1.1. Chi più cerca più trova (un’epidemia di test)
Ai colleghi e alle altre persone che, nei mesi scorsi, hanno talvolta rievocato con gravità “i primi moniti (non creduti) degli scienziati” verrebbe da chiedere quali precoci avvertimenti si sarebbero dovuti seguire di preciso, dato che – per citare solo un paio di esempi – ancora il 22 febbraio (durante i giorni del Carnevale) una nota stampa del Cnr parlava di un “rischio di infezione molto basso”, spiegando che, “al di fuori dell’area limitata in cui si sono verificati i casi, il cittadino può continuare a condurre una vita assolutamente normale, seguendo le elementari norme di igiene”
1.
Appena due settimane più tardi, la vita “assolutamente normale” cominciava a entrare in tutta Italia nella sfera dei ricordi, mentre qualcuno pronunciava addirittura appelli alla “resistenza, come partigiani, contro questo dittatore, questo virus”
2,
lanciando strali contro chi ne minimizzava gli effetti e dimenticando al contempo le perentorie convinzioni espresse poco più di un mese prima: “In Italia il rischio è zero. Il virus non circola”
3.
Dapprima disorientato di fronte ad analisi contrastanti del fenomeno, chi è stato costretto in seguito alla segregazione domestica ha cominciato a essere sottoposto a un bombardamento mediatico di terrore e morte prodotto a ciclo continuo, a reti/testate unificate e scandito da macabri bollettini quotidiani di quella che ha tutta l’apparenza di una guerra non di tipo militare ma psicologico. Quanto più l’informazione è diventata invasiva e ipertrofica, tanto meno ha contribuito a una comprensione lucida e approfondita dei vari aspetti della vicenda, e tutto ciò in un contesto estremamente delicato, reso tale proprio dalla narrativa mediatica e da uno stillicidio di decreti che hanno provocato ulteriore disorientamento, paura e rabbia. Quelli che per settimane sono stati i principali protagonisti delle prime pagine dei giornali, vale a dire i dati sfornati ogni sera dalla Protezione civile (in particolare la trinità dei positivi, guariti e deceduti), che campeggiavano in ogni sito istituzionale e giornalistico e sui quali si è basata una pletora di analisi e commenti, sono stati in realtà di scarso aiuto per cogliere le dimensioni reali del problema, poiché dipendono da una serie di importanti variabili che ne minano alla base l’effettiva attendibilità statistica.
Dovrebbe essere ovvio, per esempio, che il dato dei nuovi casi positivi è legato in primo luogo a quello dei test effettuati, processati e comunicati, un numero che naturalmente non è costante ma varia ogni giorno, come si può vedere nella tabella qui sotto. A titolo esemplificativo, sono stati scelti come campione i 10 giorni dal 23 marzo al 1° aprile, riportando sia il numero totale di tamponi effettuati fino alla data corrispondente nelle 4 regioni del Settentrione che hanno il maggior numero di contagiati, sia la relativa variazione rispetto al giorno precedente.
Tamponi e variazione giornaliera 23 marzo-1 aprile in 4 regioni
Anche alla luce del fatto che (come specificato nelle note del sito della Protezione civile dedicato al monitoraggio della situazione
4)
in determinati giorni possono verificarsi aggiornamenti tardivi, parziali o mancati da parte di alcune regioni, è chiaro che tutte queste variabili influenzano in maniera determinante l’andamento della curva dei contagi comunicato quotidianamente: un numero maggiore di test effettuati ed elaborati si traduce in un corrispondente aumento dei contagiati, che risulterà invece meno sensibile se l’afflusso di dati si riduce. In altre parole, chi più cerca il virus più lo trova, come del resto accadrebbe se si volessero rilevare molti altri virus comunemente in circolazione. “Non stiamo attualmente misurando l’incidenza delle malattie da coronavirus – ha efficacemente sintetizzato il medico ed ex parlamentare tedesco Wolfgang Wodarg – quanto piuttosto l’attività degli specialisti che le cercano”
5.
Volendo restare nella logica della discutibile strategia comunicativa intrapresa, sarebbe stato più utile, per una migliore comprensione del fenomeno, comunicare piuttosto il rapporto tra i casi positivi e i tamponi effettuati. Ci si sarebbe facilmente accorti, in tal modo, che la percentuale quotidiana di casi positivi ha mostrato una tendenza al ribasso sin dalla seconda metà di marzo, come si vede nel grafico qui riportato
6.
