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Mi chiedo.

Se qualcuno nel rimuovere i primi passi se lo chieda.

Dove sia finito il nostro patrimonio umano, quella Humanitas e la Pietas che nella storia hanno di noi fatto ciò che fino a ieri eravamo.

Se davvero abbiamo (ac)consentito con disciplina e a ragion serena che il nostro coscienziale DNA venisse messo in quarantena. Insieme a noi.

Ad essiccare evaporando tra la polvere dello sterilizzare senza sosta il nostro nudo sopravvivere. Senza altro percepire, senza più empatia. Senza vivere.

Ben lontani in protezione, noi e quel nostro fu prezioso patrimonio umano, dalle vite in equilibrio sopra il varco estremo bisognose di un solo gesto, l'incoraggiamento. Di conforto. Di una mano che accompagna. Della pelle, non del guanto.
Del nostro ultimo saluto qui, il loro arrivederci al di là.


Al posto nostro, quello umano.

Sacchi tute e telecamere puntate in una indegna e vergognosa gogna ad abbattere quel pudore e quella dignità essenziali nel momento del passaggio. In altra dimensione.

Un corteo senza scorta, nessuna corte.

Un inginocchiatoio vuoto. Nel buio coscienziale.

Mi chiedo.

Se qualcuno nel rivarcare i confini delle case e regionali se lo chieda.

Dove siano finiti i sorrisi dell'esistere, incontrare, dello scambiare. L’osare. Vivere.

L'empatia, la simpatia, la smorfia solidale che stiamo soffocando imperterriti sotto mascherine sterili, senza più l’ossigeno dell’essere. Umani.
Una stoffa rabberciata per uno scenico e filmico sopravvivere come piante in tante serre distanziate isolate ed isolanti che si nutrono sempre più di CO2, gli scarti di quel vivere che si va polverizzando per ridurre tutto in cenere. 

Tante arabe fenici che da quelle proprie ceneri poi risorgono rielevando le ali rafforzate grazie al Cielo al Cosmo a Dio?

Forse.

O forse, come sempre è accaduto, i nostri pluriInvocati a tutela e soccorso e in protezione – il Cielo, il Cosmo, Dio – non agiscono se non agiamo noi.

Forse il Cielo, il Cosmo, Dio davvero aspettano che ci muoviamo noi per poter esistere attraverso il nostro vivere, nelle scelte che noi poniamo quotidianamente in essere.

Forse attendono lassù quaggiù ovunque che torniamo noi ad indossare a volto aperto e sulla pelle nuda i guanti bianchi dell’Humanitas e della Pietas, la Saggezza della nostra eterna anima, il Coraggio dell’esistere, la Temperanza tra pulsioni eteriche e carnali, la Giustizia tesa all’armonizzazione degli opposti senza repressione. L’assonanza polifonica.

Le platoniche virtù, i cardini del vivere per e dentro un personale vivificare senza alibi né scuse la Fede la Speranza e ogni Carità. Il teologale.

Il patrimonio umano che ci è stato dato alla nascita in dotazione, gli strumenti dell’agire per (poter) riuscire allo scoperto, sollevare il velo e varcare il confinamento nella cavernicola illusione di un film da altri proiettato sulla nuda roccia, assumersi la vita sulla viva carne impregnata d’anima e uscire a dialogare con il Cielo il Cosmo Dio vis a vis. Da protagonisti immersi nel corale.
A volto finalmente smascherato.

Riguardo a tutte le azioni di iniziativa e di creazione c’è una verità elementare: appena uno si impegna a fondo, anche la Provvidenza si muove”. (Johann W. Goethe)

(Alessandra Tucci – 4 giugno 2020)

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