Giulietto Chiesa, intervistato da “IntelligoNews”, ha detto la sua sul “caso Alexey Navalny”, il blogger russo ed attivista politico recentemente nuovamente arrestato durante una manifestazione di piazza.
Di seguito l’intervista. L'arresto di Navalny è su tutte le prime pagine dei giornali internazionali, Ue e Usa hanno già chiesto la sua immediata liberazione, mentre c'è chi in Italia, vedi Salvini, parla di montatura mediatica. Chi è Navalny e cosa sta accadendo in Russia?
«La situazione è plastica dal punto di vista dei numeri. Navalny è un personaggio che ha avuto a disposizione mezzi ingenti e bisognerebbe chiedersi da dove sono venuti. Non si organizzano così tante manifestazioni in un Paese così grande se non si hanno simili mezzi. Ho letto che le manifestazioni sarebbero avvenute addirittura in una cinquantina di città.»
Sono state richieste in 99 città e autorizzate solo in 27.
«Insomma, numeri comunque importanti che dimostrano come Navalny sia un uomo che ha seguaci e mezzi molto rilevanti. Se dovessimo paragonarlo con un Paese storicamente di più grande esperienza democratica, dovremmo dire che è uno sforzo gigantesco. Quindi dire che in Russia non c'è la possibilità di lavorare alle opposizioni è smentito da queste stesse cifre. L'organizzazione di Navalny, quale essa sia, e lui stesso dimostrano che esiste un'opposizione che oscilla potenzialmente tra il dieci e il 12% di elettori. Cosa che comunque non può mettere in nessun modo in difficoltà il presidente Putin.»
Putin può essere invece messo in difficoltà da questo arresto?
«No, questo fa parte della scenografia. Come io ho già scritto sui social è l'ennesima rivoluzione colorata, che si prepara anche al di fuori dei confini russi per mettere sotto accusa la politica russa, per sottoporla ad una pressione. Manifestazioni pacifiche all'interno con persone che sono convinte di avere il diritto e il dovere di farlo, nonché una protezione dall'esterno rappresentata da tutti i media occidentali e da tutte le importanti cancellerie dell'Occidente che ora si scatenano all'attacco dell'attuale governo russo sono sotto gli occhi di tutti.»
Tillerson sta preparando l'incontro tra Putin e Trump, ma ieri non ha nascosto il suo disappunto dicendo che i russi devono "esercitare i loro diritti senza temere rappresaglie". Qual è il rapporto tra i due leader?
«Credo che la dichiarazione di Tillerson sia assolutamente corretta dal punto di vista della logica dell'Occidente. Il che non vuol dire che quanto sta accadendo in Russia sia la prova che non ci sono diritti. Ci sono in un altro modo, c'è un sistema istituzionale diverso dal nostro, con una storia differente. Il mondo è pieno di sistemi istituzionali diversi da quello occidentale. L'Occidente, con i suoi principi, è minoranza nel mondo. Può dire quello che vuole, basta che non pretenda che i suoi metodi e le sue idee prevalgono negli altri Paesi. Non valgono in Cina, in gran parte delle nazioni africane e asiatiche. Ciascuno faccia il suo mestiere e alla fine si vedrà chi ha il maggiore sostegno popolare.»
Amnesty International, riferendosi alle condanne subite in passato da Navalny, ha considerato il blogger un prigioniero politico. Condivide questa definizione o Navalny non è un prigioniero politico?
«Navalny non è mai stato un prigioniero politico e in Russia non ce ne sono, almeno stando alla definizione di prigioniero politico. Questa è la prova che c'è una pressione dall'esterno per screditare la Russia come Paese civile e moderno, come interlocutore con cui avere a che fare e stringere accordi di ogni tipo. Un modo ormai conosciuto a memoria, la campagna russofoba va avanti da decenni. Navalny se non è già stato rilasciato sarà liberato oggi, per me è una falsità definirlo prigioniero politico.»