Percentuale giornaliera dei tamponi positivi
Anche così sarebbero rimasti tuttavia ampi margini di variabilità determinati, per esempio, dalla selezione del campione della popolazione da sottoporre al test
7.
Se questo viene eseguito quasi esclusivamente su persone con evidenti sintomi o che sono già ricoverate in ospedale (fatti salvi i casi di arzilli politici e di altre celebrità varie), si otterrà prevedibilmente un numero più elevato di casi positivi, perché la probabilità che costoro abbiano il virus è maggiore. Al contrario, se a parità di numero di tamponi fossero coinvolti in maniera più randomizzata vari settori della popolazione (tra i quali ci sono persone non contagiate o che hanno già sviluppato e risolto l’infezione con sintomi deboli o nulli), l’aumento dei casi positivi sarebbe molto meno marcato. La prassi in Italia rientra generalmente nel primo caso, come confermato dall’Istituto Superiore di Sanità: “Data la poca specificità dei sintomi comuni dell’infezione da coronavirus è possibile effettuare test di laboratorio su campioni respiratori e/o siero soprattutto in caso di malattia grave”
8.
1.2.1.
L’affidabilità dei test: dai tamponi si pretende troppo
Non pochi dubbi sono stati peraltro sollevati in merito alla capacità diagnostica dei cosiddetti tamponi, cioè alla effettiva sensibilità (la probabilità che un malato, in questo caso di COVID-19, risulti positivo al SARS-CoV-2) e specificità (la probabilità che un soggetto sano risulti negativo) dei test atti a rintracciare il materiale genetico virale da campioni di mucosa orofaringea o nasale mediante la tecnica della reazione a catena della polimerasi inversa (RT-PCR)
9.
Questa metodologia è una variante della “classica” PCR ideata nel 1983 dal premio Nobel Kary Mullis, scomparso nell’agosto 2019 (per ironia della sorte, a causa di una polmonite) e autore di una divertente e provocatoria autobiografia,
Ballando nudi nel campo della mente. Vari ricercatori cinesi hanno espresso per primi la preoccupazione in merito alla sensibilità dei test dopo avere osservato “una fetta significativa di pazienti […] – compresi molti ricoverati” per i quali il quadro clinico e gli esiti delle TAC corrispondevano a una diagnosi di caso sospetto di COVID-19 (avendo “escluso altre comuni eziologie respiratorie come l’influenza”) – “risultare negativi all’RNA virale” del SARS-CoV-2
10.
Nel febbraio 2020, alcuni studi di prossima pubblicazione condotti da radiologi cinesi hanno reso noto per esempio che in diversi casi la TAC al torace evidenziava anomalie da polmonite prima che i pazienti diventassero positivi al test in RT-PCR
11 (e per alcuni la conferma della positività era stata preceduta da diversi risultati negativi
12).
Va comunque precisato che la TAC può al massimo integrare un test specifico perché da sola non è in grado di dare certezze rispetto all’origine della polmonite.
Con l’andare del tempo, sia altri studi scientifici
13 sia i mezzi d’informazione hanno portato alla luce vari altri casi “falsi negativi”
14,
incerti o fluttuanti
15.
Del resto, sono le stesse aziende produttrici ad avvertire che, essendo “inteso per la rilevazione qualitativa di acidi nucleici del SARS-CoV-2” nei campioni prelevati dalla mucosa rinofaringea, eventuali “risultati negativi non precludono un’infezione da SARS-CoV-2 e non dovrebbero essere usati come base esclusiva per le decisioni riguardo alla gestione del paziente. I risultati negativi devono essere incrociati con le osservazioni cliniche, l’anamnesi del paziente e informazioni epidemiologiche”
16.
Secondo quanto riportato da «Mercury News», il dipartimento di salute pubblica della contea di Santa Clara, in California, ha precisato che “il test non è validato per l’uso in soggetti asintomatici, ed eseguirlo su chi non ha sintomi potrebbe produrre risultati negativi falsamente rassicuranti”
17.
