I “left gatekeepers” sarebbero indispensabili poiché è proprio il cittadino più critico a dover essere tenuto sotto controllo da personaggi che appaiono come lui, ma che di fatto propongono una percezione della realtà che non minaccia affatto l’assetto di potere. In altre parole, il sistema ha oggi bisogno di creare gli stessi dissidenti o intellettuali critici, affinché i cittadini più attenti non si rivolgano ai veri dissidenti, tenuti ai margini della realtà mediatica. Questi gatekeepers fungono da esche, per tenere ancorate al sistema persone che altrimenti se ne allontanerebbero pericolosamente.
Smascherare i gatekeepers può essere facile se non si è soggiogati ai meccanismi tipici della cultura di massa. Può essere difficile quando un determinato personaggio che svolge funzioni di Gatekeeping raggiunge una notevole popolarità e ha i suoi “fans”, esercitando una certa suggestione e influenza. Addirittura, in alcuni casi, gli stessi “fans” diventeranno piccoli gatekeepers, pronti a reagire contro coloro che smascherano la malafede dei loro idoli, utilizzando metodi propri della cultura di massa, ovvero cercando di colpire la persona, non potendo confutare i concetti»; Antonella Randazzo ci spiegherà anche effetto “interazione parasociale” (IPS); scriverà quanto segue: «Oggi le tecniche mediatiche per suscitare consensi politici, o per vendere prodotti, sono diventate sempre più sottili ed efficaci, ci vedono ignari di subirle, e pochi sospettano della loro esistenza.
Ad esempio, una tecnica si basa su quello che è stato denominato effetto “interazione parasociale” (IPS), ovvero la creazione di personaggi che producono affezione e dunque agiscono da esche per catturare consenso o per vendere prodotti (commerciali o ideologici). L’effetto IPS è la tendenza psicologica a stabilire legami con personaggi dei media.
(...) L’effetto IPS crea un legame emotivo con il personaggio mediatico, basato sull’immagine creata dai media, e sulla fiducia suscitata dal gatekeeper.
È ovvio che la persona comune non sospetterà di un personaggio che, ad esempio, si propone come colui che svela gli inghippi del potere, e critica aspramente i politici. In tal caso si crea fiducia, e dato che il sistema potenzierà una notevole disinformazione, molti non si accorgeranno dell’inganno.
L’effetto IPS fa dimenticare che le persone che appaiono spesso sui media non possono essere veramente “nemici” del sistema, in quanto personaggi ospitati da chi regge le fila della realtà mediatica. In altre parole, sarebbe assurdo ritenere che coloro che spendono miliardi di Euro per tenere sotto controllo l’opinione pubblica tramite i mass media, poi facciano l’errore grossolano di dare importanza mediatica a chi ostacola il loro potere. Essi sanno benissimo quanto è importante ciò che appare nei media. È chiaro che tutti i personaggi che hanno particolare rilievo positivo sui media di massa sono in realtà gatekeepers. Per verificarlo con certezza si deve semplicemente ascoltare attentamente quello che dicono e fare la “lista” di quello che non dicono o che mistificano»; concluderà la sua denuncia, affermando:
«L’unico modo per difendersi da questo fenomeno è quello di cercare per quanto possibile di informarsi correttamente e di dubitare di qualsiasi personaggio che gode di un certo rilievo mediatico, potendo appurare che egli apparirà reticente sulle sopraelencate questioni.»
Sempre riguardo al devastante fenomeno del Gatekeeping, il giornalista Paolo Barnard, scriverà: «Mi preme rispondere in particolare a chi si scandalizza perché “fra tutti gli stronzi che ci sono in Italia, Paolo Barnard se la prende sempre con i Travaglio, Saviano, Grillo, eccetera, con i pochi cioè che almeno tentano di fare qualcosa.”
