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Anche io appartengo a quelli che “il populismo non si sopporta”. A quelli che “Non si possono trovare soluzioni facili a problemi difficili.” E a quelli che “ I populisti puntano solo a distruggere, senza saper costruire un’alternativa valida e credibile.” O meglio, appartenevo a queste persone.


Dobbiamo capire che il populismo non è nato in un vacuum. E’ nato in seno alla società neoliberista e per la mancanza di proposte alternative al modello neoliberista stesso.

Il neoliberismo, a destra è stato confuso per liberalismo (non a caso in inglese non esistono due parole diverse per spiegare due modelli diversi), mentre ha manipolato la sedicente sinistra camuffandosi e proponendo quegli altissimi ideali che ne animavano la visione del mondo e le aspirazioni per il futuro. Il  neoliberismo, nelle forme di sedicente sinistra, si mostrava infatti come un progetto progressista: proponeva la globalizzazione della democrazia e la globalizzazione dei diritti, parlava di parità di culture, razze, e religioni, e affermava la libertà di movimento e accesso a qualunque bene e servizio.

Il neoliberismo, insomma, ha messo d’accordo l’intellighenzia di destra e quella di sinistra. Ha fatto contenti i conservatori ed ingannato i progressisti.

Di fronte ad un’intellighenzia progressista che dovrebbe fare gli interessi del popolo tramite strumenti democratici, il populismo parla di abbattere il sistema politico (fondamenta della democrazia) e di eliminare i finanziamenti pubblici alla politica (necessari per mantenere l’indipendenza della politica da lobbies e gruppi di potere). Il populismo, partendo dalle sofferenze economiche date al popolo da politiche economiche neoliberiste e addossandone la colpa all’immigrazione, ha rimesso in discussione la parità tra popoli, razze e religioni e riproposto un modello Nazionalista. Il populismo ha proposto piccolissime soluzioni a problemi giganti e fatto credere che la politica non fosse necessaria. Insomma, il populismo, invece di pensare all’espansione del mondo democratico, ha giustificato, legittimato e organizzando il “me ne frego e mi faccio i cazzi miei”.

Ovviamente il mondo dell’intellighenzia (sempre più ridotto),  si è ribellato a tutto questo ed oggi, all’interno di esso, si è sviluppato un vero e proprio senso di repulsione verso un populismo che dilaga e sfocia in conservatorismi e nulla di fatto.

E’ però davvero giustificata la critica dell’intellighenzia progressista al populismo? O è l’intellighenzia progressista a non saper più ascoltare la voce del popolo?

A sentire i commenti nei confronti del populismo di molte persone acculturate, ben intenzionate e ben pensanti, non possono non saltare in mente alcuni passaggi della famosa canzone di Pietrangeli, “Contessa”:


"Che roba contessa, all'industria di Aldo

han fatto uno sciopero quei quattro ignoranti;

volevano avere i salari aumentati,

gridavano, pensi, di esser sfruttati.

..

E quando è arrivata la polizia

quei pazzi straccioni han gridato più forte,

di sangue han sporcato il cortile e le porte,

chissa quanto tempo ci vorrà  per pulire...".
 

L’intellighenzia che probabilmente da giovane cantava questi versi, oggi si ritrova a comportarsi esattamente nella stessa maniera: da un punto di vantaggio,  critica coloro che cercano, con i propri strumenti, di ribellarsi. E’ questo il mondo sedicente progressista che pieno di ‘giudizio’ è incapace di vedere le sofferenze delle persone. E’ questa la borghesia di ‘Contessa’.

Rispetto ad oggi, nel passato, i bisogni del proletariato trovavano espressione in strutture politiche ed in una intellighenzia capaci di sviluppare e proporre alternative credibili alle politiche liberiste, senza cadere in soluzioni vuote e  populiste. La stessa canzone proseguiva cosi:


Se il vento fischiava ora fischia più forte; 

le idee di rivolta non sono mai morte;


Idee di rivolta… Le idee sono il punto di riferimento, la base e l’obiettivo di ogni azione politica. Quello che il proletariato aveva nel passato e che manca al populismo è un’ideologia; quel “complesso di credenze, opinioni rappresentazioni e valori che orientano un determinato gruppo sociale (Treccani)”.

Il paradosso è che le ideologie, come le rivoluzioni, sono quasi sempre nate in seno alla borghesia e a quel mondo dell’intellighenzia incapace di capire il dilagante populismo.

Finché avremo un’intellighenzia che giudicherà il populismo senza capire le ragioni della sua esistenza, e che rinuncerà quindi, con disprezzo, egoismo e autoreferenzialità, a capire il populismo ed a farsi interprete del malcontento e delle ingiustizie in cui è nato, non ci sarà possibilità di riscossa ed emancipazione; non ci sarà possibilità di proporre un’ideologia alternativa a quella vittoriosa e dominante del neoliberismo.

Eppure l’intellighenzia, soprattutto quella sedicente progressista, avrebbe tutti gli strumenti per capire le ragioni de populismo.

La teologia neoliberista ha usato e strumentalizzato i valori progressisti snaturandoli e privandoli della loro anima. La globalizzazione, invece di esportare il modello sociale e culturale del mondo occidentale, che ha inventato il neoliberismo, sta importando i modelli sociali e culturali dei paesi del terzo mondo, con cui questo regime economico ci vuole vedere “competere”. E cosi’, invece di esportare il nostro modello socio-politico ed economico stiamo abbattendo quello stato sociale e di diritto che renderebbe i nostri lavoratori più costosi. L’uguaglianza delle culture, delle razze e delle religioni è diventata l’uguaglianza dei consumatori. La libertà di muoversi, è diventata la libertà di muovere capitali beni e servizi, ma non persone; e anche l’accesso a beni e servizi c’è, ma è condizionato a particolari condizioni economiche.

Non è, quindi, come sosterrebbe Ezio Mauro , che le persone hanno rifiutato la globalizzazione e gli ideali di apertura, libertà, uguaglianza e fraternità. Le persone hanno rifiutato una globalizzazione utraconservatrice del capitale che ha prevaricato sulla globalizzazione della democrazia, del benessere e del diritto ed hanno confuso mandanti con esecutori.

Insomma, il neoliberismo ha tradito tutti quegli ideali che l’intellighenzia progressista tanto proteggeva; per di più screditando la politica e facendo credere alle persone che fosse questa a lavorare contro il loro interesse, invece di gruppi di potere neo-oligarchici interessati a creare un mondo neo-feudale.


La buona notizia è che nel passato, ogni qualvolta la borghesia, l’intellighenzia del tempo, ha deciso di capire le ragioni del popolo, ci sono state grandi rivoluzioni liberali, sociali e politiche. Ma perché ciò accada anche oggi bisogna che l’intellighenzia smetta di criticare e si decida a capire il malcontento e a pensare e interpretare un modello migliore per la collettività. Se l’intellighenzia odierna deciderà di scendere dal pericolante piedistallo della Borghesia da Contessa, potrà diventare la nuova Borghesia da Rivoluzione. Quindi, cara intellighenzia, te lo dico anche io, Sveglia!


 

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