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...teso a scongiurare il terrorismo di matrice islamica che insanguina il Mondo Occidentale e quello di matrice Occidentale che insanguina il Mondo Arabo (Parte Seconda)



Afferma Paolo Barnard: «I terroristi islamici sono degli assassini, talvolta di proporzioni mostruose, questo è fuori dubbio e nulla potrà mai giustificare i loro crimini. Questo mio pronunciamento è da mantenere nella memoria lungo tutta la narrazione che segue.»

Paolo Barnard affermerà che in tutti i suoi viaggi in Medio Oriente, alla domanda «Perché ci odiano?» (domanda che darà vita al suo libro), la risposta è sempre stata invariabilmente la stessa:

«Nessuno vi odia, odiamo le vostre politiche estere.» 



Odiano le nostre politiche estere (affermerà Paolo Barnard), ed è ciò che odiano di noi anche i terroristi islamici, precisamente il motivo per cui ci hanno alla fine attaccati, non per altro. In precedenza ho accennato alle parole con cui Osama Bin Laden ha confutato la nostra narrativa secondo cui la furia cieca di Al Qaida contro l’Occidente sia dovuta al loro odio per le nostre libertà e per la nostra democrazia. In un suo messaggio videotrasmesso da Al Jazeera il 29 ottobre del 2004, Bin Laden ebbe a dire:

«La sicurezza è un pilastro importante della vita umana. I popoli liberi non rinunciano alla loro sicurezza. Questo smentisce l’affermazione di Bush che noi odiamo la libertà.

Che ci spieghi perché non attacchiamo la Svezia, per esempio. È risaputo che quelli che odiano la libertà non hanno anime fiere, come le anime dei 19 [attentatori dell’11 settembre 2001, nda]... Noi vi stiamo combattendo perché siamo liberi e non accettiamo l’ingiustizia. Vogliamo ristabilire la libertà della nostra nazione. Così come voi distruggete la nostra sicurezza, noi distruggeremo la vostra.»

Tornando alla puntualizzazione di cui sopra fatta dal giornalista Paolo Barnard («I terroristi islamici sono degli assassini, talvolta di proporzioni mostruose, questo è fuori dubbio e nulla potrà mai giustificare i loro crimini. Questo mio pronunciamento è da mantenere nella memoria lungo tutta la narrazione che segue»), mi lego ad un suo commento estensivo sulle parole di Osama Bin Laden, il seguente:

«Ora, qualunque sia l’interpretazione che si vuole dare alle parole di un assassino di massa, una cosa è fuori dubbio: esse vanno prese sul serio, sempre nell’ottica di capire e non di giustificare si badi bene, perché parlano chiare. La Svezia delle libertà democratiche più avanzate non è nel loro mirino, non la odiano; quello che Osama Bin Laden, così come milioni di pacifici musulmani, odia di noi sono le nostre politiche estere verso i loro Paesi, che tutto sono state meno che giuste, illuminate o morali» e continua:

«Per quasi novant’anni i Governi occidentali hanno sostanzialmente ignorato il risentimento arabo causato da quelle politiche, nonostante fossero consapevoli sia della ferita che stavano infliggendo ai popoli mediorientali che della loro propensione a non dimenticare facilmente.

Non dimenticano, gli arabi, Arthur Balfour e il 1917 (Balfour è il politico che diede la Palestina ai sionisti). E deve assolutamente farci riflettere, per il nostro bene, che essa sia riaffiorata puntuale nelle prime parole che Osama Bin Laden rivolse all’America dopo le stragi dell’11 settembre 2001, quando affermò che “ciò che gli Stati Uniti assaggiano oggi è una piccola cosa rispetto a quello che noi abbiamo ingoiato per decenni. La nostra nazione [musulmana, nda] ha assaggiato questa umiliazione e questo disprezzo per più di ottant’anni”.

Il riferimento temporale, fatta la più elementare delle sottrazioni, è inequivocabile: duemilauno meno “più di ottant’anni” dà precisamente Arthur Balfour.»

Ancora: «Il 15 luglio del 1958, in un memorandum riservato, il presidente americano Eisenhower ammetteva che “c’è una campagna di odio nei nostri confronti, e non da parte dei Governi arabi, ma da parte della gente comune, ed è questo il problema”.

