Pietro Senaldi: «Io lo so perché mi telefona. Passo per uno dei pochi economisti istituzionali anti-europeisti ma non è così. Io sarei per l' Europa unita, per questo non posso che dire peste e corna di quello che vedo a Bruxelles». Paolo Savona è uno dei più importanti economisti italiani, una autorità quanto a sistemi monetari internazionali. Era direttore generale di Confindustria ai tempi in cui era presidente Guido Carli, firmatario del Trattato di Maastricht ai cui parametri la crescita italiana economica è impiccata da vent' anni. Dai tempi dell' eurotassa di Prodi.
Professore, al vertice di Versailles i leader europei, Gentiloni incluso, sono parsi decisi a varare un' Europa a più velocità: per l' Italia è un affare o una fregatura?
«Cosa abbiano in mente non è chiaro. Il fatto che non lo dicano è un insulto alla democrazia e mi fa pensare che non abbia torto chi sostiene che Ue a più velocità significhi più Europa, quindi meno autonomia e più dipendenza dalle regole di Bruxelles».
L' Europa a più velocità è l' ammissione che la Ue ha fallito?
«Certo, significa riconoscere che l' Ue non funziona».
Dove e come abbiamo preso la strada sbagliata?
«Le difficoltà della Ue sono colpa delle élite che la guidano: dicono di interessarsi del popolo ma si occupano solo di loro stesse e non ammetteranno mai il fallimento dell' Europa perché significherebbe autocondannarsi. E questo acuisce il problemi. La mancanza di diagnosi comporta l' assenza di terapia. Le élite italiane hanno voluto questa Europa, sbagliando. Si prendano la colpa o qualcuno gliela attribuisca».
È possibile tornare alla vecchia Cee prima di Maastricht?
«Non solo è possibile ma doveroso. Il vero errore di Maastricht è stato costruire un' unione di vincoli invece che di opportunità, dichiarando però il contrario. Fu una grande bugia. L' Italia non fu bugiarda, ma solo illusa, e impreparata».
Gli europeisti dicono che stracciare i parametri di Maastricht sarebbe complicato e costoso.
«Per l' Italia mantenere l' Unione, l' eurosistema e il mercato unico o uscirci comporta lo stesso impegno.
Ma per lasciare la Ue servirebbero leader all' altezza, che ora non vedo: il problema del nostro Paese è politico prima che economico. Per fare ogni cosa al momento mancano i politici e forse ancor prima le idee e questo è il guaio, perché sarebbe un disastro se, anziché noi, fosse la speculazione internazionale a decidere l' Italexit».
Se l' Italia decidesse di violare i parametri di Maastricht sarebbe una soluzione o verrebbe invece strangolata dallo spread?
«Se tornasse a crescere con le giuste politiche fiscali e di taglio delle spese non sarebbe un problema. È una questione di leadership e di volontà degli italiani di collaborare: i cittadini vanno motivati e responsabilizzati».
Lei accusa Juncker di essersi reso conto che la Ue è in crisi ma di non avere soluzioni: cosa propone per salvare la Ue?
«Bisogna dare pieni poteri alla Banca Centrale Europea sul cambio dell' euro e consentirle di svolgere le funzioni di prestatore di ultima istanza a Stati, cittadini e aziende.
Quanto alla Commissione Ue, deve poter effettuare investimenti diretti a colmare il divario tra aree avanzate e arretrate».
Il problema della Ue, dicono da Bruxelles, è che gli Stati non hanno rinunciato alla propria sovranità. Condivide l' analisi?
«La rinuncia alla sovranità presuppone che essa restituisca risultati migliori di quelli che avremmo ottenuto gestendola noi. Purtroppo è accaduto l' opposto».
Esiste oggi un premier sinceramente europeista?
«La domanda non ha risposta. Quelli che oggi si dicono europeisti in realtà sono anti-italiani».
Che cosa succede se tra due mesi in Francia la Le Pen vince e diventa presidente?
«La Ue entra in una crisi mai vista».
Macron e Schulz, se vinceranno, potrebbero salvare l' Europa imponendo più flessibilità e smantellando Maastricht?
«Non dipende da loro: anche se vincessero e fossero d' accordo, non avrebbero il potere di rompere le catene dell' Europa».
La Merkel è stata il peggior leader europeo degli ultimi anni?
«La Merkel è stata il miglior leader tedesco. Non è europeista perché il suo elettorato non lo è».
Qual è la partita di Putin con la Ue? Aspetta che si sfaldi?
«Putin è realista. È contrario a un' Europa che lo danneggi. E questa lo danneggia. Non dimentichiamo che le sanzioni che gli Usa hanno imposto all' Europa di infliggere a Mosca sono ingiuste e nuociono alla nostra economia».
Vent' anni fa gli italiani erano i più europeisti ora sono i più euroscettici: come mai?
«Prima non avevano capito cosa fosse in realtà l' Europa. È andata come per l' euro: lo attendavamo come la manna perché ci avevano illuso, alcuni anche in buona fede, che ci avrebbe aiutato. Ma una volta provatolo, c' è voluto poco a capire che è stato un autogol».
Cosa ha scavato il fossato tra Bruxelles e le popolazioni?
«La Ue costruita intorno al mercato comune e alla moneta unica, senza democrazia e senza un super-Stato federale che li legittimassero».
Cosa c' è alla radice dei partiti nazionalisti?
«Solo il malcontento».
Perché in Italia, a differenza che in Francia o in Olanda, non c' è una forte destra anti-europeista?
«Non c' è una destra seria che abbia idea di dove portare il Paese. Chi semina vento, raccoglie tempesta».
