe nessuno disponibile a scambiarle, facendone crollare il valore e rendendole ancor meno attraenti. Non ci sarebbe una banca centrale a gestire la nuova moneta, e le banche potrebbero non essere nemmeno disposte ad accettare depositi denominati nella nuova unità. Potrebbe diventare del tutto irrilevante molto rapidamente.
Sono tutte obiezioni valide. Eppure è ben lungi dall’essere un’idea ridicola. Se la nuova moneta fosse sostenuta dal governo, avrebbe una immediata circolazione e credibilità - e dato che lo Stato italiano rappresenta circa il 40% del PIL, quasi la metà dell’economia opererebbe con la nuova unità monetaria sin dal primo giorno.
Supponendo che essa si svaluterebbe notevolmente nei confronti dell’euro e supponendo che la maggior parte dei salari verrebbe pagata nella nuova unità, ci sarebbe una svalutazione competitiva immediata verso il resto della zona euro. I prezzi sarebbero probabilmente fissati in entrambe le valute, come accade nelle regioni frontaliere, creando un giro d’inflazione nella nuova valuta. Ma questo potrebbe risolversi molto rapidamente. La svalutazione riporterebbe la competitività e farebbe di nuovo crescere l’economia.
Le grandi imprese potrebbero ancora utilizzare l’euro all’interno, e così i mercati finanziari. Ma l’euro potrebbe anche gradualmente scomparire dalla vita quotidiana italiana.
L’Italia non deve necessariamente andare così male in economia. Dal 1961 al 1980 la sua economia è cresciuta a un tasso medio del 4,16%, leggermente dietro la Spagna e molto più veloce della Francia o della Germania. Il mondo ama la roba italiana: l’Italia è stata spesso leader mondiale non solo nella pasta e nel gelato (che pure sono parecchio buoni), ma anche nella progettazione, nella tecnologia, nei media e nelle arti.
In realtà, è stata frenata negli ultimi 17 anni dalla decisione di passare a una moneta dominata dalla Germania, per la quale non era preparata e a cui non si è mai adattata con successo. Una volta che questa decisione è stata presa, è difficile innestare la marcia indietro. Difficile, ma non impossibile.
Una valuta parallela sarebbe una ingegnosa via di fuga. Può accadere o meno - e sicuramente non c’è da scommetterci nel brevissimo termine. Ma se accadesse, il dinamismo represso dell’Italia potrebbe scatenarsi molto rapidamente - e al primo segnale del lancio effettivo della nuova moneta, gli investitori intelligenti dovrebbero comprare il più rapidamente possibile.»