Su ciò non vi sono dubbi, come testimonia un altro documento Top Secret del National Security Council americano datato 24 gennaio 1958, dove si afferma: “Le risorse strategiche [mediorientali, nda] sono di tale importanza per il Mondo Libero, particolarmente per l’Europa occidentale, che è negli interessi della sicurezza degli Stati Uniti fare ogni sforzo per assicurarsi che quelle risorse siano disponibili e che siano usate per rafforzare il Mondo Libero”.

Nello stesso documento si trovano elencati con una chiarezza stupefacente tutti gli altri motivi di risentimento che a poco a poco alieneranno le simpatie arabe verso le potenze occidentali, fino alle deflagrazioni dei giorni nostri, e va tenuto a mente che si tratta di consapevolezze già assai chiare mezzo secolo fa: “… il conflitto arabo-israeliano; le aspirazioni arabe di autodeterminazione e di unità nazionale; la convinzione diffusa che gli Stati Uniti desiderino mantenere il mondo arabo disunito e che si stiano impegnando a lavorare con forze reazionarie per ottenere ciò; il sostegno americano per i suoi alleati colonialisti occidentali; e i problemi del commercio e dello sviluppo economico”. La scelta fu fin dall’inizio di ignorare le frustrazioni e le aspirazioni popolari degli arabi a favore di regimi illiberali che meglio servivano i nostri bisogni: “I nostri interessi economici nell’area ci hanno portato a stringere rapporti con elementi arabi il cui interesse principale è da una parte il rapporto con l’Occidente, e dall’altra lo status quo a casa propria”» (l’elenco è davvero lungo).

Paolo Barnard concluderà le sue riflessione su questo specifico passaggio con queste parole:

«Cinismo, trame, sfruttamenti su scala inimmaginabile per interessi di altrettanta ampiezza la cui destinazione era data per scontata.

Sapevamo assai bene che le nazioni arabe erano “sul punto di esplodere per il risentimento dovuto al cosiddetto imperialismo economico... dall’Iran all’Iraq, dalla Palestina all’Egitto e alla Tunisia”, ma le rimostranze degli arabi rimasero inascoltate su tutti i fronti, mentre per i nostri affaristi così come per le nostre cancellerie fu business as usual.»

Cito ancora una frase dell’Insider di Al Qaida che più colpì il giornalista Paolo Barnard (ovviamente la frase che segue ha colpito anche il sottoscritto: una frase che semplicemente conferma e rafforza quello che già era il mio pensiero…):

«Quelli che voi chiamate terroristi, sono giovani musulmani destrutturati fino all’estremo, poiché si sentono perduti in un mondo musulmano perduto dove tutto ciò che gli sta sopra, dall’economia alle classi dirigenti, è di fatto in mano all’Occidente, è alieno alla loro tradizione. Si sentono un cappio al collo che va stringendosi, e taluni si convincono che la fine di tutto ciò che concepiscono come propria identità culturale e religiosa sia vicina. Vanno nel panico, quindi tanto vale morire per l’Islam e guadagnarsi il Paradiso.»

Paolo Barnard parlerà approfonditamente della complicità dei nostri media per allontanarci dalla verità, il ruolo di Israele che sembra non essere proiettato verso la pace, i due pesi e due misure utilizzate dall'Occidente sui fatti che avvengono nei Paesi Arabi e su quelli che invece avvengono in Occidente, la carneficina in Iraq ed altro.

Proprio per quanto riguarda il capitolo dello “smembramento/carneficina dell’Iraq”, concluderà con le parole che seguono:

«A conclusione dei fatti riportati in questo capitolo può essere utile ricordare la narrativa sulle ragioni dell’odio musulmano contro l’Occidente democratico che i nostri eletti rappresentanti ci offrono come vera, accurata ed esaustiva di ogni altra analisi. L’italiano Berlusconi, il francese Chirac, il tedesco Schroeder, lo svedese Persson, il belga Verhofstadt, il russo Putin, così come l’australiano Howard e altri hanno adottato fotocopiandole le parole d’ordine dei tre leader della Guerra al Terrorismo, forma un coro dove all’unisono si dichiara che i terroristi islamici ci attaccano unicamente perché “odiano le nostre libertà e la nostra democrazia” (Bush), “sono una ideologia maligna contro il nostro stile di vita” (Blair), “vogliono distruggere la libertà e il nostro stile di vita” (Sharon). Tutto qui.» (quello di cui sopra è uno stralcio del passaggio che anticiperà il pezzo due pesi e due misure utilizzate dall'Occidente sui fatti che avvengono nei Paesi Arabi e su quelli che invece avvengono in Occidente).

