Un popolo di furbetti, truffatori, scellerati. Il sole in fronte e una mano infilata nel giubbotto altrui. A frugare nel frugale.
Indisciplinati, oziosi, viziosi, italiani fannulloni sempre pronti a raggirare. Il vicino, il sistema, l’avventore. Un occhio strizzato a mo’ di intesa, la circuizione, l’altro già lanciato sulla via di fuga, l’evasione.
Tuttologi ignoranti, fannulloni spendaccioni incompetenti, irreparabilmente inconsistenti, festaioli istigatori nell’arena del superfluo. L’arte, la cultura, la convivialità, l’attività sportiva. La movida. Mattina, pomeriggio e sera.
Un popolo mendace e questuante da disciplinare e riportare alla (altrui) ragione.
Quando?
Quando la smetteremo di credere a questa infam(ant)e story telling nata già stantia e trasmessa a reti unificate a (tentare di) avariare. Quel che siamo.
Quando ci sveglieremo dal torpore dell’ipnotico racconto alieno ed alienante. Scritto ovunque e oralmente enfatizzato a megafoni spanati, la memoria storica e del cuore relegata a mera nota a margine. Da cancellare.
Quando alle lacrime e sangue quali conseguenza e punizione di ciò che siamo risponderemo con una semplice puntualizzazione?
Noi siamo Seneca, Marco Aurelio, Adriano, Archimede, Virgilio, Plinio il Vecchio. Siamo Giulio Cesare che in silenzio ha lasciato tutto ciò che aveva al popolo romano prima di cadere a volto aperto nella sempiterna congiura, quella elitaria.
Noi siamo Troisi, la Magnani, Alberto Sordi, Camilleri, Gigi Proietti, siamo Adriano Olivetti che ha tenuto bene a mente ed applicato l’unica raccomandazione che abbia un senso, quella fattagli dal padre al passaggio di consegne: non licenziare mai un lavoratore, umilieresti l’uomo. Non ha mai tolto salario e pane a un proprio dipendente per non sbarrargli, con indigenza e stenti, ogni via di evoluzione. Umana, culturale, sociale. Spirituale.
Noi siamo Beccaria, Boccaccio, Petrarca, Leopardi, siamo quel Dante, l’Alighieri, che ci ha guidati fuori dalla selva oscura. A riveder le stelle e scoprire che l’astro più brillante è il divino che si accende attraverso lo sguardo umano. Se lo sappiamo intercettare, se davvero abbiamo occhi per vedere.
Noi siamo Marco Polo, Galilei, Copernico, Marconi, siamo l’incappucciato dritto e fiero al centro di Campo dei Fiori, quel Giordano Bruno che non ha rinnegato il proprio sé e la divinità dell’uomo e all’abiura ha preferito il rogo. Perché le fiamme incenerissero credenze e falsi miti squalificanti l’identitaria correlazione tra divino e umano. E restasse in piedi e alla storia il capolavoro, l’Uno.
Noi siamo Michelangelo, Giotto, Raffaello, Verdi, Puccini, siamo Ezio Bosso e Morricone, la Montalcini, siamo il Da Vinci, con Pirandello siamo sempre in cerca di un nuovo autore per riscrivere la storia. E migliorare.
Noi siamo Primo Levi, Tomasi, Totò, Pasolini, De Filippo, Collodi e Pascoli, siamo la Fallaci, Sandra e Raimondo, la Marchesini, siamo risata pronta e mente penetrante. Noi siamo Pertini, la libertà di essere eccellenti, italiani.
Quando ci diranno che siamo un popolo di sciagurati mendicanti col cappello in mano risponderemo che il cappello noi ce lo togliamo sempre e solo per rispetto. Di ciò che siamo.
Noi siamo Moscati e la sua cesta per curare gli incurabili con su scritto “chi ha metta, chi non ha prenda”, siamo Leonardo Bianchi che fece un passo in là nella scoperta dell'umana mente in un procedere che lascia spazio libero al passo successivo, quello dell'altro, siamo l’intuito di Cardarelli che vede il tutto umano per individuare dove si è bloccato, siamo con Ciaburri contro la scienza che viviseziona, siamo Capozzi e siamo tutti Luigi Di Bella, la scelta del paziente alla carriera, siamo quell’umanità che si chiama scienza ed etica, siamo coscienza.
Noi siamo Aldo Moro, Dalla Chiesa, Impastato, siamo Falcone e Borsellino, Garibaldi e Mazzini, siamo ogni singolo cittadino che non baratta i diritti umani con la paura di esser sanzionato per non voler violare la Costituzione, la nostra spina dorsale, dritta e fiera.
Siamo quella cultura imprevedibile e pioniera che è impossibile strapparci dalle viscere dell’anima, noi siamo le note vive che in perfetta assonanza compongono la sinfonia che ha incantato per millenni il mondo.
Siamo un’orchestra con infiniti direttori a guidarla con sapienza ed eleganza dall’alto del podio che hanno guadagnato in vita. Nel corso dei secoli, oltre due millenni.
Che riaccordi gli strumenti. E (si) riprenda la scena.
(Alessandra Tucci - 23 novembre 2020)