Parlare oggi del Diritto a Comunicare significa entrare purtroppo in un ambito che risulta essere ancora relegato al mondo dell'utopia, alla stregua del parlare di libertà dallo schiavismo ai tempi del mercantilismo cinquecentesco o del chiedere l'abolizione della pena di morte in un ordinamento giuridico antico, eppure un grande passo in avanti è stato compiuto negli anni Ottanta del Novecento quando, a seguito del Rapporto Mac Bride, l'Unesco ne sanciva ufficialmente l'esigenza per una reale democrazia moderna.
Poi però, dopo questo episodio, con l'avvento regressivo dell'ideologia economica neoliberista, caratterizzante la presente globalizzazione, tutta la Comunicazione, compresa quella pubblica, è stata assoggettata al libero mercato, come qualsiasi altra merce. Ma la Comunicazione, coinvolgendo a pieno titolo la sfera del mondo dello spirito umano ed essendo un elemento strategico fondamentale per la formazione culturale delle persone, non è assimilabile ad una merce. La bellezza, la qualità, la profondità del senso della vita, non sono valori quantificabili economicamente se vogliamo che l'uomo conservi la sua dignità. D'altra parte ora, con il libro di Magaldi, abbiamo scoperto che il progetto da parte dell'Elite consiste proprio in questo tentativo di riduzionismo ontologico dell'essere umano.
Come afferma uno dei personaggi di Viva la Libertà, il film di Roberto Andò, l'indecenza è diventata un'abitudine e la politica un'impostura. La battaglia fallimentare che a suo tempo Fellini portò avanti contro le interruzioni pubblicitarie nei film trasmessi in televisione, resta un esempio di impegno politico da riprendere e porre in primo piano da parte delle forze progressiste. Oggi, l'assuefazione alla logica uniformante, da parte dell'economia di mercato, dell'onnipresenza dei contenuti pubblicitari ovunque esista uno spazio comunicativo, fa sì che sia diventato addirittura difficile riconoscerne la tragedia.
Il problema comunque non è tanto l'inserimento del messaggio promozionale all'interno dei prodotti comunicativi, la cui pervasività ha reso la propaganda commerciale non più in funzione della comunicazione, ma è la comunicazione che è usata in funzione della pubblicità. Il problema vero è che le diverse e variegate funzioni che dovrebbe avere la comunicazione sono state tutte uniformate a questa unica logica commerciale.
Uno dei modelli più utili per riacquistare i significati fondamentali della Comunicazione e per disporre di una preziosa chiave ermeneutica del complesso sistema della comunicazione è la Mappa della Comunicazione, che Enrico Giardino ha introdotto nel suo libro "Comunicazione e potere: proposte per una rifondazione del sistema comunicativo" del 1991, da cui traggo le seguenti considerazioni.
La comunicazione del mondo moderno, da quella elettronica a quella interpersonale, costituisce un sistema integrato e complesso descrivibile con difficoltà. Tuttavia è possibile ed utile schematizzare l'intero sistema con una mappa della comunicazione basata su tre parametri assunti come principali:
1. le finalità dei gestori;
2. i mezzi di scambio dei messaggi;
3. i soggetti significativi da considerare nel sistema.
Tale mappa (vedi figura) può essere, per comodità visiva, essere rappresentata su uno spazio tridimensionale, nel quale i tre parametri principale figurano sui tre assi cartesiani.
- L'asse X indica le finalità prevalenti (anche considerati come vincoli), secondo sei componenti segmentati sullo stesso asse:
X1. Commerciali (pubblicitarie, propagandistiche, promozionali)
X2. Informative (notizie, documentarie e simili)
X3. Formative (educative, scolastiche, scientifiche, di sperimentazione)
X4. Spettacolari (evasione, fiction, intrattenimento)
X5. Istituzionali (governi, ministeri, enti pubblici e partiti)
X6. Sociali (comunitarie, tra gruppi di cittadini e associazioni)
Naturalmente ciascun gestore può decidere di assolvere ad una o più delle finalità indicate: ciò comporta vincoli specifici nell'atto di concessione e regole diverse a garanzia dei servizi. Inoltre nei vari bacini di utenza il pluralismo è anzitutto diversità equilibrata dell'offerta complessiva nell'interesse dei cittadini.
Un gestore di servizio pubblico, ad esempio, indipendentemente dal suo status giuridico e proprietario, dovrà impegnarsi nella convenzione a fornire un'offerta equilibrata e completa delle tipologie comunicative possibili (finalità), al livello geografico per cui ha titolo a trasmettere.
