In caso di no-deal, la Gran Bretagna potrebbe ritrovarsi di fronte a gravissime scelte di austerity, “dettate” da dinamiche economico-finanziarie globali.
Chi ha votato Brexit, sperando di poter riconquistare la porzione di sovranità pro quota che spetta ad ogni cittadino di una democrazia, potrebbe ritrovarsi a subire le speculazioni, i dogmi, e le imposizioni dei mercati internazionali molto più di quanto non facesse prima.
Stanno già preparando il terreno per l’attacco allo stato sociale britannico; questo articolo dell’Evening Standard ne è una prova, e la graduale privatizzazione del sistema sanitario nazionale ne è l’inizio...
Tutto questo mi porta a riflettere sulla battaglia che dobbiamo portare avanti in Europa.
Questa dis-Unione Europea non va cambiata, va radicalmente, completamente e letteralmente rivoltata sottosopra.
Infatti, se questa dis-Unione Europea mette l’economia neoliberista - ed i suoi faziosi indicatori economici - sopra la politica, noi dobbiamo creare una federazione di stati in cui il popolo sia sovrano ed in cui la politica determini le scelte monetarie ed economiche, nell’interesse della collettività.
Le critiche a quest dis-Unione Europea sono più che fondate: gode dell’unico Parlamento al mondo senza potere legislativo, ha una Commissione di non eletti verso la quale non ci può nemmeno essere un voto di sfiducia, ed antepone interessi di potenti gruppi di privati agli interessi della collettività.
Addirittura, mi sentirei di dire che questa dis-Unione Europea tradisce i principi su cui si fondano le democrazie liberali, a partire dal famoso contratto sociale e dall’idea, già settecentesca, secondo cui non ci può essere “taxation without representation”. Un superministro dell’economia non eletto dal popolo, di chi dovrebbe fare gli interessi?
Nelle istituzioni di questa dis-Unione Europea sembra che ogni stato europeo abbia interessi particolari, da perseguire in ogni modo.
Eppure, con gli altri popoli europei abbiamo molto più in comune di quanto non siamo abituati a pensare.
In Europa, più che in ogni altro luogo del pianeta, i diritti dell’uomo hanno trovato vero riconoscimento. È tramite lo stato sociale che, nelle democrazie liberali degli stati europei, nel dopoguerra, si sono conciliate le libertà individuali con le responsabilità dell’individuo nei confronti della società. È in Europa che, sempre tramite lo stato sociale, abbiamo permesso ad intere generazioni di godere di pari diritti ed opportunità.
Quando si parla di quanto i popoli europei siano incompatibili, bisognerebbe confrontarli con culture extra europee. Non possiamo non apprezzare quanto e cosa ci accomuni in Europa. Non possiamo non apprezzare come il Popolo Europeo abbia messo, per generazioni, il benessere dell’Uomo al centro di politica ed economia.
È la storia recente, oltre a quella di secoli di sviluppo parallelo, che dovrebbe indicare chiaramente una base culturale e valoriale più che sufficiente per farci decidere di lottare, insieme ai nostri fratelli ed alle nostre sorelle in Europa, contro quei processi storico-economici che stanno dando al capitale finanziario più valore che alla vita delle persone.
Per cambiare questi processi storici - per cambiare la storia - non possiamo pensare di operare su scala nazionale. Non più. Tentare di combattere interessi, processi e dinamiche globali con politiche nazionali, come dice spesso Gioele Magaldi, sarebbe come voler combattere con arco e frecce chi usa missili balistici.
Viviamo in un mondo interconnesso e non possiamo far finta di niente. Non possiamo mettere la testa sotto la sabbia e sperare che nessuno ci veda. Piuttosto, dobbiamo organizzare una proposta politica tanto forte ed organizzata da scardinare le regole neoliberiste che mettono i capitali finanziari sopra il benessere della collettività.
Dobbiamo ripristinare il ruolo sovra ordinato della politica rispetto l’economia e dobbiamo armarci di strumenti politici che ci consentano di influenzare i processi globali di fronte ai quali le istituzioni nazionali sono oggi impotenti.
Per questo abbiamo bisogno di una federazione politica e democratica degli stati europei. Abbiamo bisogno dei valori, della forza, della credibilità e della spinta innovatrice che solo una federazione di stati europei può avere; non certo singole nazioni.
D’altronde, anche il Regno Unito - tanto ricco ed avanzato- oggi si trova in difficoltà per non aver affrontato il vero problema che gli si poneva davanti: cambiare l’Europa ed usarla come strumento per fare gli interessi e la volontà del popolo europeo, a prescindere dai dogmi dell'economia neoliberista.
Dalle trattative con la dis-Unione Europea, la Gran Bretagna sembra che uscirà sconfitta in ogni caso: se rimarrà nell’Unione, avallerà questo modello di dis-Unione Europea e dimostrerà che la volontà del popolo non conta davanti al potere dell’econocrazia neoliberista; se troverà un accordo in stile Norvegia, pagherà, per accedere al mercato unico, più del doppio di quello che pagava prima, senza nemmeno poter partecipare ai processo decisionali delle istituzioni in cui, in qualche modo, prima veniva rappresentata; se uscirà con uno strappo, il popolo si vedrà certamente strappato quello stato sociale che William Beveridge donò anche al resto d’Europa
Purtroppo, poche persone hanno visto che i burattinai preparavano per la Brexit una storia senza lieto fine, a prescindere dalle decisioni prese lungo il percorso.
L’unica via per garantire l’interesse e la sovranità del popolo britannico sarebbe stata quella di scegliere di farsi voce del vento di cambiamento nelle istituzioni europee, e lavorare per una federazione politica degli stati.
Cosí non è stato per la Gran Bretagna, ma puó essere per l’Italia.
L’Italia puó e deve lottare per la sovranità del popolo europeo.