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Leggendo l'articolo di Stefano Pica Totem e Tabù...'Sinistri', pubblicato sul blog del MR e rilanciato dalla importante testata online LibreIdee, sono rimasto un po' perplesso da un passaggio in particolare, che mi convince davvero poco: 

"E invece subiamo anche il totem dei “diritti per tutti”, «che nasconde il tabù di una “socializzazione della miseria” che alla fine tutela solo alcuni a danno di altri». In virtù del diritto, a sinistra, si tollerano spesso comportamenti criminosi, il cui costo è sulle spalle degli italiani più tartassati. «Quando la sinistra è divenuta progressista – scrive Pica – ha iniziato il suo lento declino, diventando la gran sacerdotessa della religione del progresso (che è intrinsecamente legata al liberismo)». Diventando progressista, la sinistra «si è condannata a confluire nel campo liberista, con la conseguente fine dell’opera socialista», insieme a cui «si è interrotto quel processo che ha fornito alle categorie popolari un prezioso linguaggio politico e una certa consapevolezza sul mondo che avevano davanti»".



Intanto, precisiamo che "Sinistra" e "Destra" nascono durante la Rivoluzione Francese: durante le sedute dell'Assemblea Nazionale, i più radicali, democratici e, quindi, PROGRESSISTI, trovarono posto a SINISTRA del Presidente dell'Assemblea. I più moderati, e dunque CONSERVATORI, a DESTRA. 
Sinistra è storicamente, politologicamente e filosoficamente, IL progressismo. Ovvero: più diritti per tutti, tra le altre cose. Esattamente il contrario di ciò che scrive Stefano Pica. E cosa dovrebbe rappresentare allora la Sinistra, la conservazione? E' quello che comunque sta accadendo, perché in Italia - sotto l'influenza del pensiero unico neoliberista - abbiamo un asservimento completo all'ideologia del mercato. Però in questo discorso pare che si usi una sorta di "neolingua" orwelliana. Non è affatto vero che la "religione del progresso è intrinsecamente legata al liberismo". Non è affatto vero che, "diventando progressista, la sinistra si è condannata a confluire nel campo liberista". Il "progressismo" è quella categoria secondo cui, le condizioni umane vengono migliorate "progressivamente". Il progressismo racchiude in sé il liberalismo di Roosevelt, di Keynes, di Beveridge, di Kennedy, di Rawls. Il progressismo comprende anche il socialismo liberale, o il socialismo democratico di Olof Palme. Ho citato solo degli esempi. 
Però bisogna fare una precisazione: se ci si riferisce al progressismo "all'amatriciana" (senza offesa per il piatto tipico) in voga oggi, cioè l'adesione alla Third Way di Anthony Giddens, allora il discorso di Stefano Pica sta in piedi. Se ci si riferisce anche al progressismo italico incarnato da alcune forze che concentrano la loro attenzione sui diritti civili, trascurando i diritti sociali, e comunque tenendo fermo il dogma del mercato, anche in questo caso il discorso sta in piedi. E sta in piedi in tutti i casi in cui il focus sui diritti civili, ma non su quelli sociali ed economici, rende i diritti civili un qualcosa di "cosmetico", finendo per non migliorare la qualità della vita di nessuno. Il classico esempio sta nei diritti dei gay: vanno bene i matrimoni gay e le adozioni, ma se non si risolve la crisi, come si può pretendere che queste coppie possano costruirsi un futuro e una famiglia e una vita dignitosa? 
Dunque, se Stefano Pica intendeva questo, io sono d'accordo, ma penso che la cosa vada specificata, altrimenti, letta così, nasconde ambiguità, nonostante ne rispetti il pensiero e la diversa opinione. 
E' sbagliato, a mio avviso, il focus sui diritti civili e non su quelli sociali; ma è anche sbagliato il contrario: quello sui diritti sociali, trascurando i diritti civili. Più diritti per tutti può significare - se non ci si preoccupa di risolvere la crisi - quella che Stefano Pica definisce la "socializzazione della miseria".

Volevo precisare un'altra cosa, cercando di non scadere nel feticismo delle etichette. Quando scrivo "non è affatto vero che la religione del progresso è intrinsecamente legata al liberismo", in parte mi sbaglio. Lo stesso Marx sostiene che il liberismo, e dunque la nascita della società capitalista, ha apportato un progresso nelle condizioni di vita umane. Ed è vero, nessuno può sostenere il contrario: prima del sistema capitalistico, avevamo quello medievale, di cui è superfluo descriverne le condizioni di vita. Dunque, il progresso passa anche per il liberismo, il cui ruolo nella storia è stato inizialmente rivoluzionario, poiché ha contribuito a distruggere dalle fondamenta l'ordine sociale dell'Ancien Regime. Il liberismo in sé per sé non è dannoso: prevede la libertà di ognuno di esprimersi, sviluppare i propri talenti, in quel luogo chiamato "mercato", per guadagnarsi i frutti del proprio lavoro e costruirsi un'esistenza dignitosa, evitando che un "Leviatano" se ne appropri indebitamente. Il grande problema sorge quando abbiamo la "religione del mercato", non la "religione del progresso": in questo senso, quando il mercato viene deificato, si sviluppa la teologia dogmatica che tutti conosciamo con nome di "neoliberismo".
Quindi, se si intendeva dire che la "religione del progresso" è intrinsecamente legata alla "religione del mercato", allora lì non sono d'accordo, a meno ché non si intenda per "progressismo" la concezione delle "fake left" alla Tony Blair, Renzi, Clinton, Boldrini, Zapatero, Hollande. Però la cosa, ripeto, andrebbe specificata, altrimenti rimane un'ambiguità di fondo, che cela un conservatorismo rispetto a tematiche di miglioramento delle condizioni umane.

Per concludere, volevo, invece fare un plauso alle seguenti affermazioni:

"Il socialismo ha rappresentato l’ideologia umanista per eccellenza, anche se oggi sembra essersi trasformata in un carrozzone, un libro di buoni propositi, certo non realizzabili dalle due sinistre ancora in campo: quella borghese e disincantata, «che ha subordinato l’ideologia progressista e illuminista al pensiero liberista e ad una astratta morale liquida», e la sinistra “popolare”, radicata in una narrazione «fuori dal tempo», che risponde al liberismo in modo “reazionario” e “arrabbiato”, sfoderando «una morale da internazionale para-religiosa». Una peggio dell’altra: di sicuro, secondo Stefano Pica, non hanno più nulla a che fare con il socialismo «se non su un piano velleitario e di facciata».".

Ed è anche da queste considerazioni che, a mio avviso, bisogna ripartire.

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