Segue un articolo di Paolo Mastrolilli dal titolo “Russiagate, Sessions depone al Senato: “Su di me orribili bugie”, pubblicato da “La Stampa” (http://www.lastampa.it/).
Paolo Mastrolilli: «L’accusa di collusione con la Russia per influenzare le presidenziali del 2016 è “un’orribile e detestabile bugia”. Il ministro della Giustizia americano, Jeff Sessions, ha usato l’audizione di ieri davanti alla Commissione intelligence del Senato per andare all’attacco, e negare qualunque rapporto improprio con Mosca durante la campagna elettorale. Questo nel giorno in cui Christopher Ruddy, direttore di Newsmax Media e amico di Donald Trump, ha rivelato che il presidente sta considerando di licenziare il procuratore speciale del «Russiagate», Robert Mueller. La Casa Bianca però ha smentito, e lo stesso Sessions ha detto che ha fiducia in Mueller e non vede motivi per cacciarlo.
Il ministro della Giustizia è stato chiamato a testimoniare principalmente per tre ragioni: primo, chiarire i suoi rapporti con Mosca; secondo, spiegare perché si è ricusato dall’inchiesta sul «Russiagate»; terzo, discutere il ruolo avuto nel licenziamento del direttore dell’Fbi Comey. Quando era stato ascoltato nelle audizioni per la sua conferma, Sessions aveva risposto così all’ex collega democratico Franken: «Sono stato un surrogato della campagna elettorale di Trump, e non sono a conoscenza di contatti fra la campagna e funzionari russi». Poi però si era scoperto che lui stesso aveva incontrato due volte l’ambasciatore Kislyak, una durante la Convention repubblicana di Cleveland, e l’altra nel suo ufficio a Washington. Comey poi ha rivelato che, secondo informazioni di intelligence, Sessions aveva visto Kislyak il 27 aprile 2016 all’albergo Mayflower di Washington, dove Trump aveva tenuto il suo primo discorso di politica estera.
Queste dimenticanze potrebbero configurare il reato di spergiuro, ma ieri il ministro della Giustizia ha detto che erano innocue, perché «l’incontro al Mayflower non è mai avvenuto», e negli altri due «non era stato discusso nulla di improprio». Quanto al «Russiagate», «non mi sono ricusato perché ero sotto inchiesta o avevo commesso qualche violazione, ma perché le regole del dipartimento alla Giustizia vietano di partecipare ad indagini su campagne politiche in cui si è avuto un ruolo».
Sessions si è rifiutato di parlare delle sue conversazioni con Trump, ma ha detto di aver condiviso il licenziamento di Comey perché non era più in grado di fare bene il suo lavoro: «Era necessario un nuovo inizio». Il ministro poi ha contestato il modo in cui l’ex direttore dell’Fbi ha descritto la loro conversazione, dopo l’incontro privato avuto col presidente: «Non c’è nulla di male in un simile incontro, se non si discute un’inchiesta in corso. Comunque, avevo convenuto con Comey che per questo genere di comunicazioni bisognava rispettare il protocollo».
Anche ammesso che tutto ciò sia vero, resta un dubbio insolubile sull’incontro con Kislyak nell’ufficio: Sessions dice di non aver discusso nulla di improprio, ma nessuno può provarlo, tranne lo stesso ambasciatore russo, che non ha alcun interesse a rivelarlo.
Le audizioni sono avvenute sullo sfondo delle dichiarazioni fatte da Ruddy, secondo cui Trump sta pensando di cacciare Mueller, come Nixon fece con Cox durante il Watergate. La Casa Bianca ha smentito e Rod Rosenstein, il vice ministro della Giustizia da cui dipende il procuratore speciale, ha detto che «non ci sono ragioni per licenziarlo.»