Orbene, io non me la prendo con loro. Fate attenzione. Me la prendo con qualcosa di molto molto più grave e che tocca i Travaglio, Grillo, Saviano solo tangenzialmente. Si tratta della perfida abilità del Sistema di manipolare l'Antisistema così da renderlo inefficace. Il Sistema promuove con i suoi metodi canonici - che sono i successi massmediatici ed editoriali - guarda caso solo certi personaggi “scomodi”, quelli che a guardare bene non stanno intaccando un accidenti di nulla al livello profondo del Sistema. Ecco che noi poveri polli vediamo trionfare sulle barricate della “resistenza” nomi come Saviano (per ora innocuo all'Azienda Camorra), come Travaglio e Grillo (innocui alle Destre neoliberali che ci stanno divorando la vita), la Guzzanti (innocua anch'essa), come Rizzo e Stella (utilissimi alla vera Casta), eccetera.
Vi sto dicendo: piantatela di farvi incantare dal Sistema e dai suoi “antagonisti” innocui. Guardate oltre, là dove il Sistema ha veramente i suoi pochissimi oppositori. Dove? Sicuramente non in uno studio della RAI in prime time, o su un palco di fianco a Bertinotti, non sulle pagine del New York Times o a teatro con le prime tre file riservate ai Vip.
E torno a Saviano per l'ultima volta. Ribadisco: è un egregio divulgatore, ma non certo un nemico delle mafie. Perché vi sembra possibile che in una terra che ha partorito centinaia di eroi antimafia morti incaprettati senza mai essere apparsi su un giornale, e dove proprio oggi vivono cronisti in pericolo, senza scorte, che più neppure un foglio locale vuole pubblicare, seppelliti nell'anonimato e rifiutati da qualsiasi editore perché, loro, i nomi li hanno fatti e sono nomi di politici e avvocati e finanzieri collusi, vi sembra possibile dicevo che da quei posti possa di colpo sbucare un giovane che per aver rivelato nulla di destabilizzante per l'Azienda Camorra viene da essa condannato a morte, poi passa dalla sua lambretta alla Mondadori di Berlusconi direzione Academy Awards di Hollywood sul tappeto rosso della presidenza della Repubblica e del comitato dei Nobel? Non vi chiedete un macroscopico “Ma che significa?”, non stride qualcosa? Da Cosimo Cristina a Mario Francese fino a Peppino Impastato, da Mauro Rostagno a Giancarlo Siani, chi di loro prima di morire fu Superstar?»
L’informazione ufficiale…
Il giornalista Paolo Barnard, nel pezzo “L’informazione è noi”, scrive:
«Di chi è colpa? Non è colpa di Silvio Berlusconi, di Romano Prodi, di Cicchitto, di Casini, di Caltagirone, e soci. Non è colpa della Casta, né di quella dei giornali coi milioni di euro di prebende, e non è stata colpa di Ingrao, Forlani o Craxi. Non è la Mafia, non sono le logge dei venerabili, né l’Opus Dei, non è Confindustria o la lobby bancaria. La colpa è nostra. Punto. L’informazione che abbiamo è quella che noi italiani vogliamo.
