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Segue un articolo di Maurizio Blondet dal titolo  “La Francia bombarderà la Siria. E lo strano gioco della UE”, pubblicato sul suo sito (http://www.maurizioblondet.it/). 

Maurizio Blondet: «Di punto in bianco, Emmanuel Macron ha voluto far sapere, in una grandiosa intervista congiunta a Le Figaro, Le Temps, Le Soir, Süddeutsche Zeitung, The Guardian, Corriere della Sera, El Pais et Gazeta Wyborcza, che la Francia non esiterà a bombardare la Siria anche da sola, “se avverrà che armi chimiche siano utilizzate sul terreno”, allo scopo di “distruggere i magazzini di armi chimiche”. Anche da  sola ‘intende che la Francia  sarà perfettamente allineata agli Stati Uniti”. Ovviamente. E’ in preparazione un false flag?
Ci risiamo. Come Hollande, Macron va alla guerra in Siria?  Per preparare l’opinione pubblica, ha attivato già la dovuta propaganda. La  televisione  La Chaine Parlamentaire (LCP),  rete  in mano al potere statale, ha  diffuso un servizio dal titolo significativo: “Siria, la rivoluzione confiscata”: dove i terroristi mercenari pagati dai sauditi sono dipinti come i combattenti per la libertà, secondo la vieta finzione che non dovrebbe ingannare più nessuno. Dove si parla dei “forni crematori per  nascondere i massacri del regime” (Assad commette  l’Olocausto, bisogna per forza intervenire) e si  proclama: “Assad e Daesh, due barbarie  che si completano!”.
Per qualche motivo, i media  invece  danno importanza ad  una frase di Macron, “la  destituzione del presidente siriano Bashar Al Assad non è più condizione preliminare a tutto”,  senza coglierne il significato ambiguo. “Assad non è nemico nostro, è nemico del suo popolo”.
Che truppe francesi siano presenti in Siria, ad operare di nascosto contro Assad (dunque per Daesh), l’ha ammesso la sua ministra francese della Difesa, Sylvie Goulard, in tv. Decisamente, l’America non accetta di aver perso. In Siria non era riuscita ad impedire alle truppe siriane di raggiungere il confine con l’Irak. Non può rassegnarsi, anche perché glielo chiede Sion: “bisogna forzare  le forze pro-governative siriane dalla città strategica di Al Tanf  ed impedir loro di prendere il controllo  della strada veloce che unisce Damasco, Baghdad e Teheran. Perché ciò significherebbe che l’Iran può  convogliare direttamente armamento alle forze siriane” (e a Hezbollah).
E’ a questo scopo che il Pentagono ha piazzato ad Al Tanf, dove ha piazzato una base di “ribelli” e suoi commandos, e che le forze siriane  stavano riconquistando, il suo formidabile lanciarazzi mobile HIMARS. “E’ un messaggio chiaro a Mosca e Damasco”; dice Alekxey  Klebnikov, esperto del Medio Oriente al Consiglio russo degli affari internazionali: “gli Usa non lasceranno il controllo delle frontiere siriane con l’Irak e la Giordania alle forze iraniane e pro-governative”. L’HIMARS è un’arma  estremamente temibile”può devastare ettari di terreno, e non solo annientare gli effettivi dell’avversario, ma spargere mine anticarro e anti-uomo. E’ un’arma di genocidio efficace ed economica”. Che la Russia può neutralizzare sì, ma solo distruggendo l’automezzo  che  porta i razzi quando sta per tirare. Intercettare queste volate di razzi non-guidati con missili dei sistemi antimissile sarebbe insensato,  perché costano molto più dei razzi che neutralizzerebbero. Quindi, si tratterebbe di impegnare gli americani in uno scontro diretto.
E’ per questo che Mosca con tanta costanza e moderazione sta cercando un accordo con gli Usa,  coordinandosi con le loro forze, puntando sulla pretesa (finzione) ufficiale secondo cui Washington è lì per combattere i terroristi a Raqqa. Bene,  combattiamoli insieme, dice Mosca.
Macché. Dall’altra parte si è abbattuto un aereo siriano. Poi alle proteste dei russi, si è risposto con la minaccia diretta, in volo, da parte di un caccia Usa, del ministro della difesa Shoigu: gravissima provocazione in stile gangsteristico, che mostra una concezione dei rapporti internazionali di paleolitico.   Ciò che ha obbligato Mosca ad interrompere il coordinamento con le forze statunitensi. L’America è tornata ad essere quello che era ai tempi di Obama, un paese che non tiene fede ai negoziati.  Una politica “distruttiva”; come ha detto Lavrov.
C’è  molto di più in questa ostinazione e rilancio americano. C’è il dispetto perché le forze armate di un piccolo paese “che non produce niente” (Obama) hanno  tenuto in scacco la superpotenza,  c’è l’invidia perché i suoi comandi sono più intelligenti ed abili. C’è la rabbia dei guerrieri da salotto: a  quanto si dice, a volere l’escalation e l’ampliamento del conflitto fino ad attaccare l’Iran direttamente, sono non precisati “alti elementi della Casa Bianca” mentre il ministro della difesa, il generale Mad Dog Mattis, frena e invita alla prudenza.