- L'asse Y definisce i mezzi di scambio o le modalità comunicative, secondo i seguenti segmenti:
Y1. Mediateche (agenzie giornalistiche, basi di dati, videoteche, audioteche, biblioteche, archivi della pubblica amministrazione, sedi di selezione, raccolta ed organizzazione di messaggi, ecc.)
Y2. Distribuzione mirata (distribuzione fisica o telematica di messaggi (circuiti distribuzione dei giornali, reti telecomunicative punto-punto, sale cinematografiche, rete delle edicole e librerie; reti cavo)
Y3. Diffusione su aree (radiotelevisiva, criptata o meno, terrestre o da satellite
Y4. Interpersonale (comunicazione e scambio diretti tra due o più persone come nel caso di scuole, teatri, conferenze, posta terrestre, telefono, fax, Internet, ecc.)
- L'asse Z definisce le categorie dei soggetti interessati, il cui status giuridico non deve essere confuso con le finalità di gestione dei servizi comunicativi: così un soggetto pubblico può avere finalità commerciali ed uno privato finalità sociali e formative.
Z1. Utenti (famiglie, studenti, giovani, anziani, ecc.
Z2. Associazioni (gruppi, movimenti, enti privati)
Z3. Istituzioni (governo, parlamento, partiti, sindacati, enti locali, ecc.)
Z4. Gestori (responsabili di reti di TLC, di testate, cinema, editori, ecc.)
Z5. Operatori economici (finanziatori, proprietari, editori, ecc.)
Z6. Decisori (amministratori, dirigenti, ecc.)
Z7. Controllori (garanti, sindaci, supervisori, ecc.)
Z8. Operatori esecutivi (lavoratori, dipendenti, collaboratori)
I diritti e gli interessi di queste categorie, a partire da quelli degli utenti destinatari che, in ultima istanza, costituiscono i finanziatori del sistema, devono essere previsti per legge e nella pratica operativa. Una normativa generale sulla comunicazione (o su un segmento di essa) dovrebbe disciplinare:
a) le sfere di potere/autonomia di ciascuno dei soggetti indicati nei processi comunicativi descritti sul rispettivo piano X-Y della mappa;
b) le regole, le procedure e i comportamenti reciproci dovuti e le rispettive sanzioni in difetto di osservanza (es. concessioni);
c) i rapporti tra il sistema comunicativo e gli altri settori correlati (es. economia, sistemi tariffari, ecc.), in particolare il rapporto tra sistema comunicativo italiano e quello europeo e mondiale;
d) le garanzie di qualità/costo di prodotti e servizi comunicativi nell'interesse dei cittadini-sistenitori del sistema.
Uno schema di legge, oltre che per aree geografiche (internazionale, nazionale, regionale, locale), può essere anche articolato in relazione ai processo pianificatori, gestionali e di controllo necessario ai mass media, anche in altri settori. In questo caso, ogni mappa può essere riferita ad uno specifico livello territoriale.
Utilizzazione della mappa della comunicazione:
La mappa consente di pensare alla comunicazione come ad un edificio composto di più piani a più stanze (cubi), tra loro collegati ma distinti: ciascuna stanza contiene una parte (cioè un settore specifico) del sistema. Ad esempio, per ogni tipo di soggetto considerato (Z = costante) si ha un determinato piano riguardante gli aspetti comunicativi visti nell'ottica del soggetto stesso (per esempio gli utenti).
Oppure il cubo individuato dai tre segmenti X2 - Y1 - Z1 è lo spazio dei servizi informativi (X2), disponibili attraverso le medianiche (Y1) secondo l'ottica degli utenti di tali servizi (Z1). Per questo spazio, come per l'intero edificio, debbono valere norme e diritti specificate in leggi, convenzioni, carte dei diritti.
Altro possibile esempio dell'uso della mappa è quello in cui si voglia proporre una normativa relativa ai gestori (Z4) di servizi comunicativi commerciali (X1): tale normativa deve riguardare lo scambio da Y1 a Y4, cioè tutti i possibili modi in cui lo scambio comunicativo può essere effettuato.
Non è superfluo aggiungere che gran parte delle leggi italiane, non solo per incultura dei proponenti e dei decisori, non risponde a tali requisiti, né nel metodo né nei contenuti. Infatti le norme inseguono spesso, con parzialità e ritardi, prassi acquisite dei più forti, che questi stessi vogliono al momento formalizzare come sanatoria del passato. Naturalmente, i silenzi ed i vuoti legislativi vengono subito riempiti da una "nuova prassi" dei potenti di sempre, che aprono così una nuova "fase operativa protetta e tollerata" dai governanti.