Proprio riguardo a quanto appena citato, nel finale del pezzo, Barnard dirà:

«È bene che io non spenda troppe parole. Spero solo che chi ha letto abbia perlomeno iniziato a dubitare della narrativa dominante sul terrorismo, e abbia acquisito maggiori elementi per comprendere i veri motivi per cui esistono oggi gruppi di esseri umani votati alla violenza che sono spinti da un implacabile odio contro di noi.

La comprensione di quei motivi è l’unica via per fermarli, e per salvare la vita di coloro che potrebbero essere le loro prossime vittime.»

Riguardo alla tragedia israelo-palestinese, affermerà:

«Una fonte assai autorevole nell’universo del terrorismo islamico ci ha detto che l’implacabile oppressione storica dei palestinesi per mano israeliana è centrale nelle motivazioni che alimentano la Jihad (guerra santa) di Al Qaida e di ogni suo membro, da Bin Laden ai semplici adepti. Ed è parimenti vero, poiché più volte ribadito dai vertici di quella organizzazione criminale, che l’incondizionato appoggio che noi occidentali diamo a Israele, con il nostro endemico sistema di giudizio di due pesi e due misure applicato al terrorismo e sempre ciecamente a favore degli israeliani, primeggia fra i motivi che espongono anche noi all’odio degli islamici radicali.

Dunque è interesse di ciascun cittadino occidentale, oltre che moralmente doveroso, riconoscere il terrore praticato dallo Stato d’Israele e aiutare quel Paese e la sua gente a vederlo, a cessarlo, e a rinascere a nuova vita.»

Terminerà la sua lunga ricostruzione dettagliata che picchierà sicuramente molto duro contro il Mondo Occidentale, affermando:

«Precisato ciò rimane il fatto che innegabili sono i soffocanti limiti del mondo musulmano, e in particolare quelli dei suoi soffocanti vertici, che ancora oggi stentano penosamente a imboccare una strada di necessaria innovazione.»

Ebbene, bisogna sforzarsi di comprendere che quello che succede da alcuni nel mondo (in particolar modo dall’11 settembre del 2001 in poi - ovviamente anche prima) non è frutto dell’improvvisa ed immotivata pazzia di qualche singolo (che sicuramente esiste e continuerà ad esistere: come esiste ed esisterà sempre l’odio tra i popoli, l’odio tra le razze, l’odio religioso ed altro - su questo punto, secondo me, nulla è possibile), ma di un profondo senso di disagio, di sofferenza, di abbandono e d’impotenza accumulato negli anni. Per dirlo attraverso le parole dell’Insider di Al Qaida: queste persone si sentono «destrutturate fino all’estremo, poiché si sentono perdute in un mondo musulmano perduto dove tutto ciò che gli sta sopra, dall’economia alle classi dirigenti, è di fatto in mano all’Occidente, è alieno alla loro tradizione». Tutto ciò, come spiegato in questo lavoro di ricostruzione, affonda le sue radici nella storia ed è solo avendo una piena coscienza critica su tutto quello che è accaduto potremmo far sì che questo fenomeno (il fenomeno del terrorismo da ambo i lati), negli anni, possa risultare di peso sempre minore e chissà, magari, forse, un giorno (con tutte le innumerevoli difficoltà del caso), possa svanire.

Potrebbe essere proprio questo il primo passo da adottare in modo da poter arrivare gradualmente all’applicazione del concetto precedentemente esplicato nel pezzo “Gli Stati Uniti, l’Italia, il ruolo storico degli Stati Uniti in Italia e nel Mondo ed il concetto Globalizzazione applicato all’esportazione della Democrazia e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani” di Globalizzazione finalizzato all’esportazione della Democrazia e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, quindi delle Libertà per tutti e per ciascuno.

Vincenzo Bellisario

(Articolo del 4 dicembre 2015)

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