Una di Alessandro Catto, pubblicata da “Blog Il Giornale” (http://www.ilgiornale.it/blog/lista.html), dal titolo “Il bilancio del G7 di Taormina in 4 punti” ed una di Massimo Mazzucco, pubblicata sulla sua pagina Facebook (https://www.facebook.com/search/top/?q=massimo%20mazzucco), dal titolo “Il grande flop”.
“Il bilancio del G7 di Taormina in 4 punti”
Alessandro Catto: «Finito il vertice di Taormina tra i 7 leader più influenti della scena internazionale, è tempo di fare un bilancio e di valutare la situazione scaturita dall’incontro.
1) Qualunque Stato abbia la possibilità di controllare i propri confini si rende conto che l’accoglienza indiscriminata è un danno per i propri lavoratori e per i propri cittadini, sia in termini economici che di sicurezza. Non lo è per chi a queste due situazioni preferisce il rafforzamento della ricca filiera dell’accoglienza, solitamente mascherato dietro all’improbabile e stracotto culto laico del migrante. La bozza uscita dal vertice in tema di immigrazione è apprezzabile, specialmente nel suo voler porre l’accento sulla difesa dei confini nazionali, abbattendo il dogma, tutto italo-centrosinistrese, del dovere di una accoglienza diffusa per ordine divino. Non è più così, finalmente.
2) Angela Merkel, almeno, ha avuto il coraggio di dire che le istanze proposte dall’UE e dai suoi governi hanno trovato in Trump un ascoltatore freddo. Trump non si è impegnato contro l’isolazionismo, non ha favorito (giustamente) la politica euro-italiana di accoglienza e redistribuzione dei migranti, preferendo abbozzare vaghi impegni di ragionamento ed ascolto, che non offrono alcuna sicurezza. Dire che il protezionismo non è l’unica soluzione non significa dire che il protezionismo è una soluzione inapplicabile. Significa elargire un contentino di scarso peso e mostrare, ancora una volta, di poter fare quel che si vuole. Solamente chi non può permettersi nemmeno il dissenso maschera il tutto come una occasione di ascolto, o peggio come un successo parziale sul tema.
3) La fortuna della vittoria di Trump, al netto delle sue imprevedibilità, sta proprio in questo: nell’aver ribaltato dogmi considerati inattaccabili, facendoli puntualmente scontrare con un muro di sacrosanto dissenso, capace di riportare all’attenzione temi come la difesa dei confini in campo economico e geopolitico. I paesi che ancora non hanno fatto propri questi concetti ne escono in perenne ritardo verso la storia e il buonsenso, scontrandosi con una realpolitik che oltre ad essere viva elettoralmente, lo è anche politicamente ad alto livello, e Trump lo dimostra.
4) Questo G7, infatti, è stato soprattutto il G7 di The Donald, che come unico degno contraltare aveva Angela Merkel. Non aveva l’Europa, non aveva l’UE, aveva dinanzi un rapporto gerarchico di leader europei, in cui l’unica capace di esporre le proprie esigenze in maniera netta, con il coraggio di mostrare un dissenso chiaro, è stata, manco a dirlo, proprio la cancelliera tedesca. Più per merito del ruolo giocato dal suo paese, sia chiaro, che per una qualche sorta di coraggio personale. Resta tuttavia lampante la triste assenza di un gioco di concerto, anche istituzionale, tra i paesi europei, impegnati ancora una volta a ribadire, inconsciamente, le priorità nazionali rispetto ai (presunti) interessi comuni in senso continentale.»
“Il grande flop”
Massimo Mazzucco: «Il recente G7 di Taormina ha rivelato l'ormai assoluta inutilità della politica, anche a livello mondiale.
70 anni fa i leader delle nazioni più potenti si incontravano a Yalta, tiravano tre righe su una mappa, e in quattro e quattr'otto si dividevano il mondo intero. Oggi i leader della nazioni più potenti si incontrano e non riescono nemmeno a mettersi d'accordo su chi debba sedersi accanto a chi.
Fa quasi pena il nostro Gentiloni, il padrone di casa, che si arrampica sugli specchi per dirci che anche se nulla di sostanziale è stato deciso, "almeno ci siamo conosciuti e confrontati da vicino. Ora sappiamo bene quali siano le posizioni di ciascuno di noi sui temi più importanti".
Ma, caro Gentiloni, se volevi sapere che cosa pensa Trump sul clima, o sul protezionismo, bastava che mi facessi una telefonata e te lo spiegavo io. Non c'era bisogno di mettere in piedi questa grandiosa sceneggiata, costata agli italiani centinaia di milioni di euro, solamente "per sapere cosa pensano gli altri leader". Gli incontri multilaterali si fanno per trovare degli accordi precisi, non per stringersi la mano, mangiare una frittura di pesce (pagata con i nostri soldi), e firmare un foglietto ridicolo su cui c'è scritto "siamo tutti contro il terrorismo".
Naturalmente, in questo caso, il problema non è di Gentiloni, nè della Merkel né di Trump. Il problema è che ormai la politica stessa non serve più niente, perché i politici non sono più in grado di decidere nulla. Oggi ciascuno di loro si presenta al G7 con un'agenda ben precisa, che gli viene dettata dai poteri forti nel suo paese, e che lo rende schiavo di fronte tutti gli altri partecipanti. Gentiloni arriva a Taormina con scritto sull'agenda che "bisogna alleviare il problema dell'immigrazione", perché la sua esigenza primaria è che il suo partito non perda le prossime elezioni. Donald Trump arriva a Taormina con scritto sull'agenda "andate affanculo europei di merda", perché ha promesso ai suoi finanziatori di proteggere ad ogni costo i prodotti americani sul mercato mondiale. La Merkel arriva a Taormina con scritto sull'agenda che deve fare bella figura sul fronte dei cambiamenti climatici, perché non vuole farsi portare via i voti dalla sinistra ambientalista alle prossime elezioni in Germania.
Ciascuno si siede al "grande tavolo", sbatte per un attimo i pugni e fa la voce grossa per farsi sentire in casa propria, dopodiché ciascuno torna a casa per cercare di vendere al proprio popolo un "parziale successo", quando in realtà si è trattato di un flop mastodontico.
Nel frattempo, curiosamente, una catena insuperabile di navi ha tenuto alla larga gli immigranti in arrivo dalle coste africane, perché nulla avesse a sporcare queste "meravigliose giornate nello splendido scenario di Taormina.»