Segue un articolo pubblicato da “UPR - Union Populaire Républicaine” (https://www.upr.fr/) dal titolo “L’uscita furtiva dall’Euro”, tradotto e rilanciato da “Voci dall’Estero” (http://vocidallestero.it).
Vincent Brousseau: «Un recente articolo del grande giornale tedesco “Die Welt” ci riporta al tema a noi caro della probabile uscita “furtiva” dall’euro.
Riassunto degli episodi precedenti
Ho già affrontato questo argomento in due articoli pubblicati sul sito dell’UPR:
“Perché l’euro è condannato“, messo online 1 anno e 9 mesi fa, il 16 febbraio 2016
“La disgregazione del pensiero“, messo online 10 mesi fa, il 26 dicembre 2016
Nel primo articolo, quello che qui più ci interessa è il paragrafo intitolato “La cautela del signor Weidmann”.
Weidmann, presidente di Bundesbank, aveva presentato – ormai quasi cinque anni fa – una proposta estremamente cauta, che avrebbe portato inevitabilmente alla fine dell’unione monetaria, ma sotto l’aspetto rassicurante e innocente di una riforma puramente tecnica.
In poche parole si trattava della questione di rendere obbligatoria una garanzia sui Target, in termini di oro, dollari, titoli di stato (questo poco importa).
Una banca centrale trasferisce dei fondi via Target aumentando il proprio disavanzo? Non c’è problema, risponde in pratica il Presidente della Bundesbank, purché depositi delle garanzie con le quali impegnarsi per questo aumento del debito. Cosa c’è di più normale, all’apparenza?
La trappola nascosta era che con un tale obbligo verrebbe necessariamente il momento in cui la banca centrale interessata, probabilmente una dei paesi del sud dell’Europa, non avrà più alcuna garanzia da depositare. A quel punto i suoi trasferimenti via Target verrebbero… negati.
A questo punto gli euro del paese coinvolto varrebbero meno degli euro degli altri paesi, perché con un euro di questo paese non si potrebbe più ottenere un euro di un altro paese. Il tasso di cambio fisso 1 a 1 terminerebbe immediatamente, e per l’euro sarebbe scacco matto in tre mosse.
Il presidente della BCE, Mario Draghi, che non è meno intelligente di Weidmann, aveva rifiutato questa proposta tedesca. Ma ormai una pietra miliare era stata posata, e lui non poteva fare altro che aspettare che questa proposta riemergesse.
E adesso è tornata.
Nel mio secondo articolo, quel che qui ci interessa è il paragrafo intitolato “La ‘piccola frase’ del presidente dell’IFO”.
Vediamo il presidente dell’IFO pretendere che il governo di Berlino intervenga per esortare la BCE ad adottare le misure per contrastare un “uso illegale ed eccessivo” dei saldi su Target. Si tratta nuovamente dell’idea di vietare o bloccare certi trasferimenti via Target. Non è difficile capire da dove venga questa proposta. Soprattutto perché l’unica misura concreta che avrebbe realmente questo effetto sarebbe proprio… quella proposta da Weidmann.
L’articolo su Die Welt del 23 ottobre 2017
Il 23 ottobre 2017 il giornale Die Welt ha pubblicato un articolo che può segnare un momento storico. Già col titolo “Gli economisti mettono in guardia contro un rischio di mille miliardi di euro per la Germania” (“Ökonomen warnen vor Billionenrisiko für Deutschland”) l’articolo mette le carte in tavola.
Die Welt, uno dei maggiori giornali tedeschi, di solito è piuttosto “benpensante”. Due degli economisti che si esprimono, Sinn e Gerken, sostengono l’idea di una riduzione dei debiti su Target tramite un piano di rimborso che segua un calendario preciso, da effettuarsi “per esempio in oro”, lasciando intendere che non si possano rimborsare dei debiti Target facendo altri debiti Target.
L’economista Sinn, inoltre, richiede… la garanzia sui debiti Target di nuova creazione: si tratta del piano Weidmann che ritorna in superficie.
Va da sé che la proposta di rimborsare i Target in oro è irrealistica.
Da una parte, i debitori non posseggono nemmeno abbastanza oro per farlo.
