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Come molti sanno, vivo a Londra da quasi 10 anni.

Quando penso all’eventualità di andare via da qui, mi è chiaro che la cosa che mi dispiacerebbe di più sarebbe quella di perdere il contatto con culture, nazionalità e modi di pensare diversi.

Infatti, in questa Londra multiculturale, multicolore, multireligiosa e multilinguistica, il pensiero unico non può esistere ed è il pensiero unico nazionale che mi spaventa; specialmente dopo aver vissuto in un luogo in cui, a tratti, si ha la sensazione che l’Uomo, dopo essere stato diviso per razze e lingue differenti, sia finalmente pronto a tornare unito e ad innalzarsi…

Ieri eravamo a cena con degli amici, eravamo 11 persone di 7 diverse nazionalità, e mi sono trovato a pensare sul come oggi, ovunque tranne che Londra, New York e pochissime altre città, sia molto più popolare parlare di rispetto piuttosto che di tolleranza.

Dopo la seconda guerra mondiale, il pensiero di Locke sull'inalienabilità dei diritti umani era estremamente attuale e veniva ulteriormente sviluppato; E. Roosevelt si adoperava per la promozione della Carta Internazionale dei Diritti Umani e si parlava di estendere questi diritti ad ogni angolo del pianeta.

Data la storia recente, piena di pregiudizi raziali, religiosi e di genere, e con la visione di estendere questi diritti universalmente, si parlava anche molto di tolleranza.

La tolleranza del diverso, delle persone con una cultura diversa, una diversa religione, una diversa razza, provenienza e preferenza sessuale era la base per poter estendere questi diritti universali.

Ricordiamoci che ‘universali’ non vuol dire che si applicano all’universo, in senso astratto, ma che, di fatto, si applicano, in modo tangibile, ad ognuno di noi.

La tolleranza riguarda anche tutti noi appartenenti alla cultura dominante perché anche tra di noi ci sono differenze: ci sono quelli con la mente aperta o chiusa, quelli spirituali o grezzi, i ricchi e i poveri, gli intelligenti e gli stupidi, i lungimiranti e quelli che vivono alla giornata, etc..

Tolleranza voleva dire accettazione dell’unicità di ognuno di noi; perché siamo tutti unici e ognuno di noi racconta una storia unica.

Purtroppo però la memoria collettiva è breve e ci siamo dimenticati che per vivere in pace c’è bisogno di tolleranza. Forse anche a causa di una globalizzazione troppo veloce, ma inarrestabile a causa degli avanzamenti tecnologici, la parola rispetto ha quindi sostituito la parola tolleranza.

Oggi, il rispetto sembra più importante del tollerare, ma basta guardare all’etimologia della parola rispetto per capire che questo, se non è incardinato in una sincera forma di tolleranza, porta solo a nuove divisioni, a nuovi steccati ed a nuovi confronti.

Rispetto viene dalla parola ‘respicere’, re- indietro e spicere-guardare. Rispetto vuol dire guardare indietro.

Come dice il sito unaparolaalgiorno.it:  “Voltandoci, abbandonando un istante la prospettiva della nostra corsa, del nostro volo, ci si apre tutto ciò che sta dietro, ci si presenta tutto ciò che viene lasciato indietro, quell'enorme cattedrale di sentimento, di pensiero, di valore che non esiste fuori dalle considerazioni del rispetto.”

Il rispetto, che può essere anche cosa positiva quando si riconosce il valore di qualcuno, viene invece spesso usato come strumento contro il progresso, contro l’abbandono di regole che forse oggi non sono più valide o non più, appunto, percepite come universalmente giuste; perché di universale ci può essere solo la diversità.

Il rispetto, come viene usato oggi da coloro che vogliono rispetto dal diverso, è una forma di protezione dalla paura, da ciò che non si comprende; paura di vedere dissolvere la propria identità.

Ma è solo con la tolleranza che non ci saranno scontri tra identità e solo tramite la tolleranza le identità si preserveranno, tutte.

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