Qui si potrebbe concludere il mio saggio sullo stato dell’informazione in Italia…
Lo scadimento dell’informazione in questo Paese riflette ciò che noi siamo, in TV particolarmente. Nulla meglio si adatta al caso Italia del sagace commento di Barnes Clive, nota firma del New York Post, che sull’odierne tendenze dei palinsesti televisivi ebbe a dire: “La televisione è la prima cultura genuinamente democratica, la prima cultura disponibile a tutti e retta da ciò che la gente vuole. La cosa più terribile è ciò che la gente vuole”. E in effetti si rimane perplessi, se non un tantino delusi, dal semplicismo delle analisi di personaggi come Beppe Grillo e altri…
(...) Illuminante fu un episodio da me vissuto in Gran Bretagna nel corso di un reportage sull’Auditel inglese che svolgevo a fine anni Novanta per conto di Report. Nel corso dell’intervista al responsabile dei palinsesti della maggior Tv commerciale britannica, ITV, mi fu rivelato che la prima serata di quel network era riservata in maggioranza a programmi di alta qualità informativa. Com’era possibile? “Perché il miglior consumatore di questo Paese” spiegò il funzionario, “è l’inglese della classe media, e quel tipo di ascoltatore premia immancabilmente con il telecomando la tv di qualità. Ed è lì che ovviamente si fiondano i nostri inserzionisti”. Semplice. Sono inglesi, tutto qui. Non per nulla la sera della vigilia di Natale del 1999 la BBC 2 trasmise in prime time e per un’ora e mezza uno special dedicato al suo cameraman Mohamed Amin, l’uomo che nel 1984 ebbe lo straordinario merito di noleggiare un bimotore privato a sue spese ( e nei tempi delle sue ferie) per volare in Etiopia a filmare l’immane tragedia della devastante carestia che stava decimando quel popolo, e che divenne grazie a quelle scioccanti immagini una causa celebre con l’intervento di Bob Geldof e della sua Live Aid l’anno successivo. Ve l’immaginate voi una prima serata natalizia di quel tipo alla RAI? Che share farebbe?»
La “democrazia” (non a caso virgolettata ovunque in questo pezzo)…
Scrive Giorgio Gaber:
«Dopo anni di riflessione sulle molteplici possibilità che ha uno Stato di organizzarsi, ho capito che la “democrazia”... è il sistema più democratico che ci sia.»
Dunque c’è la dittatura, la “democrazia” e... basta. Solo due. Credevo di più. La dittatura chi l’ha vista sa cos’è, gli altri si devono accontentare di aver visto solo la “democrazia”.
lo, da quando mi ricordo, sono sempre stato democratico, non per scelta, per nascita.
(...) Va be’, del resto come si fa oggi a non essere democratici? Sul vocabolario c’è scritto che la parola “democrazia” deriva dal greco e significa “potere al popolo”. L’espressione è poetica e suggestiva. Sì, ma in che senso potere alta popolo? Come si fa? Questo sul vocabolario non c’è scritto.
Però si sa che dal ‘45, dopo il famoso ventennio, il popolo italiano ha acquistato finalmente il diritto di voto. È nata così la “democrazia rappresentativa” nella quale tu deleghi un Partito che sceglie una coalizione che sceglie un candidato che tu non sai chi sia e che tu deleghi a rappresentarti per cinque anni. E che se io incontri ti dice: “Lei non sa chi sono io!” Questo è il potere del popolo.
Ma non è solo questo. Ci sono delle forme ancora più partecipative. Per esempio il referendum è addirittura una pratica di “democrazia diretta”... non tanto pratica, attraverso la quale tutti possono esprimere il loro parere su tutto. Solo che se mia nonna deve decidere sulla Variante di Valico Barberino-Roncobilaccio ha qualche difficoltà. Anche perché è di Venezia. Per fortuna deve dire un “Sì” se vuoi dire no e un “No” se vuoi dire sì. In ogni caso ha il 50% di probabilità di azzeccarla. Comunque il referendum ha più che altro un valore folkloristico, perché dopo aver discusso a lungo sul significato politico dei risultati tutto resta come prima.
Un altro grande vantaggio che la “democrazia” offre a mia nonna, cioè al popolo, è la libertà di stampa. Nei regimi totalitari, per esempio durante il fascismo, si chiamava propaganda e tu non potevi mai sapere la verità. Da noi si chiama “informazione”, che per maggior chiarezza ha anche il pregio di esser pluralista. Sappiamo tutto. Sappiamo tutto, ma anche il contrario di tutto. Pensa che bello. Sappiamo che l’Italia va benissimo, ma che va anche malissimo. Sappiamo che l’inflazione è al 3, o al 4, o al 6, o anche al 10%. Che abbondanza! Sappiamo che i disoccupati sono il 12% e che aumentano o diminuiscono a piacere, a seconda di chi lo dice.