D’altra parte, la scelta è politicamente impraticabile, come ammette di fatto l’altro economista, Gerken.
Tuttavia, la semplice garanzia sui nuovi debiti Target è, questa sì, realizzabile…
Pertanto questa misura è presentata come l’unica che appare essere un compromesso ragionevole e moderato.
L’idea originale di Weidmann sta quindi guadagnando credibilità. Questo è ciò che intendevo, nel 2012, dicendo che era stata posta una pietra miliare.
Tutto il resto diventa più chiaro
L’articolo di Die Welt dimostra che i confini si stanno spostando, e che ora dobbiamo aspettarci che questa misura si presenti come logica, ragionevole, e che venga adottata senza grandi resistenze.
Di conseguenza abbiamo un’idea più precisa di quale sarà la fine dell’euro.
Non vedremo i capi di stato e di governo andare in televisione, con area funerea, ad annunciare la fine dell’euro. Non ci sarà alcuna ondata di titoli e di commenti indignati, terrorizzati e spettacolari a condanna di un avvenimento storico che ci ributterà indietro di 25 anni (o di 50 anni, o di 100 anni, o all’età della pietra). Non vedremo nessuna esplosione d’indignazione di Bernard-Henri Lévy o di altri Cohn-Bendit. Non ci sarà alcun discorso sobrio e solenne di Macron, dignitoso nel suo dolore. Nessuna grande notte.
No, la fine dell’euro sarà molto più insignificante.
Che forma prenderà?
Un giorno potrete leggere, a pagina 23 del vostro quotidiano, a caratteri piccoli, che i trasferimenti via Target sono stati rifiutati “per ragioni tecniche”.
La vostra banca allora vi informerà che dovrete pagare delle tasse aggiuntive se volete trasferire il vostro denaro verso alcuni paesi del Nord. Verrà data una spiegazione ma sarà incomprensibile.
Ma tanto chi riesce mai a capire le loro spiegazioni?
Sentirete dire che sono apparse delle quotazioni euro spagnolo/euro tedesco sul terminali di Bloomberg o Reuters, che EURESPGER = 0.9895/97. Ma dato che non avete davanti i terminali di Bloomberg o di Reuters questo non attirerà la vostra attenzione.
Dalla lingua di legno dei media europeisti o di governo non verrà dichiarato alcun cambiamento: ogni giorno le stesse frasi, gli stessi giri di parole, l’euro, l’Europa che è il nostro avvenire, e noi che progrediamo verso la sua edificazione.
Vi accorgerete che ci sono state delle nuove restrizioni sulla quantità di denaro contante che potrete importare quando attraversate una frontiera, ma vi diranno che è solo per combattere contro il riciclaggio del denaro sporco, la droga, il terrorismo o chissà che altro.
I governi “populisti” dell’Europa dell’Est ironizzeranno con gran piacere sul fallimento dell’euro, ma dato che sono “populisti”, i nostra media vi assicureranno che ciò che dicono non ha alcuna importanza.
E allora prenderete l’abitudine, ogni volta che comprerete qualcosa su Internet che viene da un altro paese euro, di applicare una soprattassa o uno sconto, a seconda dei casi, rispetto al prezzo che vedrete pubblicato nel sito. Diventerà un riflesso di cui neanche vi accorgerete.
Poco per volta, però, diventerà inevitabile accorgersi che l’unione monetaria avrà smesso di esistere.
Ma allora vi verrà detto che già si sapeva, che tutti l’avevano detto e pensato.
La presa di coscienza della fine dell’euro sarà un non-evento. Solo qualche storico dell’economia cercherà di ripercorrere la storia di questa uscita furtiva, ma l’opinione pubblica generale si starà già occupando di altro.
E nel momento in cui finalmente riappariranno le banconote nazionali, le lire, i franchi, i marchi, questo verrà percepito come qualcosa che sta nell’ordine delle cose. Non ci sarà nessun terremoto.
Nel frattempo, milioni di disoccupati saranno stati gettati per la strada da questo progetto fumoso, e interi settori delle economie europee, una volta prosperi, saranno distrutti per sempre.»