Renzi ha fatto errori con la Ue?
«Ha accettato la Ue e le parlava contro allo stesso tempo. Così ha neutralizzato il suo agire e perso credibilità».
Quindi Renzi non ha segnato una rottura nei rapporti con la Ue rispetto a Monti e Letta?
«Gli italiani sono in rotta con la Ue e tutti i governi, indistintamente, hanno finto di ignorarlo. Gentiloni sta seguendo la linea dei predecessori».
Secondo lei la Corte di Strasburgo grazierà Berlusconi, riabilitandolo in tempo per il voto?
«Penso che Berlusconi si illuda, l' Europa non lo aiuterà».
La convince la proposta di Berlusconi di una doppia moneta?
«Non è assolutamente sensata».
Se davvero per accontentare l' Europa il governo alzerà l' Iva e taglierà gli sgravi significa che di fatto siamo commissariati?
«Siamo commissariati da tempo.
Non è necessario un aumento ulteriore dell' Iva a dimostrarcelo».
Come può l' Italia abbassare il proprio debito pubblico?
«Basta mettere la propria ricchezza a garanzia e al servizio del debito.
L' Italia si salva se il premier esercita le funzioni di capo ufficio dell' amministrazione dello Stato e la fa funzionare nell' interesse del cittadino e non della burocrazia».
Quando dopo le elezioni Politiche l' Italia si troverà senza governo, che cosa accadrà?
«Il vero dramma è che la presenza o l' assenza di un governo non muta la situazione del Paese».
Prevede uno scenario spagnolo, greco o Draghi diventerà premier a furor di popolo?
«I nostri problemi eccedono le capacità dei singoli, anche quelle di Draghi. La spinta deve venire dal popolo, che non deve illudersi sul ritorno di un duce o ducetto né sperare di poter vivere a spese della collettività. L' Italia ha dentro di sé le competenze politiche, tecniche e umane per farcela».
L' Italia può resistere con l' euro?
«È ciò che ha intenzione di fare, degradando anno dopo anno. Temo il lento degrado più dello shock forte negativo. L' euro ha portato più svantaggi che vantaggi a tutto il Continente».
Sono vere le voci di un' uscita della Germania dall' euro?
«Può avvenire solo quando la Germania non avrà più vantaggi dalla moneta unica. Allora farà ciò che l' Italia oggi non vuole fare».
È davvero convinto che ci convenga abbandonare l' euro?
«Sì, se non cambiamo Maastricht, se non cambiamo l' Unione, se Bruxelles non fa le correzioni richieste, ci conviene uscire».
C'è chi sostiene che l' atteggiamento tollerante di Bruxelles nei nostri confronti nasconda la decisione già presa di scaricarci: lo scenario la sorprende?
«Bruxelles sa bene che, come per la Grecia, se cede una maglia, il tessuto europeo si sfalda».
Quale ruolo mondiale può trovare l' Italia dentro questa Europa?
«Non possiamo trovare nessun ruolo. Così come è costruita, l' Europa è una gabbia e l' Italia può contare e fare sponda solo con se stessa».
Perché la Ue non prende seri provvedimenti contro il surplus commerciale della Germania?
«Non esiste un' Europa, ma una Germania circondata da pavidi».
Se ne può uscire? E come?
«Chiedendo di fare le correzioni necessarie e, se non le si ottiene, chiedendo che l' uscita sia governata; altrimenti l' Europa si sfalda e perdono tutti».
Finanza e globalizzazione sono compatibili con la democrazia?
«Democrazia, Stato e mercato devono controllarsi reciprocamente, senza che una istituzione prevalga sulle altre. Scartarne una, come fanno la Ue, la Cina e altri Paesi è sbagliato. La democrazia decide le leggi e la distribuzione del reddito, lo Stato ne garantisce l' applicazione e il mercato produce quanto più possibile liberamente. È tutto scritto nel mio libro "Dalla fine del laissez-faire alla fine della liberal-democrazia" (Rubbettino, 2012)».
Gli italiani hanno 6.300 miliardi di risparmio: i soldi ci sono ma non si spendono. Cosa si può fare?
«Il risparmio degli italiani è metà in finanza e metà in immobili. L' intermediazione di questi risparmi è altamente inefficiente, non di rado truffaldina, e le voglie della politica sulla ricchezza familiare inappagabili. Gli italiani non spendono perché il malgoverno genera in loro sfiducia e chi può tenta di difendersi risparmiando».
Quanto ci ha fatto male la crisi delle banche, che ha portato miliardi di risparmi all' estero?
«Moltissimo. E il bail-in, la legge che estende ai correntisti la responsabilità economica dei buchi delle banche, violando il principio costituzionale della tutela del risparmio, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso».
Mps era da salvare?
«Sì, ma non è stata salvata, è stata quasi salvata: tardi e male».
E le banche venete?
«Il Veneto è solido, le sue banche si riprenderanno».
Il mercato immobiliare crollerà ancora, visto che le banche immetteranno immobili per miliardi derivanti dai mutui?
«Le banche hanno la loro colpa, ma la tassazione sgangherata ha contato molto di più nella depressione del mercato. Finché non verrà alleggerita la pressione fiscale sulle case, i prezzi non ripartiranno».
Quasi dieci anni di crisi: non sarebbe il caso di ammettere che non è un' eccezione ma la regola?
«Ammetterlo equivarrebbe a ritenere che i gruppi dirigenti non possono cambiare, ossia che non c' è democrazia. Esiste sempre una soluzione tecnica. Manca la politica che la sappia cogliere.»