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Segue un articolo di Chris Bryant pubblicato da “Bloomberg” (https://www.bloomberg.com/europe) e ripreso da “Voci dall'Estero” (http://vocidallestero.it/) dal titolo “Il problema più grosso è l’esportazione tedesca di capitali, non di automobili”.

Chris Bryant: «Donald Trump si cruccia per il massiccio surplus commerciale della Germania e in particolare per le automobili che Volkswagen, BMW e Daimler esportano negli Stati Uniti.
Trump ha ragione su una cosa: lo squilibrio delle partite correnti tedesche è un problema. Ma c’è un tipo di esportazione tedesca che è meno scontata e potenzialmente più problematica di quella delle automobili: l’esportazione del denaro.
È un po’ sciocco accusare la Germania di vendere cose che il resto del mondo vuole comprare. Ma il fatto che la Germania poi non acquisti a sua volta una quantità equivalente di cose la costringe a esportare i propri risparmi, diventando così un enorme creditore netto verso il resto del mondo.
Dunque, poiché i suoi risparmi nazionali superano di gran lunga gli investimenti, la Germania non è solo il più grande esportatore al mondo di automobili, ma anche il più grande esportatore netto al mondo di capitali.
Dato che la sua popolazione sta invecchiando (e ha scarse prospettive di crescita demografica) non c’è da sorprendersi che la Germania generi un surplus di risparmi che poi investe in asset redditizi al fine di assicurarsi entrate con cui pagare le pensioni.
Questo approccio, tuttavia, secondo HSBC, comporta dei rischi. L’eccesso di risparmi della Germania potrebbe contribuire all’aumento dell’indebitamento e dell’instabilità finanziaria nei paesi che hanno grossi deficit di partite correnti (come gli USA e il Regno Unito). L’ossessione della Germania per il risparmio (che il resto dell’eurozona sta cercando sempre più di imitare, si veda il grafico sotto) potrebbe ostacolare l’uscita dell’intero continente da una ormai prolungata crisi economica. E d’altra parte l’accumulo di attività estere da parte della Germania potrebbe non renderle alla fine i redditi sperati (ma di questo Trump non sembra preoccuparsi molto).
L’anno scorso il surplus di partite correnti della Germania ha raggiunto i 261 miliardi di euro, che corrispondono a circa 230 miliardi di euro di esportazione netta di capitali. Questi deflussi sono stati esacerbati dal programma di acquisto titoli condotto dalla Banca Centrale Europea (BCE), che ha schiacciato i rendimenti dei bund tedeschi e ha costretto i gestori degli asset a cercare altrove titoli che garantissero rendimenti migliori. (Deutsche Bank ha definito questa tendenza come “euroglut” [“eurosaturazione”].
Gli Stati Uniti sono stati il paese di destinazione di oltre 60 miliardi di dollari di capitali tedeschi, di cui circa la metà sono stati investiti in azioni. Il denaro tedesco ha contribuito ad aumentare i prezzi delle azioni statunitensi (rendendo così gli americani più ricchi), a finanziare nuovi impianti manufatturieri (creando posti di lavoro) e ha contribuito a finanziare il deficit del bilancio pubblico.
Cosa ci sarebbe di male in tutto questo, da una prospettiva americana? Be’, l’abbondanza di risparmi tedeschi ha anche abbassato i tassi di interesse di equilibrio, rendendo più difficile per i fondi pensione americani mantenere i rendimenti promessi (e, per la Federal Reserve, normalizzare la politica sui tassi).
Nel frattempo perfino il governo tedesco ammette che “i capitali in cerca di investimenti possono contribuire a creare boom del credito e/o bolle finanziarie in altri paesi“.
Bisogna sapere che prima del 2008 il surplus di acquisti di titoli ipotecari da parte tedesca ha contribuito a gonfiare la bolla statunitense dei mutui subprime, determinando, alla fine, perdite per le banche tedesche. I risparmi interni hanno contribuito anche a investimenti poco efficienti verso le economie periferiche dell’eurozona, come la Grecia e la Spagna.
La Storia non si ripete, ma spesso fa la rima. Negli Stati Uniti il crollo dei mutui subprime sembra sul punto di essere sostituito da nuove bolle del credito al consumo in prestiti agli studenti e per acquisti di automobili. È possibile che il surplus dei risparmi tedeschi stia contribuendo a gonfiare alcuni di questi eccessi.
E se le banche tedesche hanno drasticamente ridimensionato la propria esposizione verso la periferia dell’eurozona ora in crisi, la banca centrale non ha fatto altrettanto. A causa del programma di acquisto titoli da parte della BCE, la Bundesbank ha accumulato quasi 860 miliardi di euro di esposizione verso la BCE tramite il cosiddetto sistema Target2. Si tratta di quasi la metà del proprio patrimonio netto verso l’estero. Per ora questo sembra solo un tecnicismo contabile. Ma se una banca nazionale dell’Europa del sud dovesse decidere di non onorare le proprie passività su Target2 verso la BCE, i contribuenti tedeschi potrebbero soffrire delle perdite molto concrete.
Quindi dimenticate le automobili, Trump dovrebbe concentrare i propri sforzi al fine di deviare gli investimenti tedeschi pubblici e privati quanto più possibile verso la Germania, in modo da incrementare la sua crescita potenziale e rendere più semplice per la BCE mettere fine ai propri esperimenti monetari di indebolimento dell’euro, che consolidano sempre di più il surplus tedesco delle partite correnti. Il governo tedesco ha promesso di incrementare la spesa in infrastrutture, ma chiunque conosca la precaria condizione delle strade e dei ponti in Germania sa che potrebbe fare ben di più (a dire il vero gli Stati Uniti non sono messi molto meglio, da questo punto di vista).
Ma nel timore che Trump possa leggere questo pezzo ed essere tentato di fare subito il bullo su Twitter, non voglio dimenticare di sottolineare un’altra debolezza nella retorica anti-tedesca del Presidente.
Trump ha definito “un errore catastrofico” la decisione della Germania di accogliere centinaia di migliaia di rifugiati in fuga dalla Siria e da altrove. Eppure un afflusso di giovani immigrati è il tonico perfetto per rimediare all’invecchiamento della popolazione tedesca e alla scarsità di domanda interna (gli immigrati tendono a comprare cose e ad avere bisogno di un posto dove vivere). Se Trump fosse coerente dovrebbe contestare l’esportazione tedesca di capitali ma al tempo stesso approvare la politica delle porte aperte. Ma a Trump piacciono i soldi. Anche i rifugiati? Non altrettanto.»

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