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I 5S cambiano idea anche sull’Euro...
Come succede ormai quasi quotidianamente, dal BLOG dei 5S apprendiamo di “novità”.
Tanti ricorderanno alcuni degli ultimi clamorosi cambi dei 5S, per esempio con il tentativo di ingresso nel Gruppo ALDE di Guy Verhofstadt e quindi il tentativo di “fuggire” dall’UKIP di Nigel Farage per poi tornare dallo stesso quando Guy Verhofstadt decise di “sbattere la porta in faccia” a Grillo e ai suoi (decisione di cui ancora oggi non si capisce il senso e che ovviamente provocó un mezzo terremoto all’interno dei 5S).
Come dimenticare l’improvviso stravolgimento sulla “linea indagati”, qualche giorno prima che la Raggi (l’attuale Sindaco di Roma) ricevette il primo dei suoi avvisi di garanzia. L’avviso di garanzia era nell’aria e la mossa di Grillo, nella sostanza, sembrò finalizzata esclusivamente a salvare la Raggi, quindi i 5S (a dispetto di anni di “retorica” su inquisiti ed indagati; la caduta della Raggi avrebbe provocato la fine del 5S. Come dimenticare - IMPOSSIBILE - Virginia Raggi quando a Roma governava il PD: «Partiti devono rispettare requisiti: iniziamo a cacciare indagati e condannati?»).
Oggi, come accennavo, è arrivato un nuovo annuncio che, forse, lascerà l’amaro in bocca a tanti: l’EURO...
Quasi tutti ricorderanno la raccolta firme e la promessa di Referendum che, come annunciava il BLOG: «Si terrà probabilmente in un periodo compreso tra il dicembre 2015 e il gennaio 2016. Molto dipende anche dall’ostruzionismo della maggioranza e del Governo. Il M5S è accusato ogni giorno di non collaborare, in maniera del tutto strumentale. Ora vedremo se davanti ad una richiesta esplicita dei cittadini la maggioranza darà il suo appoggio al M5S o saprà dire solo no.
Nell’euro siamo entrati sull’onda delle menzogne del centro-sinistra e con il nullaosta del centro-destra. Grazie al M5S si potrà finalmente aprire un dibattito e in caso di voto favorevole all’uscita dall’euro la maggioranza dovrà tenerne conto per non essere spazzata via e sostituita da un Governo a 5 stelle.
Il referendum sull’euro è un voto sul futuro dell’Italia. Non va sprecato!»

In sostanza, il 18 giugno del 2015, sempre dal BLOG dei 5S, veniva lanciato un comunicato: «Oggi, lunedì 8 giugno, il M5S ha depositato in Senato 200.000 firme per dare il via alla legge di iniziativa popolare che porterà al referendum consultivo sull’euro. Il 9 giugno anche il Presidente del Senato Grasso in persona riceverà le firme dei cittadini. Da quel momento non ci saranno più scuse. Da una parte i cittadini e dall’altra i partiti, che avranno davanti a loro due possibilità: ignorare le firme dei cittadini come già successo in passato, o permettere ad essi di esprimersi su un argomento fondamentale della vita economica e sociale del Paese, sul quale non c’è mai stato un vero dibattito.
In ogni caso questa volta sarà diverso: in parlamento siedono più di 130 portavoce del M5S, pronti a dare battaglia e a vigilare perché tutte le tappe che porteranno al referendum siano rapidamente rispettate.»
Oggi, qualche giorno dopo la presentazione “Libro a 5 stelle dei cittadini per l’Europa”, durante la quale Luigi Di Maio ha ribadito l’intenzione del M5s di voler istituire con una legge costituzionale il Referendum consultivo sull’Euro (eventualmente al Governo), dal blog di Beppe Grillo arriva “un cambio”: «La reintroduzione in Italia di quella che possiamo chiamare una ‘moneta fiscale’, una moneta che non è moneta legale e quindi non va a violare i nostri trattati, ma che possa restituire al governo la capacità di effettuare un piano di investimenti e per sostenere il reddito dei cittadini, insomma un piano di rilancio.»
Quella di cui sopra è una proposta ufficiale contenuta nei dieci punti del programma esteri del M5S illustrata dal professore Gennaro Zezza (Università degli Studi di Cassino). Quindi: «Una volta terminata l’esposizione dei punti si procederà a una votazione online su Rousseau con la quale gli iscritti decideranno le priorità del programma.»

Spiega il professore Gennaro Zezza: «Abbiamo voluto l'euro, abbiamo avuto il declino, e ora la migrazione e anche l'aumento della povertà. E' necessario fermare questo processo e invertirlo. In realtà i motivi per cui tutto questo è avvenuto erano già noti: quando si discuteva nel Parlamento italiano dei Trattati Europei, si sapeva che l'adesione alla moneta unica richiedeva una compressione dei salari e che si sarebbe messo il Paese a rischio nel caso in cui fosse arrivata una crisi che non poteva essere compensata da un intervento fiscale espansivo.
A tutto questo si è aggiunto il problema che la Germania, nei primi anni dell'euro, ha scelto di adottare riforme strutturali del suo mercato del lavoro, riforme che hanno compresso i salari dei lavoratori tedeschi e hanno contribuito a fare dell'euro una moneta sottovalutata per i tedeschi e una moneta sopravvalutata per i paesi come l'Italia, che hanno invece cercato di contenere il costo per i lavoratori sui salari. Quando è arrivata la crisi nel 2007 tutti i nodi sono venuti al pettine, e ancora peggio quando nel 2010 la crisi del governo greco ha mostrato che le istituzioni europee non volevano delle soluzioni cooperative per risolvere i problemi di un singolo Paese, ma preferivano che tutto l'aggiustamento ricadesse sulle spalle del Paese in crisi richiedendo riforme strutturali, cioè tagli alle pensioni, tagli ai salari, riforme fiscali e tagli alla spesa pubblica.
Tutto questo, come abbiamo visto, comporta un crollo del reddito nazionale e un impoverimento del Paese. E' indispensabile uscire da questa situazione, ma come fare? La modifica che potremmo chiamare "il piano A”, creare una nuova Europa per i popoli, è assolutamente impensabile data la situazione politica attuale. Ma l'uscita unilaterale dall'euro comporta una rottura di trattati, comporta una manovra di tipo aggressivo nei confronti dei nostri partner. Discutere se sia tecnicamente possibile oppure no non è neanche opportuno in questa sede, sicuramente è possibile, ma sicuramente i costi politici da sostenere sono alti.
Ci sono delle alternative: una di queste è la reintroduzione in Italia di quella che possiamo chiamare una “moneta fiscale”, una moneta che non è moneta legale e quindi non va a violare i nostri trattati, ma che possa restituire al governo la capacità di effettuare un piano di investimenti e per sostenere il reddito dei cittadini, insomma un piano di rilancio. Un governo che metta in campo questa soluzione e si coordini con i Paesi nostri vicini perché mettano in campo soluzioni analoghe, può portare una fase di transizione in cui non si vanno ad aggredire gli interessi dei Paesi i nostri creditori, che sono stati salvaguardati dal comportamento della Banca Centrale Europea e della Commissione Europea. L'introduzione di monete fiscali in tutti i Paesi della zona euro, e soprattutto nei paesi della periferia sud, consentirebbe inoltre un cambio radicale di rotta, e cioè la fine della preoccupazione per l'austerità e per i vincoli fiscali sulle manovre del governo, e invece la capacità rinnovata di avere un piano di rilancio e di stabilizzazione di tutta l'area del Mediterraneo.»

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