Il presidente del Movimento Roosevelt: l'attuale premier e' sull'orlo di una crisi di nervi, di fronte alle grandi manovre in atto in Europa e nel mondo, e sconta la mediocrita' dell'intera classe dirigente italiana. La polemica sugli ipotetici fondi ricevuti dal Venezuela? E' irrilevante, per la sorte di un M5S gia' ridotto all'ombra di se stesso. Quanto a Trump, un avvertimento: non si faccia rinchiudere nel tradizionalismo caro a monsignor Viganò
«Giuseppe Conte e i suoi consigliori si dimostrano sull'orlo di una crisi di nervi, sempre più disorientati e incapaci di comprendere quello che si sta muovendo attorno a loro: un po' come la classe dirigente aristocratica del preludio della Rivoluzione Francese». Gioele Magaldi stronca gli Stati Generali convocati dal premier: «Potrà venirne ben poco di buono, perché - in una situazione d'emergenza come questa - per essere credibile, un governo prima deve tirare fuori i soldi e solo dopo può parlare, progettando a medio e lungo termine. Qui invece ci sono pochissimi soldi e molte chiacchiere, appese peraltro a quelle che saranno decisioni europee». Spartizione clientelare in arrivo? «Dall'Europa, i fondi arriveranno troppo tardi, per molte aziende e attività produttive, che saranno ormai distrutte». Intere categorie e filiere produttive si sentono discriminate, sottolinea Magaldi: «C'è uno strabismo, un arbitrio, nel propiziare la ripresa di questa o quella attività, o nel rendere difficilissima, ostica (con norme lunari e inappropriate) la ripresa dell'attività che si svolgeva». Qualcuno approfitterà in modo speculativo di questa devastazione, per inserirsi a basso costo nel mercato italiano ridotto allo stremo? «C'è anche questo aspetto, purulento e verminoso».
Non resta che valutare le risultanze degli Stati Generali, aggiunge Magaldi: «Vedremo quali topolini avrà partorito, questa montagna (diroccata) di Giuseppe Conte». Appena gli Stati Generali saranno finiti, il Movimento Roosevelt lancerà un ultimatum che scadrà il prossimo 20 settembre. «Non si tratta di un ultimatum impositivo, prevaricatore, prepotente», precisa Magaldi: «Si tratterà semplicemente di alcune richieste: il minimo sindacale di ciò che un governo degno di questo nome dovrebbe fare, a ristoro e indennizzo dei cittadini e di tutti i lavoratori che, dopo una quarantena forzata, stentano a riprendere la via della normalità e, spesso, anche della propria sussistenza». Se poi il governo non recepirà i suggerimenti, avverte Magaldi, scenderà nelle piazze la Milizia Rooseveltiana, «che avrà il suo battesimo del fuoco il 5 ottobre». A far rumore sarà una formazione nonviolenta, ma agguerrita: «Quello della Milizia sarà un teatro in positivo, da contrapporre al teatro in negativo rappresentato da questi Stati Generali, che si annunciano inconcludenti».
Duro il giudizio di Magaldi sul premier: «Giuseppe Conte non è un'aquila, e credo che nella sua inadeguatezza pesi anche la scarsa visione d'insieme: è un uomo che ha troppi "consigliori", che lo tirano per la giacchetta e peraltro lo inducono a sbagliare». Secondo Magaldi, «Conte è un furbastro, che naturalmente si barcamena e vive alla giornata». La sua stessa «pseudo-ascesa politica di breve respiro, destinata a durare ancora un pochino ma non troppo», secondo il leader "rooseveltiano" «è figlia dell'improvvisazione, del situazionismo, della disinvoltura trasformistica con cui Conte è succeduto a se stesso, sconfessando tutta una serie di cose e ritagliandosi un nuovo ruolo: e oggi arriva a sognare qualcosa che per gli italiani sarebbe un incubo, cioè un ulteriore proseguimento della sua carriera istituzionale». Conte - concede Magaldi - potrebbe sempre ravvedersi in extremis, se ascoltasse i consigli "rooseveltiani" e quelli che provengono dal circuito massonico progressista, di cui lo stesso Magaldi è portavoce, in Italia. «Nel frattempo, però, accadranno cose, a livello generale, che probabilmente derubricheranno il problema-Conte come un problema per il popolo italiano».
Nel mondo esplodono linee di rottura sempre più evidenti tra due schieramenti: uno progressista e l'altro oligarchico. Ne parla, in termini quasi mistici, anche l'arcivescovo Carlo Maria Viganò, che ha scritto a Trump promuovendolo come campione della libertà, vittima di un attacco concentrico: la "polizia sanitaria" indotta dal Covid, che ha terremotato l'economia Usa alla vigilia delle presidenziali, e le violente proteste strumentali contro la Casa Bianca, dietro l'alibi del razzismo della polizia. «Al di là della premessa, che condivido - afferma Magaldi - la lettera di Viganò è una polpetta avvelenata, per Trump: il cardinale infatti oppone il presidente "paladino della libertà" e "figlio della luce" a un tenebroso complotto che Viganò definisce genericamente "massonico", come se ignorasse che lo stesso Trump è massone, e che è sorretto da una parte di quello stesso Deep State che Viganò considera erroneamente monolitico». Avverte Magaldi: «A mia volta ho inviato un messaggio a Trump: l'ho esortato a non lasciarsi emarginare nel tradizionalismo caro a Viganò, ricordandogli quando la massoneria progressista sia stata determinante nella sua elezione del 2016, in nome di valori ben diversi da quelli della Chiesa di ieri, storicamente nemica della libertà, cui fa riferimento monsignor Viganò».
A far traballare il governo Conte, ora irrompe anche la polemica velenosa sui presunti fondi che i 5 Stelle avrebbero ricevuto, sottobanco, dal regime venezuelano di Nicolas Maduro. «Intanto si parla di denaro che sarebbe arrivato nel 2010, quando i grillini non erano ancora al governo», premette Magaldi. «Al di là degli eventuali profili illegittimi della vicenda - aggiunge Magaldi - sarebbe sempre meglio ammettere di aver ricevuto finanziamenti». Il presidente del Movimento Roosevelt invita però a non essere ipocriti: «Tutte le forze politiche hanno sempre percepito finanziamenti riservati. Il vero problema - aggiunge - è semmai il degrado neo-democristiano del Movimento 5 Stelle: grazie al genio di Beppe Grillo sorse praticamente dal nulla, rompendo la finzione della contrapposizione solo apparente tra destra e sinistra, mentre oggi è ridotto all'irrilevanza politica assoluta». Fa ormai parte anch'esso, a pieno titolo, della classe politica italiana che oggi esprime un personaggio come Giuseppe Conte.
«Il popolo italiano ha problemi più gravi, del governo Conte: e cioè quello della maggioranza che lo sostiene», argomenta Magaldi. «Conte è figlio di una classe politica decadente e decaduta, inefficace, cialtrona e vile. Incapace di avere una sua linea politica per l'Europa, incapace di immaginare una proiezione geopolitica ed estera per l'Italia. E incapace di sposare il paradigma economico offerto da Mario Draghi nella sua limpida lettera-manifesto pubblicata a fine marzo sul "Finalcial Times"». E' una classe politica che, come Conte, vive alla giornata: «Purtroppo- conclude Magaldi - Conte rappresenta bene questa classe politica, questo ammasso di politicanti senza futuro».
Fonte: Gioele Magaldi Racconta, su YouTube il 15 giugno 2020
https://www.youtube.com/watch?v=syL0qkLWMEQ