Oltre a semplici ragioni tecniche (errori procedurali in fase di raccolta, di trasporto e di analisi, esami effettuati troppo presto o troppo tardi rispetto all’infezione, contaminazione dei tamponi, come è emerso in diversi stati
18),
uno dei possibili motivi dei falsi negativi è un livello troppo basso di viremia (o carica virale) all’interno del campione analizzato. A questo proposito, alcuni ricercatori cinesi, impegnati a determinare i modi di trasmissione del virus, hanno segnalato che la scelta del campione (ad esempio fluido broncoalveolare, sputo, mucosa nasale o faringea) può influenzare significativamente l’esito del tampone in virtù della diversa viremia nei vari siti di prelievo
19.
L’aspetto quantitativo non è indifferente ai fini diagnostici: di per sé, infatti, la mera presenza del virus non è indicativa di una manifestazione patologica (tanto è vero che gli esseri umani convivono abitualmente con un enorme numero di virus), perché è la sua replicazione in una moltitudine di cellule che può portare alla manifestazione di una malattia.
È noto d’altro canto che i test attualmente in uso sono intesi per la rilevazione qualitativa non del virus in sé, ma solo di piccole sequenze che dovrebbero essere specifiche del virus stesso (come dei segni di riconoscimento) e che vengono poi amplificate, cioè replicate in moltissime copie indispensabili per l’analisi molecolare e genetica. L’esito positivo o negativo dipenderà dal fatto che il numero di cicli di amplificazione necessari per reperire il materiale virale desiderato sia rispettivamente inferiore o superiore a una soglia stabilita in precedenza. Il test non è però in grado di definire precisamente l’aspetto quantitativo, se non come supposizione indiretta di una carica virale che si presume significativa nel caso sia stata reperita prima del numero di cicli fissato come soglia minima di sensibilità. Ecco perché diverse concentrazioni di materiale virale in vari siti di prelievo possono produrre risultati fluttuanti.
Poiché tuttavia nei virus a RNA la mutabilità è notevole (per cui sarebbe più corretto parlare di infezione non di un virus, bensì di una popolazione virale di mutanti molto simili che si modificano ulteriormente nell’organismo umano), accade talvolta che, nonostante i test siano progettati per rilevare sequenze di genoma virale “conservate”, cioè condivise tendenzialmente da tutti i ceppi, se la mutazione interessa proprio quelle parti il risultato sarà un falso negativo. Lo dice chiaramente anche il CDC americano (Centers for Disease Control and Prevention, l’equivalente dell’Istituto Superiore di Sanità) nelle sue istruzioni per l’uso del test, precisando che “se il virus muta nella rRT-PCR target region [la sequenza scelta come “segno di riconoscimento”], il 2019-nCoV può non essere rilevato oppure può essere rilevato meno prevedibilmente. Gli inibitori e altri tipi di interferenza possono produrre un falso negativo. Uno studio di interferenza che valuti gli effetti dei comuni medicinali contro il raffreddore non è stato condotto”
20.
In sostanza, parafrasando il dottor John Swartzberg, specialista in malattie infettive e professore emerito alla UC Berkeley’s School of Public Health, pretendere che un tampone possa dire con certezza che qualcuno non ha l’infezione è chiedergli troppo
21.
D’altra parte si può anche verificare il caso opposto di altri virus che abbiano una sequenza molto simile o coincidente con quella scelta come obiettivo del test per il 2019-nCoV. In tal caso l’esito potrebbe essere un falso positivo. Il problema di fondo dei tamponi è che “non c’è stato abbastanza tempo per valutarne la sensibilità e la specificità”
22.
I test per il SARS-CoV-2 non hanno ancora, infatti, un “gold standard”, cioè un test di riferimento che in questo caso è il sequenziamento, in virtù del quale si potrebbe conoscere la successione esatta di nucleotidi del genoma del virus, giungendo quindi a un dato molto più preciso sulla qualità del test, sul numero dei falsi positivi e negativi, sulla dinamica dell’epidemia e sul tipo di mutanti più o meno aggressivi che si sono formati
23.
