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Segue un articolo dal titolo “Scalfari, l’ex fascista rimasto ‘oligarchico’…”, pubblicato da “Contropiano” (http://contropiano.org).   

“Contropiano”: «Ci ha un po’ sorpreso questa pubblicazione decisamente anti-scalfariana proprio su Repubblica, sebbene nella sua versione online intitolata “Temi”.
Non ci ha invece sorpreso il contenuto, che dà conto in modo decisamente poco encomiastico dei trascorsi giovanili dell’ex padre-padrone del giornale presuntamente “progressista”. Si sapeva, e lo aveva ammesso lo stesso Scalfari, che ai tempi del liceo - più o meno - si era lanciato a corpo morto nelle file del fascismo.
Errore di gioventù, si era sempre pensato. O comunque via obbligata all’interno di un regime, se volevi lavorare. Lo stesso percorso di altri intellettuali importanti, che avevano fatto le prime prove nelle rivistine del fascismo dedicate “alla gioventù”.
Questa pubblicazione, però, ci dà un quadro diverso, un ritratto assai più “entusiasta” del giovane Scalfari nei confronti del regime. Del resto, lavorava con Giuseppe Bottai, gerarca con molti difetti ma non quello dell’ingenuità.
Soprattutto il “compagno di banco” del giovane Eugenio - quell’Italo Calvino spesso citato in questo scomodo ruolo di “certificatore” - si rivela assai poco tenero nei suoi confronti, sottolineandone i vizi di piaggeria, ambizione, falsità, omologazione, arrivismo senza scrupoli e tantomeno ideali. Insomma, “Ti conoscevamo come uno disposto a tutto pur di riuscire, ma cominci a fare un po’ schifo“.
Sia chiaro, l’interesse di questa pubblicazione non sta nella “scoperta” dell’internità del giovane Eugenio al regime fascista, in posizione peraltro estremamente marginale. Né pensiamo che questa sia una “prova” di continuità ideologica da 70 anni fa  ad oggi. Sta invece proprio nella messa a nudo di questi “vizi caratteriali” che lo descrivono come un disponibile servo per qualsiasi potere (se hai accettato il fascismo come possibile “ascensore personale”, tutto è possibile). Vizi che non si correggono con la maturità, ma semmai si aggravano.
Come ben spiegava il cardinale Talleyrand - vero camaleonte capace di passare da Luigi XIV alla Rivoluzione, da Napoleone di nuovo alla monarchia - “se non sei rivoluzionario a 18 anni, significa che sei senza cuore”. Ovvero senza valori, ideali, struttura morale “verticale”.
Quando leggete con autentica sorpresa il vecchio Scalfari contemporaneo concionare sulla bontà dell’oligarchia, comunque, potete comunque avvertire un sentore della sua cultura giovanile, come questo: “La sintesi corporativa interessa ed investe in pieno i rapporti tra l’individuo e lo Stato e pone improrogabilmente il problema del regolamento di tali rapporti, regolamento che si applica seguendo due principali direttrici vettoriali: responsabilità-gerarchia. Lo Stato moderno, non fosse altro che per ragioni pratiche, deve essere essenzialmente gerarchico e aristocratico, e in esso l’individuo deve sentirsi intimamente responsabile dell’incarico che gli compete.”
Un sentore non proprio ben odorante.»