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La campagna elettorale per la Brexit fatta dai cosiddetti “Remain”, nella sostanza, è stata senza mezzi termini e quasi totalmente “terrorismo mediatico”, senza se e senza ma. Dicevano che sta benedetta (o maledetta, dopo Brexit?) Gran Bretagna sarebbe sprofondata nelle acque non eccessivamente trasparenti che la circondano e che non ne sarebbe rimasto vivo uno: ad iniziare magari dalla Regina Elisabetta - la vera vincitrice della Brexit - e nonostante lo stranissimo omicidio della parlamentare JO COX.
Voglio ricordare ai “distratti”, sempre a proposito dello stranissimo omicidio della parlamentare JO COX, che subito dopo l’omicidio, dentro di sé, un certo Giorgio Napolitano, molto probabilmente, “cantava vittoria”. Difatti, qualche giorno dopo la Brexit, ha affermato: «Avevo molto confidato nella possibilità che prevalesse la scelta di restare nell'Unione Europea e mi ero convinto che la grande massa degli elettori laburisti, anche per lo choc dell'uccisione di Jo Cox, avrebbero votato massicciamente per la permanenza.»
Detto questo, ad oggi, alcuni dei fatti (fortunatamente per i britannici che hanno tutta la mia “solidarietà” ed a cui, ovviamente, auguro il meglio), ci dicono altro… pensavo: ma se invece affondasse l’UE nelle acque sicuramente meno torbide di quelle che circondano il Regno Unito e magari proprio quando Junker ha terminato un bel bicchierino?!...
Ma torniamo più o meno seri. Il breve articolo che segue del Financial Times evidenzia come la Sterlina britannica, al momento, nonostante l’immensa catastrofe che ha trasformato in poche ore Londra in Aleppo ed il Regno Unito in Siria - come da giutissima previsione dei “Remain” - sia ritenuta “sicura” rispetto all’Euro dalle Banche Centrali di tutto il Mondo.
Di seguito l’articolo di Claire Jones, Financial Times, dal seguente titolo: “Le banche centrali riducono l'esposizione in Euro e preferiscono la sterlina”.

Scrive Claire Jones: «Tra preoccupazioni per la stabilità politica, scarsa crescita e la politica della Banca Centrale Europea sui tassi di interesse negativi, le banche centrali in tutto il mondo si stanno liberando dell’euro e preferiscono invece la sterlina come alternativa stabile per gli investimenti a lungo termine.
Nonostante le incertezze sulla Brexit, che è stata avviata formalmente la scorsa settimana dal Primo Ministro britannico Theresa May, i banchieri centrali di tutto il mondo vedono il Regno Unito come una prospettiva più sicura per i loro investimenti in riserve valutarie rispetto all’eurozona. Così rivela un recente studio.
Secondo un sondaggio pubblicato lunedì e condotto sui responsabili delle riserve valutarie di 80 banche centrali, che insieme gestiscono un valore di investimenti di quasi 6000 miliardi di euro, la stabilità dell’unione monetaria sarebbe la loro più grossa preoccupazione per il 2017.
Il risultato, elaborato da Central Banking Publications e dalla banca HSBC all’inizio dell’anno, mostra che alcuni intervistati hanno già ridotto la loro esposizione verso l’euro, mentre altri hanno ridotto al minimo indispensabile le loro partecipazioni in investimenti denominati in euro.
Più di due terzi delle 80 banche centrali coinvolte dal sondaggio hanno modificato le loro scelte di portafoglio, e quasi lo stesso numero ha modificato la durata dei propri investimenti.
Le banche centrali dei paesi emergenti e in via di sviluppo, alcune delle quali sono tra le più grandi detentrici di riserve valutarie, si sono dimostrate più propense ad allontanare i propri investimenti dall’euro rispetto alle banche centrali delle economie avanzate.
La decisione del Regno Unito di uscire dall’Unione Europea non ha finora scalfito la popolarità della sterlina come valuta di investimento, e il 71 percento degli intervistati ha affermato che la “attrattività” della sterlina non è minimamente diminuita nelle prospettive a lungo termine.
Sebbene i banchieri centrali abbiano detto che nel corso dei prossimi anni saranno più cauti a investire sulla sterlina, il sondaggio ha mostrato che molti ritengono che la Brexit possa fornire loro l’opportunità di diversificare ulteriormente, in futuro, il proprio portafoglio. Quasi l’80 percento degli intervistati ha detto che l’elezione di Donald Trump non ha modificato affatto la loro prospettiva sul dollaro statunitense.
Poco più di un terzo degli intervistati, e circa la metà di quelli che lavorano presso banche centrali dei paesi emergenti, hanno detto che le loro preoccupazioni sull’area della moneta unica europea sono dovute alla crescente instabilità politica in Europa, legata alla crescita dei consensi verso i partiti anti-UE nell’opinione pubblica di tutto il continente negli ultimi anni.
La politica della BCE sui tassi di interesse negativi - politica intesa a stimolare la crescita in tutta l’eurozona - è stata identificata come un altro dei fattori chiave che spiegano il disinvestimento sull’euro. Questa politica, messa in atto dall’estate del 2014, ha scatenato le lamentele delle banche private di tutta Europa, che sostengono di aver visto intaccati i propri profitti. Il tasso sul deposito marginale nell’eurozona è ora a -0,4 percento, il che significa che le banche devono in effetti pagare un contributo per poter lasciare i propri soldi depositati presso le banche centrali.»


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