Lo stesso gruppo di ricercatori europei che a gennaio ha messo a punto la metodologia in RT-PCR per rilevare il 2019-nCoV (e che già in passato aveva elaborato i test per il coronavirus della MERS
24)
ha spiegato che, contrariamente a quanto successo in occasione di altre emergenze sanitarie internazionali, quando isolati di virus erano largamente accessibili per verificare le performance dei test in RT-PCR, “nell’attuale caso del 2019-nCoV gli isolati del virus o i campioni di pazienti infetti non sono stati resi finora disponibili alla comunità internazionale di salute pubblica”
25.
I ricercatori non hanno quindi lavorato direttamente sul materiale virale, bensì sulle sequenze genomiche depositate in alcune banche dati online (virological.org e GISAID)
26.
Nel mese di marzo è stato spesso citato in rete, a proposito del tasso dei falsi positivi del test in RT-PCR per il SARS-CoV-2, uno studio cinese che stimava a circa il 50% “o anche più” il
Tasso potenziale di falsi positivi tra gli “individui asintomatici infetti” a stretto contatto con pazienti COVID-19. Lo studio è stato menzionato persino da funzionari americani per giustificare la scelta dell’amministrazione USA di non importare i test approvati dall’Organizzazione mondiale della sanità ma di attendere che fosse il CDC a svilupparne uno più affidabile. Pochi giorni dopo la pubblicazione online, tuttavia, lo studio cinese è stato ritirato dall’editore e, sebbene l’abstract sia tuttora disponibile nel database PubMed
27,
il link all’articolo originale non è più valido. Contattato dalla National Public Radio americana, l’autore principale dello studio, il professor Gui-Hua Zhuang dell’università Jiaotong di Xi’an, ha confermato che lo studio era stato ritirato per un problema che ha preferito però non specificare datane la “natura sensibile”
28.
1.2.2.
I test sierologici: una possibile soluzione?
L’incognita dei falsi positivi (e non solo) pone dilemmi di non più facile soluzione anche alle aziende di diagnostica tra le quali si è scatenata una gara a sviluppare un test sierologico (o anticorpale) per ovviare almeno in parte alle carenze oggettive di quello in RT-PCR il cui esito, come si è visto, è influenzato da diversi fattori: il tipo del campione e la capacità di prelevarlo, il diverso stadio dell’infezione, la qualità degli strumenti e dei reagenti
29.
L’analisi dei campioni (che genera risultati in media dopo 2 o 3 ore), deve essere condotta inoltre da tecnici qualificati in laboratori certificati e con strumentazioni costose
30.
È noto del resto che il cosiddetto tampone è molto più soggetto al rischio di falsi negativi se effettuato al di fuori della finestra temporale di replicazione del virus, ragione per cui è anche del tutto inadatto ad accertare se una persona asintomatica ha già avuto l’infezione in passato
31.
Proprio questo sarebbe invece uno dei principali punti di forza del test sierologico (oltre ad una maggiore rapidità e facilità di esecuzione), e chi lo sta sviluppando ha ovviamente tutto l’interesse a sottolineare le varie criticità del metodo RT-PCR.
Anche il test per gli anticorpi non è però esente da aspetti problematici, dal momento che la sua specificità dipende da un’approfondita conoscenza delle proteine del capside (l’involucro che avvolge il virione) e delle cosiddette proteine spike (le quali formano gli “aculei” che danno ai virus della famiglia Corona la loro caratteristica forma). È a queste proteine (o antigeni) che, in misura diversa, il sistema immunitario risponde producendo gli anticorpi rilevati dall’analisi sierologica. La sfida principale in questo caso consiste nella scelta di proteine virali o di porzioni di esse che siano peculiari del SARS-CoV-2 e che sollecitino quindi la produzione di anticorpi specifici contro quel virus, allo scopo di limitare il ben noto problema della cross-reactivity, vale a dire la possibilità che il test produca dei falsi positivi rilevando anticorpi simili (che “cross-reagiscono”), come quelli contro altri coronavirus quali il SARS-CoV (a cui fu attribuita l’epidemia di SARS del 2002) e gli altri associati al comune raffreddore. Le attenzioni della maggior parte dei ricercatori si sono concentrate soprattutto sulla glicoproteina spike (S), la quale contiene due sottounità (S1 e S2) che consentono rispettivamente la connessione e la fusione della membrana della cellula ospite.
