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“Mai avere paura” è il libro di Danilo Pagliaro e Andrea Sceresini, pubblicato da “Chiarelettere”: http://www.chiarelettere.it/libro/reverse/mai-avere-paura-9788861907119.php
Breve presentazione: «Non è un gioco, non stiamo guardando un film o giocando con la PlayStation. Questa è la storia non di un soldato pentito o di un killer alla ricerca di un nuovo perdono ma di un padre di famiglia che per dare un nuovo senso alla sua esistenza decide di arruolarsi nella Legione straniera.
Una scelta estrema e sofferta, non senza conseguenze. Una storia lunga e movimentata, dal momento in cui Pagliaro, desideroso di mettersi in gioco, dopo aver provato senza successo a entrare nella Polizia e dopo aver ripiegato su un normale lavoro di venditore, si presenta alla sede di Aubagne, nella Francia meridionale, e comincia la sua carriera di militare di professione che lo porterà a combattere soprattutto in Africa, là dove rivoluzioni e crisi internazionali richiedono l’impiego di forze militari addestrate.
Operazioni di assalto, di difesa, corpo a corpo, cecchinaggio di medio e lungo raggio, uso di armi di vario calibro, da minimitragliatrici a fucili di precisione. Ogni legionario sa qual è il suo compito e che le regole vanno sempre rispettate. Nessun fanatismo, nessun sacrificio inutile: la vita del legionario non ammette protagonismi ed esibizionismi, ed è ben diversa dall’immaginario di coloro che amano la guerra per la guerra e credono al mito romantico dell’eroe pronto a tutto (i “legionari da tastiera”).»
“Mai avere paura”, come mi ha privatamente spiegato l’autore: «Non è un libro di guerra, di violenza... é semplicemente il racconto di una vita vera... una bella storia umana!»

Danilo Pagliaro è un soldato, anzi, un “legionario”. Nella Legione Straniera francese.
Ha prestato servizio per un anno e mezzo nella Marina Militare italiana.
Poi ha lavorato nel commercio e nel settore alberghiero.
Successivamente si è trasferito in Francia.
Afferma: «Un giorno ho bussato alle porte della Legione Straniera e loro mi hanno accolto; a patto che servissi “con onore e fedeltà”. Ho dato la mia parola. Non chiedete la mia motivazione: siamo 8.000 e ognuno ne ha una diversa. Sono stato tra i pochi volontari ad essere arruolato. Poi mi hanno sottoposto a quattro mesi di addestramento intenso. Ma tanto intenso. Arrivato finalmente al mio reparto di destinazione, il reggimento di Cavalleria, sono stato ancora addestrato. Quando ho pensato che finalmente fosse finita sono stato spedito ad un corso per tecnici delle Trasmissioni. Mi consolai comunque, perché era destinato a quelli bravi. Terminai primo in graduatoria e il premio fu essere inviato subito in esercitazione. Sotto la neve.  Da allora, 23 anni fa, non sono stato molto fermo. Ho visto a Sarajevo atrocità che non credevo fossero possibili. Anche su questo non fatemi domande. Se uno preferisce tacere vuol dire che c’è stato per davvero. Ho visto l’Africa, in lungo e in largo. E gli oceani. Ho perduto una moglie, che della parola data aveva un concetto diverso, ma ne ho trovata un’altra che mi ha seguito ovunque. E ho trovato un’altra famiglia: la Legione Straniera.  Per rimanerci dentro e, soprattutto, essere accettati, bisogna lavorare sodo. E questa è una garanzia per tutti. Perché se sei vivo o se le tue condizioni di vita si accomodano, è per il lavoro che gli altri sono disposti a fare, per i sacrifici che i tuoi camerati sostengono. Così ognuno è la migliore garanzia per tutti gli altri. Simul stabunt, simul cadent. E sempre così nasce un vincolo che va oltre l’amicizia. Lo riconosce anche la Francia, che ci considera francesi non per il sangue ricevuto, ma per quello versato. E questo è un formidabile criterio di giudizio. Qui le chiacchiere stanno a zero, le raccomandazioni non albergano. Va avanti chi merita. Nella Legione Straniera si respira umanità, la vedi, la tocchi. Certo non siamo tutti dei chierichetti, c’è anche qualche bel figlio di buona donna, ma sono i migliori figli di buona donna che io conosca. E la famiglia Legione mi ha consentito di avere ancora la famiglia Pagliaro. Un giorno mi chiamarono e mi dissero che mia mamma non c’era più. Avrei voluto essere al funerale, ma non potevo. Io appartenevo alla Legione e in quel momento la Legione non lo prevedeva. Fu un ufficiale della Legione, però, a metter su un trucco che mi consentì di andare. Se fossi stato scoperto l’avrei scontata. Anche cara. Ma l’avrei accettato. Ogni giorno qui si respira questo contrasto: di disciplina e pietà umana. Perché questo è un posto per uomini e come tale vieni trattato: chi sbaglia paga. Ma le decisioni sono prese ugualmente da uomini, che hanno patito, sofferto, amato. E questo rende la Legione Straniera un posto tanto speciale. Sia chiaro, niente filosofia o romanticismi. E’ solo vita. Su questo ho scritto un libro. Non perché volessi parlare di me, ma per far sapere a tutti come stanno le cose. E forse non mi fermerò qui…»

Andrea Sceresini (1983), invece, è un giornalista freelance autore di molte inchieste e reportage di guerra per “La Stampa”, “Il Foglio”, “Il Fatto Quotidiano” e “l’Espresso”.
Ha vinto il Premio Igor Man per le corrispondenze dall’Ucraina.
Per Chiarelettere ha curato il libro di Vittorio Dotti “L’avvocato del diavolo”.
È anche autore, con Lorenzo Giroffi, di “Ucraina. La guerra che non c’è” e, con Maria Elena Scandaliato e Nicola Palma, di “Piazza Fontana, noi sapevamo” e “Il signor Billionaire”.»