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Ascoltando una delle performance di Maurizio Crozza, dove imitando Freccero, paragonò la vittoria di Trump al rutto libero dell’America, mi è venuto da pensare al Populismo in generale, come ad una sorta di liberazione decongestionante, un rutto liberatorio, senza voce e contenuto, palesato, maleducato, volgare, sfacciato.

Un rutto di cui non vergognarsi, perché proferito in faccia alla falsità di una democrazia negata dai fatti e stuprata dal liberismo. Il rutto viene spesso dopo che si è mangiato in fretta e si è ingurgitata troppa aria;  un’aria fatta dalle chiacchiere  moderate di intellettuali o politicanti che non hanno capito o fanno finta di non capire quali siano le preoccupazioni delle persone.

Spesso sono proprio gli opinion leader a cucinare minestroni insipidi e indigesti,  i cui ingredienti sono le buone intenzioni e i luoghi comuni, il tutto condito con un’abbondante retorica.  Insomma il solito pappone quotidiano dato in pasto al cittadino medio il quale viene messo pure nella condizione morale di dover  ringraziare. Ebbene il Populismo vuol dire rovesciare la tazza con la minestra in faccia a chi te l’ha imposta con la forza come unico alimento, a chi in virtù di una presunta elevatura morale si sente nel diritto di giudicare “incivile” un cittadino non allineato con il pensiero unico, senza cercare di capire il senso del suo comportamento. Dice il proverbio ‘o mangi la minestra o salti dalla finestra’ ebbene  il populismo è terza scelta, è un capriccio infantile, una protesta isterica dove la rabbia viene somatizzata ed espressa  in un boato gastrico.

Un’altra ricetta disgustosa è l’utilizzo intermittente di parole dense come “Memoria” e “Resistenza”  senza rammentare che in questo Paese la memoria è sempre stata ad uso e consumo di un pensiero dominante. La vera questione è il Pensiero Dominante quale strumento reazionario di omologazione che non ha colore e si veste alla moda per ogni occasione,  per cui si ricordano sempre le Fosse Ardeatine, ma si dimenticano le Foibe e la definizione di genocidio è condizionata dalle appartenenze ideologiche. In tutto questo arriva prima o poi l’indigestione, dove ciò che hai ingurgitato resta sullo stomaco e la conseguenza è la necessità di decongestionarsi, di liberarsi, magari sparandola grossa, alla faccia della morale condivisa e del politicamente corretto. Il problema è che oggi il sentimento di pancia, gastrico eruttivo, è diventato la bandiera post ideologica del dissenso contro l’ elite e contro il già citato pensiero dominante.

Quindi attraverso il populismo il cittadino si riscopre un po’ come una scimmia nuda, regredita a stadi di coscienza primitivi, perché oggi essere primitivi è diventata una  strategia di sopravvivenza. Ecco quindi il motivo della crescita in Europa di movimenti di Ultra Destra che invocano in maniera granitica e rude una identità culturale vaga e nebulosa. Il problema è che questa rivendicazione va letta come un calcio rabbioso sugli stinchi di coloro che hanno parlato a sproposito di integrazione, accoglienza, multiculturalismo, diritti per tutti, lavoro, casa, senza creare le condizioni strutturali per realizzarle.

Senza la costruzione di un percorso progressista che porti al Diritto ci si trova innanzi al Rovescio e non ci si accorge della Cittadinanza che annaspa nel mare melmoso della crisi economica, politica, occupazionale, sociale,  culturale, forse anche storica, ecc… Quindi il rutto libero alla Fantozzi del Populismo  dilagante è il segnale del fallimento di ogni ragionamento fatto in seno ad un politichese formale, fumoso e decontestualizzato dalla realtà giornaliera di tanti cittadini, frustrati e traditi da uno Stato Patrigno. Il Populismo, a mio avviso, andrebbe interpretato come il segnale di una sconfitta collettiva che però non va condannata, ma ascoltata e analizzata tenendo conto delle cause e delle possibili soluzioni.  

 
Stefano Pica  

(Articolo del 15 Febbraio 2017)