Nonostante i molti test sierologici sviluppati in seguito alle epidemie di SARS e MERS
32,
il problema della scelta di un antigene specifico (meno definita per i coronavirus rispetto ai più studiati virus dell’influenza
33)
continua a essere di difficile soluzione anche per il 2019-nCoV, dato che circa tre quarti della sequenza degli amminoacidi della proteina S del nuovo coronavirus sono identici a quella del SARS-CoV
34,
per cui gli anticorpi contro il primo cross-reagiscono spesso contro gli antigeni del secondo (in particolare il dominio S2 e la proteina del capside del nucleo, mentre nella subunità S1 e nel dominio di legame del recettore [RBD] sembrerebbe esserci maggiore variabilità tra i vari coronavirus umani
35).
È dimostrato altresì che gli anticorpi contro il SARS-CoV cross-reagiscono a loro volta, in maggiore o minore misura, non solo con gli antigeni di alcuni coronavirus del raffreddore
36,
ma anche con gli autoanticorpi di diverse malattie autoimmuni, perciò chi ne è affetto potrebbe talvolta risultare un falso positivo
37.
Una volta superato lo scoglio della scelta, le sezioni della proteina virale devono poi essere prodotte in laboratorio mediante colture cellulari per essere incluse infine nei kit del test sierologico. L’espressione della proteina nella corretta struttura è spesso il passaggio più difficile tecnicamente, perché le strutture proteiche che emergono in seguito allo sviluppo in ambiente estraneo (per il quale è necessario un certo lasso di tempo) possono risultare abbastanza deformate da non essere riconoscibili agli anticorpi
38.
Tutte queste problematiche e incertezze, oltre a quelle che tuttora concernono la protezione immunitaria contro il SARS-CoV-2 e la sua durata, rendono dunque i test sierologici più adatti a ricerche epidemiologiche sulla diffusione del virus piuttosto che a fini diagnostici, per i quali sarebbe necessaria invece una validazione comparativa con altri test eseguiti su un vasto numero di persone.
1.3.
Fondamenti traballanti per sentenze inappellabili
In attesa di ulteriori sviluppi in campo diagnostico, i dati che sono stati forniti per mesi, e sui quali si sono fondate le analisi medico-epidemiologiche nonché le decisioni politiche, derivano dai risultati di test i cui margini di aleatorietà non sono un segreto per gli addetti ai lavori. Proprio in virtù di questa diffusa consapevolezza, non si possono che accogliere con maggiore costernazione le notizie di persone che hanno commesso o tentato il suicidio dopo essere state sottoposte al tampone e avere ricevuto un responso positivo
39 il quale,
come si legge nella sezione
Limitations delle istruzioni per l’uso del test RT-PCR pubblicate dal CDC, “può non indicare la presenza di virus infettivo” (o che “il 2019-nCoV sia l’agente causale dei sintomi clinici”
40).
Purtroppo, la stridente contraddizione tra la prudenza raccomandata sia dai produttori sia dagli organi di controllo e il valore di sentenza definitiva attribuito ai risultati da molte persone, spinte in alcuni tragici casi a gesti estremi probabilmente anche per effetto di un malsano e incalzante condizionamento mediatico (cui si aggiungono le difficoltà dell’isolamento o le condizioni insopportabili in cui sono costrette a lavorare in contesti difficili come quello sanitario), si è palesata innanzitutto proprio a quei livelli che per primi dovrebbero concorrere a fugarla.
Si è già avuto modo di citare, da una parte, gli avvertimenti inclusi comunemente nelle istruzioni per l’uso dei test riguardo ai risultati negativi che “non precludono un’infezione da SARS-CoV-2” e che, lungi dal costituire “una base esclusiva per le decisioni riguardo alla gestione del paziente […], devono essere incrociati con le osservazioni cliniche, l’anamnesi del paziente e informazioni epidemiologiche”
41.
Analoghe cautele vengono ribadite dalla Food and Drug Administration (FDA) in merito ai risultati positivi i quali, sebbene “indicativi della presenza del RNA del SARS-CoV-2 […], non escludono infezioni batteriche o co-infezioni con altri virus”, rendendo dunque necessaria una “correlazione clinica con l’anamnesi del paziente e altre informazioni diagnostiche” al fine di “determinare lo stato infettivo del paziente” stesso
42.
