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La narrativa di Trump non mi è mai piaciuta.

Ma viviamo nell’epoca della siderale distanza tra narrativa e fatti. A fronte di un atteggiamento violento e forse discriminatorio, Trump è stato il primo presidente americano a non iniziare una guerra dal 1928, ha risolto la situazione siriana e aiutato quella koreana, ha messo in discussione le “reti di potere” antidemocratiche e attaccato l’economia truccata cinese mentre destabilizzava anche lo strapotere tedesco in Europa.

La narrativa non piaceva, ma diversi fatti si. E quei fatti davano fastidio a molti; quei molti si sono organizzati. Ho visto una censura senza precedenti nei suoi confronti: inaccettabile nel mondo libero.

Poi è arrivato il cambio di direzione di Biden. Anche lui si è detto allineato nella lotta alla Cina, cosa molto importante, e ha recuperato una narrativa vicina alla tradizione liberal americana. Bene.

Ma Biden sarebbe stato capace di fare il guastatore delle vecchie reti di potere tanto quanto Trump? O la sua elezione avrebbe rimesso l’America in una situazione di semi-rilevanza internazionale? Tramite l’elezione di Biden, il partito Democratico si sarebbe seduto per altri 10 anni, crogiolandosi in posizioni mediocri e poco dirompenti in un’epoca di grandi cambiamenti e pressioni esterne?

Mi sono convinto che, per ragioni strategiche, avrei preferito l’elezione di Trump nonostante, sui grandi temi, Biden si fosse più o meno allineato e la sua narrativa fosse di gran lunga più compatibile con i miei valori.

Poi le elezioni.



Qualche giorno fa ero pronto a mettere in guardia gli esultanti sostenitori di Trump.
Per essere significativa, l’elezione sarebbe dovuta essere stata accompagnare da una vera lotta: per un ritorno alla democrazia sostanziale; per un nuovo paradigma economico in cui l’economia reale sarebbe dovuta essere stata sovra ordinata a quella finanziaria; per un nuovo patto atlantico con una Europa dei Popoli forte MA finalmente democratica; e per lotta a favore delle libertà civili e contro la censura.

Poi tutto si ferma. Anzi, lo spoglio delle schede va avanti. È chiaro che Trump temesse il voto postale per ragioni politiche, elettorali (l’orientanento di chi vota per mezzo postale, in situazione Covid). Ma questo non vuol dire che non ci siano da temere anche manipolazioni esterne.

Di manipolazioni ne abbiamo viste tante negli ultimi mesi. Abbiamo visto holdings mediatiche private censurare il leader politico eletto del mondo libero (Twitter e Facebook), abbiamo visto movimenti sociali giusti come Black Lives Matter venire usati come una clava, da reti di potere conservatrici, contro chi - Trump - ha messo in discussione il loro interesse, e abbiamo visto una progressiva delegittimazione del potere politico in nome di presunte ragioni economiche e sanitarie.

Infine, ieri, ho visto qualcosa che davvero ci deve far preoccupare. Il sistema mediatico si è permesso di censurare preventivamente il discorso del PRESIDENTE della prima delle nazioni del mondo libero, in diretta.
Non importa cosa dicesse. È un atto gravissimo. A chi dice: “mentiva perché non ha le prove” rispondo “datemi le prove che mentiva” (come se i servizi segreti non esistessero). Ma la cosa grave è l’idea che si possano censurare preventivamente ipotetiche menzogne. Le menzogne non si censurano, eventualmente si rivelano. E di menzogne, di questi tempi, ce ne sarebbe da rivelare.

Insomma caro Biden, la tua Presidenza, se avverrà, sarà partita nel peggiore dei modi: con la censura in risposta ai dubbi.

Capiamo una cosa: tutto sta per cambiare. I dadi sono stati tratti, lanciati e stanno roteando pericolosamente sul tavolo.

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