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Poco fa parlavo di “veltronate italiche” e del presunto impegno (a parole?) di alcuni italici con visibilità e soldi nel pezzo “Non fosse reato gli direi di spararsi”. Raccontavo di come alcuni italici (per farsi pubblicità?, praticamente solo e sempre in campagna elettorale?) dicono di voler aiutare i poveri, i mendicanti, chiunque. Chiunque ed ovunque, tranne che, ovviamente, nel loro Paese: in questo caso si parla dell’Italia...
Chissà perché, però, tutti questi “ricchetti visibili”, vogliono aiutare SOLO e SEMPRE i poveri esteri ed all’estero...
Manco a farlo apposta, mi girano un rapporto/articolo sull’Italia dal titolo “Allarme dei garanti per l’infanzia: Sempre più bambini non vanno a scuola e vivono in povertà”, pubblicato da “La Stampa” (http://www.lastampa.it/), che, naturalmente, non posso NON pubblicare.
Chissà cosa diranno quelli per cui «i bambini poveri»: quelli degli altri Paesi...

Scrivono Nadia Ferrigo, Carola Frediani e Giacomo Galeazzi: «Non è un paese per bambini. In Italia le principali minacce per l’infanzia sono la povertà nel Mezzogiorno e i conflitti tra genitori separati che si accusano a vicenda di abusi al centro-nord, dove però anche il disagio economico pesa in maniera crescente. Dai garanti regionali per l’infanzia a quello nazionale Filomena Albano, dai tribunali per i minori alla Direzione per l’inclusione del ministero del Welfare, arriva l’allarme sulle condizioni di vita dei bambini italiani. Un elenco di emergenze, a cominciare dai minori senza fissa dimora che non sono censiti tra i 50mila homeless perché non frequentano dormitori e mense, ma sono segnalati in accampamenti, sotto i ponti e nelle macchine. Casi limite che non entrano in nessuna statistica. E ancora, abbandono scolastico record, mancanza di reparti di terapia intensiva pediatrica in Calabria e 170 bimbi costretti a vivere tra i rifiuti e senza fogne nel quartiere ghetto Ciambra di Gioia Tauro, 200 incesti all’anno in Campania, case famiglia non censite nel Lazio. 
A ciò si aggiunge la zona grigia del disagio che non finisce sulle carte bollate dei giudici e dei servizi sociali. Per ricostruire il quadro generale La Stampa ha incontrato i garanti costituiti in 16 regioni. Anche se l’Autorità è stata istituita nel 2011 per promuovere le misure previste dalla convenzione di New York sui diritti dell’infanzia, mancano ancora all’appello Abruzzo, Sardegna e Valle d’Aosta. In Toscana e Sicilia invece esiste già un ufficio, ma senza titolare. Il 13 giugno la relazione nazionale sui 10milioni di minori approderà in Parlamento. Tante emergenze locali si compongono in un preoccupante scenario generale, mentre il governo lavora a una banca dati unificata sull’infanzia. L’Italia ha livelli di povertà minorili superiori alla media europea: un minore su tre (32,1%) è a rischio di povertà ed esclusione sociale in Italia, 4 punti e mezzo sopra la media europea (27,7%), rileva Save the children. In Olanda e Germania il rischio è sotto la soglia del 20%. Soprattutto al Sud è altissimo il sommerso. 
«Nel Mezzogiorno solo una piccola parte delle condizioni di difficoltà affiora, resta una cappa di silenzio che scoraggia qualsiasi denuncia, mentre c’è una carenza spaventosa di assistenti sociali negli enti locali nella giustizia minorile», spiega Antonio Marziale, garante dell’infanzia della Regione Calabria. E nonostante la gravità della situazione, l’Italia è il Paese in Europa dove si allontanano meno bambini dalle famiglie d’origine. «Siamo un Paese che individua in ritardo le situazioni problematiche e che sconta un grave ritardo nelle mappatura dei fenomeni sociali», evidenzia Sandra Zampa, vicepresidente della Commissione parlamentare per l’infanzia. Per legge, aggiunge, «gli allontanamenti devono essere temporanei», ma solo un bambino su tre poi torna a casa sua perché i tempi dell’affido a comunità o altri nuclei sono troppo lunghi e spesso i servizi sociali non riescono a ricostituire la relazione fiduciaria con le famiglie d’origine. La quota di spesa per il Welfare che l’Italia destina all’infanzia è la metà della media europea (4,1% rispetto all’8,5%). «Alle scarse risorse e all’impossibilità di avere dati certi sulle situazioni di fragilità sociali si aggiunge la scarsa sinergia tra i soggetti coinvolti», dice Mirella Gallinaro, garante per l’infanzia in Veneto.
Nelle separazioni «i tempi della giustizia sono incompatibili con i bisogni dei minori». Tra gli aspetti più delicati del lavoro dei garanti c’è anche la formazione dei tutori. Scarseggiano nelle facoltà di giurisprudenza corsi dedicati al diritto minorile. «Le dinamiche familiari sono in continua evoluzione - commenta Clede Maria Garavini, psicologa e pedagogista, garante in Emilia Romagna -. Assistiamo a episodi di bullismo che hanno per protagonisti bambini di dieci anni, la violenza si è sposata anche sul web: serve maggiore consapevolezza degli adulti di riferimento». 

In arrivo da gennaio il primo database 
È la prima banca dati centralizzata in Italia sui minori. Da gennaio sarà operativo al ministero del Welfare l’archivio telematico che, in collaborazione con l’Inps, monitorerà in tempo reale le attività per l’infanzia nei comuni italiani. Dal 2001, infatti, il coordinamento avviene a livello regionale. Saranno colmati, quindi, i «buchi informativi» sulla condizione dei 10 milioni di minorenni italiani. I dati di flusso arriveranno al dicastero dagli enti locali. «E’ la prima raccolta sistematica nella storia d’Italia», spiega Raffaele Tangorra, direttore generale per l’inclusione e le politiche sociali. Ad essere censiti saranno anche i minori fuori dalla famiglia, gli affidi alle comunità, gli stranieri non accompagnati. Il database avrà un anno di sperimentazione ed è in attesa del giudizio del garante della Privacy. Uno strumento necessario in un Paese dove la percentuale di minori in povertà assoluta (1,1 milioni) è quasi triplicata negli ultimi 10 anni . Ke maggiori privazioni materiali ed educative si registrano al Sud.»

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