Alla luce di questi sensati inviti alla prudenza, suscita parecchie perplessità la definizione internazionale di “caso confermato” di COVID-19 stabilita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), per la quale rientra nella suddetta categoria “una persona con una conferma di laboratorio dell’infezione [del virus che causa] COVID-19,
a prescindere da segni e sintomi clinici”
43.
Da una tale antinomia tra l’univocità della formulazione dell’OMS, che presuppone un’assoluta – ma irrealistica – affidabilità dei test, e l’accortezza e moderazione generalmente consigliate (proprio per evitare di giungere ad affrettate conclusioni diagnostiche esclusivamente sulla base dell’esito del tampone) discendono una serie di rilevanti conseguenze che rischiano seriamente di falsare la comprensione e la gestione del fenomeno a vari livelli. Nel contesto di una dichiarata pandemia e alla luce della definizione appena citata, infatti, le autorità statali richiedono solitamente ai laboratori di comunicare in ogni caso “tutti i risultati positivi”, come dispone per esempio la FDA appena dopo avere precisato che gli stessi non escludono altre infezioni e che “l’agente rilevato può non essere la causa certa della malattia”44.
I casi di positività così indiscriminatamente computati finiscono per ingrossare le sempre più nutrite schiere dei contagiati che vengono registrate nelle statistiche ufficiali e poi comunicate quotidianamente, come è successo in Italia con “il bollettino delle 18”, un appuntamento al quale – secondo quanto scriveva ad aprile «La Stampa» – “gli italiani non resistono”, vivendolo “con il fiato sospeso in attesa della gioia finale”45. “Ma arriva sempre quel maledetto momento – proseguiva la art director del quotidiano torinese, Cynthia Sgarallino – in cui [il capo della Protezione civile] deve dirci quanti sono i deceduti. E lo vedi, soffre come te che senti i numeri che non si spostano di tanto, che sono sempre cifre assurde, che non arrivi mai a capire il perché”. Di certo, se le premesse su cui si fonda il macabro computo sono quelle eufemisticamente traballanti sopra esposte, i bollettini ufficiali continueranno a rigurgitare “cifre assurde”; né si può dire che le autorità e la pletora di simili insulsi articoli più o meno impressionistici abbiano mai fatto molto per aiutare “a capire il perché”, essendosi al contrario distinti nell’impresa di alimentare confusione e fomentare paure irrazionali.
(Davide Romano, 3 giugno 2020. Articolo scaricabile in pdf su Scribd, previa registrazione)
[
7] Per un’analisi articolata sulla scelta del campione, nonché su altri fattori che inducono a consigliare grande cautela nell’approccio alle statistiche ufficiali, v. Nate Silver,
Coronavirus Case Counts Are Meaningless*. *Unless You Know Something About Testing. And Even Then, It Gets Complicated, «FiveThirtyEight», 4/4/2020 (
https://fivethirtyeight.com/features/coronavirus-case-counts-are-meaningless/).
[
10] “Based on personal communications with colleagues, a significant portion of patients who otherwise fit the diagnosis based on clinical and chest CT findings, including many hospitalized patients, have tested negative for viral RNA. Other common respiratory etiologies, such as influenza, were excluded. These remain “suspected” cases and may be reflective of false negativity in sampling. In some patients, the virus may be present in the lower respiratory secretion but absent in the upper respiratory tracts”. Shu-Yuan Xiao, Yingjie Wu, Huan Liu,
Evolving Status of the 2019 Novel Coronavirus Infection: Proposal of Conventional Serologic Assays for Disease Diagnosis and Infection Monitoring, «Journal of Medical Virology» 92 (2020), pp. 464-467 (466):
https://doi.org/10.1002/jmv.25702.
[
11] “Viral nucleic acid test by RT-PCR assay plays a vital role in determining hospitalization and isolation for individual patients. However, its lack of sensitivity, insufficient stability, and relatively long processing time were detrimental to the control of the disease epidemic”. Tao Ai, Zhenlu Yang
et al.,
Correlation of Chest CT and RT-PCR Testing in Coronavirus Disease 2019 (COVID-19) in China: A Report of 1014 Cases, «Radiology», 12/2/2020 (solo online; di prossima pubblicazione)
https://doi.org/10.1148/radiol.2020200642.