Inoltre ciascuna fase di "prassi-formalizzazione" è contraddistinta da illegalità più o meno spinte, rispetto alle quali il cosiddetto "Stato di diritto" si dimostra sempre più impotente e marginale. Un esempio storico al riguardo è costituito dalla vicenda radiotelevisiva italiana, iniziata nella prima fase con la rottura del monopolio Rai e finita prima con il "decreto Berlusconi" del 1985 e poi con la legge Mammì nella seconda fase. Nella terza fase il dopo Mammì: Berlusconi vende frequenze a lui non ancora assegnate, per costituire reti di pay-Tv, guarda caso non contemplate nella legge Mammì appena varata; una legge che pone da subito vincoli severi e divieti alle emittenti meno protette.
La mappa può servire in primo luogo ad analizzare le regole e le prassi vigenti in relazione ai diritti costituzionali, alle potenzialità reali dei sistemi comunicativi, ai "principi" dichiarati formalmente dai governanti (quali pluralismo, libertà, interesse pubblico e collettivo, democrazia, ecc.).
Così se analizziamo con l'aiuto della mappa la legge Mammì che, uscita con decenni di "ritardo", disciplinava il sistema radiotelevisivo italiano pubblico e privato, ne rileviamo subito le maggiori carenze strutturali, pur prescindendo dal carattere incostituzionale del suo impianto o della sua visione del rapporto "pubblico-privato".
Sul piano tecnico la normativa dovrebbe considerare tutti i soggetti, da Z1 a Z8, nell'attività di radiodiffusione (Y3) radiotelevisiva e con varie finalità (asse X).
Invece i limiti della legge, per chi appena la conosce, appaiono subito evidenti ed inaccettabili per chiunque.
Indichiamo qui i principiali:
- una legge di sistema, anche solo radiotelevisiva, implica ambiti e processi di tipo internazionale, oltre che nazionali e locali, di grande rilevanza tecnica e politica;
- la stessa "radiodiffusione" non esaurisce l'insieme dei servizi audiovisivi (meno che mai quelli comunicativi) possibili oggi, basti pensare ai servizi delle mediateche e a Internet;
- già oggi e più ancora in futuro, i servizi radiotelevisivi implicano l'uso di reti telecomunicative, fisse e mobili, di agenzie e fonti, di processi produttivi e distributivi che vanno dal livello internazionale a quello locale.
Ma pur volendo limitare alla sola diffusione l'analisi tecnica della legge spuntano altre carenze, non meno gravi:
a) la diffusione è solo terrestre e non criptata, per cui le reti Pay-Tv non erano previste dalla legge, così come non erano previsti i servizi di diffusione via satellite;
b) la diffusione di dati e telematica non era prevista.
I limiti sono ancora maggiori se si guarda ai segmenti degli assi Z (soggetti) ed X (finalità) della mappa.
Per i soggetti (asse Z):
- gli utenti hanno solo un Consiglio consultivo che dipende dal garante unico, di nomina governativa, nessun altro diritto.
- i diritti delle Associazioni vengono ignorati;
- i diritti degli operatori vengono ignorati;
- l'articolazione territoriale di decisori/controllori è inaccettabile, come l'assenza di ruolo delle assemblee elettive.
Per le finalità (asse Y):
- venivano ignorati o emarginati le finalità X6 (sociali), X3 (formative), istituzionali (X5), come il rapporto cittadini - istituzioni.
Inoltre ogni cittadino è interessato anche dai diritti complessivi rispetto alla comunicazione: in questi rientrano sia quelli complessivi rispetto alla comunicazione, sia quelli dei radiotelespettatori, come quelli degli studenti nella scuola o quelli dei lavoratori degli apparati comunicativi (testate, reti, teche, scuole, ecc.).
Inoltre la legge Mammì mistificava e strumentalizzava il rapporto Stato-Privato, appiattito su logiche mercantili e di sostegno monopolistico. Lo status giuridico dei gestori esistenti risultava essere solo quello privato (infatti anche la Rai è una Spa).
Ma la mappa può servire anche a formulare una carta dei diritti della comunicazione, una legge quadro nazionale, sulla quale definire leggi regionali, atti di concessione adeguati. Questi sono stati gli obiettivi portati avanti dal Forum DAC, il forum fondato nel 1990 da Enrico Giardino per il Diritto A Comunicare, fino al 2013, anno in cui il suo protagonista è venuto inaspettatamente a mancare.
La Mappa della Comunicazione
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- Postato da Leopoldo Antinozzi