Il presidente del Movimento Roosevelt: la denuncia di Assange è stata a senso unico contro gli Usa, e ha messo a repentaglio militari sul terreno. Al Cairo, meglio il massone Al-Sisi dei Fratelli Musulmani che governavano prima di lui: ma il suo regime ostacola la ricerca della verità sulla fine di Giulio Regeni e ora ha colpito un altro giovane attivista, Patrick George Zaky, uscito dall'ateneo bolognese
«Gli Stati Uniti concedano la grazia a Julian Assange, vittima di una vera e propria persecuzione». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, interviene sul caso del giornalista australiano, creatore di WikiLeaks tuttora in carcere nel Regno Unito, in attesa di essere estradato negli Usa. «Se le rivelazioni di WikiLeaks sulle nefandezze commesse dal potere militare non hanno causato vittime - precisa Magaldi - sarebbe bene che le autorità statunitensi mettessero fine a questa tormentata vicenda, graziando Assange». Secondo Magaldi, va comunque tenuto conto del fatto che i "leaks" diffusi da Assange potrebbero aver messo in pericolo operatori dell'intelligence, svelandone l'identità.
«Inoltre - aggiunge Magaldi - la denuncia di Assange si è concentrata esclusivamente sugli Usa, ignorando le analoghe scorrettezze commesse da paesi come la Russia e la Cina: di questo, dovrebbe essere lo stesso Assange a scusarsi pubblicamente». Oltretutto, «solo un'assoluta imparzialità rende più autorevole la fonte, che viceversa potrebbe essere accusata di aver fatto il gioco di qualcuno». Tutto questo, ribadisce Magaldi, «nulla toglie alla grandezza dell'opera di Assange, che ha disvelato, di fronte all'opinione pubblica occidentale, l'incoerenza di chi si ammanta della retorica democratica». Meglio ancora sarebbe stato se Assange avesse prodotto analoghe rivelazioni «su chi non tenta neppure di apparire rispettoso dei diritti e dei valori della democrazia».
Retorica e ipocrisia contraddistinguono anche il capitolo doloroso dell'omicidio di Giulio Regeni, «sui cui contorni - avverte Magaldi - la narrazione dei media è ancora molto lontana dalla verità». Svetta, in ogni caso, la censura imposta dal regime del Cairo. «Il generale Al-Sisi è un massone», rivela Magaldi, autore del saggio "Massoni" (Chiarelettere, 2014) ed esponente del network progressista della massoneria internazionale. «Quando prese il potere in Egitto - aggiunge - valutammo la sua ascesa in modo positivo: benché non certo progressista, Al-Sisi era certo preferibile al fanatismo teocratico dei Fratelli Musulmani che l'avevano preceduto. Ora però l'atteggiamento dittatoriale di Al-Sisi non è più sopportabile - chiosa Magaldi - dopo l'ostinato silenzio sul caso Regeni e adesso anche l'arresto di Patrick George Zaky, giovane attivista egiziano formatosi all'università di Bologna».
Fonte: Gioele Magaldi Racconta, su YouTube il 10 febbraio 2020