[
12] V. Xingzhi Xie
et al.,
Chest CT for Typical 2019-nCoV Pneumonia: Relationship to Negative RT-PCR Testing, «Radiology», 12/2/2020 (solo online; di prossima pubblicazione):
https://doi.org/10.1148/radiol.2020200343.
[
16] Come si legge per esempio nelle istruzioni per l’uso del test cobas® della Roche: “Cobas® SARS-CoV-2[…] is a real-time RT-PCR test intended for the qualitative detection of nucleic acids from SARS-CoV-2 in clinician-instructed self-collected nasal swab samples (collected on site), and clinician-collected nasal, nasopharyngeal, and oropharyngeal swab samples from patients who meet COVID-19 clinical and/or epidemiological criteria […]. Negative results do not preclude SARS-CoV-2 infection and should not be used as the sole basis for patient management decisions. Negative results must be combined with clinical observations, patient history, and epidemiological information” (
https://www.fda.gov/media/136049/download). Simili istruzioni di altri produttori sono riportate nella pagina del sito della Food and Drug Administration relativa alle “Emergency Use Authorizations”:
https://www.fda.gov/medical-devices/emergency-situations-medical-devices/emergency-use-authorizations.
[
17] “The test is not validated for use in asymptomatic individuals, and testing those without symptoms may give falsely reassuring negative results and lead to missed infections or inaccurate safety recommendations”. Krieger,
Coronavirus False Test Results cit.
[
18] Cfr. Bill Gardner, Harry Yorke,
Coronavirus Testing Effort Hampered by Kits Contaminated with Covid-19, «The Telegraph», 30/3/2020 (
https://www.telegraph.co.uk/news/2020/03/30/uks-attempt-ramp-coronavirus-testing-hindered-key-components/); Shane Magee,
Thousands of Contaminated Test Kits Delivered to New Brunswick, «CBC», 16/4/2020 (
https://www.cbc.ca/news/canada/new-brunswick/test-kits-contaminated-new-brunswick-1.5534125); David Willman,
Contamination at CDC Lab Delayed Rollout of Coronavirus Tests, «The Washington Post», 18/4/2020 (
https://www.washingtonpost.com/investigations/contamination-at-cdc-lab-delayed-rollout-of-coronavirus-tests/2020/04/18/fd7d3824-7139-11ea-aa80-c2470c6b2034_story.html);
Contaminated Coronavirus Testing Kits from China Force UW School of Medicine to Pull Out Use Despite Limited Supply, «The Science Times», 21/4/2020 (
https://www.sciencetimes.com/articles/25409/20200421/contaminated-coronavirus-testing-kits-from-china-force-uw-school-of-medicine-to-pull-out-use-despite-limited-supply.htm).
[
19] Wenling Wang
et al.,
Detection of SARS-CoV-2 in Different Types of Clinical Specimens, «The Journal of the American Medical Association», 11/3/2020 (solo online; di prossima pubblicazione)
https://doi.org/10.1001/jama.2020.3786.
[
20] “If the virus mutates in the rRT-PCR target region, 2019-nCoV may not be detected or may be detected less predictably. Inhibitors or other types of interference may produce a false negative result. An interference study evaluating the effect of common cold medications was not performed”.
CDC 2019-Novel Coronavirus (2019-nCoV) Real-Time RT-PCR Diagnostic Panel. For Emergency Use Only. Instructions for Use, CDC-006-00019, Revision: 02, 15/3/2020, p. 33 (
https://www.fda.gov/media/134922/download).
[
21] “We don’t have a test that can definitely say someone is not infected […]. We are asking more of the test than it can give us”. Citato in Krieger,
Coronavirus False Test Results cit.
[
22] “Another concern related to the nucleic acid tests is that there has not been sufficient time to assess their sensitivity and specificity”. Xiao, Wu, Liu,
Evolving Status cit., p. 466.
[
23] Per la stesura di questa sezione mi sono avvalso di alcune informazioni fornite dalla dottoressa Loretta Bolgan, consulente scientifico in ambito tossicologico, farmaceutico e ambientale.