(...) Comunque è innegabile che fra un regime totalitario e uno democratico c’è una differenza abissale. Per esempio, durante il fascismo non ti potevi permettere di essere antifascista. In “democrazia”, invece, si può far tutto, tranne che essere antidemocratici.
Durante il fascismo c’era un Partito solo al potere. O quello o niente. In “democrazia”, invece, i Partiti al potere sono numerosi e in crescita. Alle ultime elezioni, fra Partiti, liste autonome, liste di area, gruppi misti, eccetera, ce ne sono stati 248… Più libertà di cosi si muore!
Del resto una delle caratteristiche della “democrazia” è che si basa esclusivamente sui numeri… come il gioco del Lotto, anche se è meno casuale, ma più redditizio. Più largo è il consenso del popolo, più la “democrazia”, o chi per lei, ci guadagna.
Quello del popolo è sempre stato un problema, per chi governa. Se ti dà il suo consenso vuoi dire che ha capito, che è cosciente, consapevole, e anche intelligente. Se no è scemo.
Comunque, l’importante è coinvolgere più gente possibile. Intendiamoci, la “democrazia” non è nemica della qualità. È la qualità che è nemica della “democrazia”. Mettiamo come paradosso che un politico sia un uomo di qualità. Mettiamo anche che si voglia mantenere a livelli alti. Quanti lo potranno apprezzare? Pochi, pochi ma buoni.
No, in “democrazia” ci vogliono i numeri, e che numeri. Bisogna allargare il consenso, scendere alla portata di tutti. Bisogna adeguarsi.
E un’adeguatina oggi, un’adeguatina domani... e l’uomo di qualità a poco a poco ci prende gusto... e “tac”, un’altra abbassatina... poi ce n’è un altro che si abbassa di più, e allora anche lui... “tac”... “tac”... ogni giorno si abbassa di cinque centimetri.
E così, quando saremo tutti scemi allo stesso modo, la “democrazia” sarà perfetta.»
Conclusione…
Riguardo al devastante fenomeno del Gatekeeping, mi sento di dire quanto segue: tutte le volte che guardate la TV, ascoltate la radio, leggete un giornale, un libro, un blog, un qualsiasi canale informativo “importante” come pubblico, tenete sempre ben in mente quanto appena letto, ricordatevi sempre del devastante fenomeno del Gatekeeping; ricordatevi che gli “esperti” che state ascoltando (giornalisti, scrittori, opinionisti, intellettuali, scienziati, politici, economisti, sindacalisti, artisti: cantanti, attori, presentatori, i cosiddetti “comici”), potrebbero essere dei gatekeepers.
Riguardo al devastante fenomeno del Gatekeeping non voglio in questo momento emettere una “sentenza definitiva” contro nessuno, ma voglio sicuramente tenere altissima l’attenzione di tutti. Aggiungo: sicuramente per quanto riguarda il devastante fenomeno del Gatekeeping, ad oggi, la gente comune non può essere “criminalizzata”: è una roba troppo astuta e “sofisticata” per essere compresa…
Riguardo all’informazione ufficiale ed alla “democrazia”, invece, mi rifaccio alle parole del giornalista Paolo Barnard:
«Di chi è colpa? Non è colpa di Silvio Berlusconi, di Romano Prodi, di Cicchitto, di Casini, di Caltagirone, e soci. Non è colpa della Casta, né di quella dei giornali coi milioni di euro di prebende, e non è stata colpa di Ingrao, Forlani o Craxi. Non è la Mafia, non sono le Logge dei venerabili, né l’Opus Dei, non è Confindustria o la lobby bancaria. La colpa è nostra. Punto.»
Vincenzo Bellisario
(Articolo del 13 gennaio 2016)