L’America  non riconosce, non vuol riconoscere alla Russia un ruolo internazionale. Semplicemente perché  il suo Pil è il 12% di quello americano, deve semplicemente sottomettersi. Non è alla pari. Coi prezzi del petrolio tenuti artificialmente bassi, le forze finanziarie Usa  pensano che la Russia si stia dissanguando per mantenere le sue ambizioni militari.  Le nuove e più gravi sanzioni, le  continue provocazioni e sempre maggiori atti di ostilità in Europa, alle frontiere russe, mirano poi a far sentire Mosca “con le spalle al muro” e spingerla ad una reazione militare disperata, che  darà a Washington   la scusa per usare la sua strapotenza militare senza più limiti, e  nello stesso tempo rigettare la colpa morale sull’avversario: un gioco che agli Usa è sempre riuscito, contro la Germania e il Giappone.  Un gioco estremamente pericoloso: soprattutto per noi europei,  che saremmo le vittime di questo confronto con una Russia messa con le spalle al muro.
Pace con la Russia? Per la UE, “scenario da incubo”.
Invece, ecco l’Europa: Macron che provoca e si dice pronto alla guerra.  La UE aggrava le sanzioni. La NATO, le provocazioni armate. Lo European Council on Foreign Relations (quello della Bonino finanziato da Soros) ha emanato un rapporto  dove descrive un miglioramento dei rapporti europei con la Russia come “scenari da incubo”.
Leggetelo, se potete, è agghiacciante.
The great unravelling: four doomsday scenarios for Europe’s Russia policy http://www.ecfr.eu/publications/summary/the_great_unravelling_four_doomsday_scenarios_7301 .
Gli “scenari da incubo” da scongiurare per questi europeisti alla Soros sono  che: “1) L’Europa decida di applicare all’Ucraina l’accordo di Minsk secondo l’interpretazione russa”, 2)  Che l’Europa ceda allo “Ucraine fatigue” ed accetti un altro conflitto congelato ai suoi confini; 3)  che gli Usa [con Trump] si disimpegnino  dall’Ucraina e smetta le sanzioni contro la Russia, gettando nel disordine la politica europea contro la Russia, e 4), un “accordo fra grandi potenze” fra Trump e Putin che consenta alla Russia di riattrarre l’Ucraina nella  sua sfera d’influenza  e frantumi l’unità europea”.
Da qui si capisce bene che l’”unità europea” è oggi fondata sulla piaga aperta Ucraina, e che una soluzione e un miglioramento con Mosca sono visti come un incubo.
L’Ucraina dunque è il centro della crisi, necessaria per tenerci uniti. Ecco perché Mogherini e Merkel, quando parlano a Putin, lo incolpano di violare gli accordi di Minsk laddove è Kiev che palesemente li viola,continuando a bombardare le due province separatiste. Una posizione sempre meno sostenibile, se non in vista di una guerra.
Infatti - non a caso - negli ultimi  giorni   sono avvenuti specifici cambiamenti nella politica di Kiev. Mosca invita  il  regime di Kiev a  “integrare” il Donbass,  riconoscendone l’autonomia e lasciando che vi avvengano libere elezioni?  Insomma riconoscere al Donbass uno statuto giuridico?
Detto fatto: è in preparazione un documento della Rada  (il parlamento) che Poroshenko mostrerà a Trump nel prossimo incontro.
Il territorio del Donbass avrà uno statuto giuridico? Sì, certo: Non più una zona in mano a “terroristi” come l’Ucraina diceva fino ad ora, bensì un “territorio occupato”.  L’Ucraina non combatte  più contro suoi concittadini definiti terroristi, ma contro la Russia,  l’occupante esterno. Si metterà fine alle “operazioni anti-terroristi”, oggi sferrate dalle milizie di estrema destra (da Washington è venuto il suggerimento di farle sparire, sono imbarazzanti) sostituite con la legge marziale sulla zona frontaliera al conflitto. Indire elezioni locali? Volentieri, quando l’armata di occupazione si ritirerà.  Insomma Poroshenko sta cercando di montare la finta trasformazione del conflitto non più interno all’Ucraina, ma internazionale tra Russia e Ucraina. Un trucco  per non attuare gli accordi di Minsk, che non può aver successo se non con l’appoggio della UE e di Washington. Effettivamente il segretario di stato  Tillerson ha ricordato anche pochi giorni fa, dopo l’abbattimento del  caccia siriano,  che le sanzioni non saranno levate finchè la Russia  non restituirà la Crimea e non   adempirà agli accordi di Minsk: accordi di cui  Mosca non è parte in causa, bensì  garante alla  pari di Germania e Francia - bisogna continuare a ripeterlo, perché anche la Mogherini continua a non riconoscere alla Russia questo ruolo, e la tratta come colpevole. Una serie di umiliazioni e di provocazioni deliberate, per sventare lo “scenario da incubo” di una pacificazione con la Russia? La preparazione di un casus belli sull’Ucraina? Fanno di tutto per mettere la Russia spalle al muro.
Di fronte a queste minacce occidentali, il  ministro della Difesa Shoigu ha dovuto ricordare, il  21 giugno, quel che riportiamo qui:
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