[
25] “In the present case of 2019-nCoV, virus isolates or samples from infected patients have so far not become available to the international public health community. We report here on the establishment and validation of a diagnostic workflow for 2019-nCoV screening and specific confirmation, designed in absence of available virus isolates or original patient specimens”. Victor M. Corman
et al.,
Detection of 2019 Novel Coronavirus (2019-nCoV) by Real-Time RT-PCR, «Eurosurveillance» 25 (2020), pp. 1-8 (2):
https://dx.doi.org/10.2807%2F1560-7917.ES.2020.25.3.2000045;
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6988269/. Cfr. p. 1-2.
[
26] “A viral genome sequence was released for immediate public health support via the community online resource virological.org on 10 January (Wuhan-Hu-1, GenBank accession number MN908947), followed by four other genomes deposited on 12 January in the viral sequence database curated by the Global Initiative on Sharing All Influenza Data”. Ivi, p. 1.
[
29] Cfr. Juanjuan Zhao
et al.,
Antibody Responses to SARS-CoV-2 in Patients of Novel Coronavirus Disease 2019, «Clinical Infectious Diseases», 28/3/2020 (online; di prossima pubblicazione), pp. 4-5:
https://doi.org/10.1093/cid/ciaa344.
[
30] Cfr. Zhengtu Li
et al.,
Development and Clinical Application of A Rapid IgM-IgG Combined Antibody Test for SARS-CoV-2 Infection Diagnosis, «Journal of Medical Virology», 27/2/2020 (online; di prossima pubblicazione):
https://doi.org/10.1002/jmv.25727.
[
31] Cfr. Li Guo
et al.,
Profiling Early Humoral Response to Diagnose Novel Coronavirus Disease (COVID-19), «Clinical Infectious Diseases», 21/3/2020 (online; di prossima pubblicazione), pp. 7-8:
https://doi.org/10.1093/cid/ciaa310.
[
33] Cfr. Saahir Khan
et al.,
Analysis of Serologic Cross-Reactivity Between Common Human Coronaviruses and SARS-CoV-2 Using Coronavirus Antigen Microarray, 25/3/2020 (preprint in bioRxiv):
https://doi.org/10.1101/2020.03.24.006544.
[
35] Cfr. Khan
et al.,
Analysis of Serologic Cross-Reactivity cit.
[
37] V. Yunshan Wang
et al.,
Cross-Reaction of SARS-CoV Antigen with Autoantibodies in Autoimmune Diseases, «Cellular and Molecular Immunology» 1 (2004), pp. 304-307.
[
40] “Detection of viral RNA may not indicate the presence of infectious virus or that 2019-nCoV is the causative agent for clinical symptoms”.
CDC 2019-Novel Coronavirus cit., p. 33.
[
42] “Clinical correlation with patient history and other diagnostic information is necessary to determine patient infection status. Positive results do not rule out bacterial infection or co-infection with other viruses. The agent detected may not be the definite cause of disease”. FDA,
Accelerated Emergency Use Authorization (EUA) Summary. COVID-19 RT-PCR Test (Laboratory Corporation of America), p. 1 (
https://www.fda.gov/media/136151/download).
[43] “A person with laboratory confirmation of COVID-19 infection, irrespective of clinical signs and symptoms”. World Health Organization (WHO), Global Surveillance for COVID-19 Caused by Human Infection with COVID-19 Virus. Interim Guidance, 20/3/2020 (https://www.who.int/docs/default-source/coronaviruse/2020-03-20-surveillance.pdf). Il corsivo è mio. La definizione è ripresa dallo European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC): https://www.ecdc.europa.eu/en/case-definition-and-european-surveillance-human-infection-novel-coronavirus-2019-ncov. Cfr. l’infografica quotidiana pubblicata dall’Istituto Superiore di Sanità (https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-sorveglianza-dati).
[44] “Positive results do not rule out bacterial infection or co-infection with other viruses. The agent detected may not be the definite cause of disease. Laboratories within the United States and its territories are required to report all positive results to the appropriate public health authorities”. FDA, Accelerated Emergency Use Authorization cit., p. 1.
[45] Cynthia Sgarallino, Coronavirus, quell’appuntamento con il bollettino delle 18 vissuto con il fiato sospeso in attesa della gioia finale, «La Stampa», 13/4/2020: https://www.lastampa.it/topnews/lettere-e-idee/2020/04/13/news/coronavirus-quell-appuntamento-con-il-bollettino-delle-18-vissuto-con-il-fiato-sospeso-in-attesa-della-gioia-finale-1.38714765.