Mi chiedo.
Se qualcuno nel proteggere il respiro dalla vita, quella umana, se lo chieda.
Dove sia il senso, quale il fine, nel sottrarre a quegli anziani che diciamo di proteggere con l’isolare quello scampolo di dinamismo, socialità e interazione occhieggiante da ogni loro gesto dignitosamente incerto. Ridotto già all’osso da una società spietata nel delegittimare chi non produce più alle regole del capitale. E magari rischia di mandare in tilt il sistema (ri)mettendo in circolo, ad ogni fiato inaccettabilmente infetto di dna umano, l'animus divino sempre più aliena(to). Che si nutre di contatto, non di filtri. Non certo di distanziamento.
Cosa intenda per amore chi rinchiude in protezione.
L’avere in pace la coscienza del ben fatto con il visto della scienza incamiciata è timore, amare è agire con il cuore. E’ l’audacia di non mostrare limiti e barriere, la forza di rimuovere non visti tutti rischi e ogni ostacolo al passo claudicante il cui incedere non va fermato se si ama, va solo agevolato. L’ardire dell’amore è (continuare a) far vivere, non isolare.
Mi chiedo.
Se qualcuno nel restringere il pensiero umano a quello lecito se lo chieda.
Se sia umano oltre che lecito lasciar scorrer via la vita da un corpo perfettamente san(inific)o, ma isolato.
Se ogni sterilizzato essere umano arresosi all’abbandono con il suo ultimo respiro non voglia forse ricordare inascoltato il miracolo del vivere mostrando il fallimentare suo contrario, il (far) sopravvivere asettico e solitario che spegne per davvero. Senza fiato, fuori dal coro.
Se la speranza di proteggere come l’attuale dogma vuole, che è timore di (rischiare di) sbagliare, non chieda il conto di questa sua illusione direttamente a chi non sa più come difendersi. E, neutralizzato in una bolla di sapone igienizzante, scivola nella disperazione. Inesorabile.
Mi chiedo dove sia l’azione che l’amore chiede, l’agire con il cuore. Dove sia il coraggio di amare.
Mi chiedo se qualcuno nel negare il suo sorriso a protezione se lo chieda.
Dove sia il senso, quale il fine di un divinizzato (far) esistere che sbriciola il contatto umano, quello visivo.
E con un soffio, l’ultimo respiro, disperde al vento di questi tempi bui le ceneri del nostro essere con un filtrato e distanziato Amen di commiato. Un così sia ormai completamente addomesticato.
“Dentro un raggio di sole che entra dalla finestra talvolta vediamo la vita nell’aria. E la chiamiamo polvere”
(Seneca)
(Alessandra Tucci – 13 ottobre 2020)