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Segue un articolo dal titolo “L’attacco di Frontex: salvare i migranti al largo della Libia favorisce i trafficanti” (Nel mirino le Ong: inducete gli scafisti a riempire i barconi), pubblicato da “La Stampa” (http://www.lastampa.it/). 

Alessandro Alviani: «Soccorrendo i migranti a ridosso delle coste nordafricane le organizzazioni non governative fanno il gioco dei trafficanti di esseri umani. L’accusa arriva dal numero uno dell’agenzia Frontex, Fabrice Leggeri. Il quale invita a riesaminare le missioni di salvataggio al largo della Libia: è vero sì che c’è l’obbligo, in mare, di salvare chi è in difficoltà, ma «dobbiamo impedire che gli affari dei network criminali e degli scafisti in Libia siano favoriti dal fatto che i migranti vengono soccorsi da navi europee sempre più vicino alle coste libiche: ciò fa sì che i trafficanti costringano più migranti che in passato a salire sulle carrette del mare, senza abbastanza acqua né carburante», ha detto Leggeri alla Welt. 
Nell’ultimo periodo, nota, il 40% di tutte le operazioni di soccorso sono state condotte dalle Ong e ciò complica il lavoro della polizia, in quanto diventa più difficile ricostruire le reti dei trafficanti e avviare indagini sulla base delle interviste ai profughi salvati. «Questo funziona male se le Ong non collaborano bene con le autorità di sicurezza», attacca Leggeri, che prevede una nuova ondata di sbarchi dalla Libia: «bisogna aspettarsi che nel 2017 ne arriveranno di più che nel 2016».
Dura la reazione delle Ong. «Siamo sconcertati: noi non sgomitiamo certo per restare in mare, se lo facciamo è perché qualcun altro non fa il suo dovere», spiega a «La Stampa» Tommaso Fabbri, capo missione in Italia di Medici senza frontiere, che nel 2016 ha operato nel Canale di Sicilia con tre imbarcazioni. «Abbiamo messo a disposizione medici e infermieri perché non si può restare a guardare delle persone morire in mare in questo modo, la priorità è salvarle: certo che siamo vicini alle acque libiche, ma restiamo nelle acque internazionali e ci coordiniamo con tutte le autorità», ricorda. 
Ridurre la discussione al ruolo delle Ong «significa distogliere l’attenzione dal vero problema, cioè l’assenza di canali legali sicuri per portar via le persone da situazioni di guerra e violenza». E poi «noi siamo medici e infermieri, non ispettori di polizia», critica. «Magari Frontex si interroghi se il lavoro che sta facendo sia il più pertinente o meno, se distruggere le barche usate dalle persone possa avere un impatto sulla situazione in mare e se non avendo più assetti magari ci si ritrova con assetti sempre più scadenti: non dico che sia una causa, ma è avvilente vedere che non si pongono domande né fanno autocritica, ma scaricano tutto sulle Ong».
Critiche anche da Hans-Peter Buschheuer dell’ong tedesca Sea-Eye, che l’anno scorso ha salvato 5.568 persone. «È una sciocchezza dire che complichiamo le indagini: noi e le altre Ong non evacuiamo i migranti, se vediamo che rischiano di annegare ci avviciniamo, distribuiamo loro giubbotti salvagente e chiamiamo aiuto, l’evacuazione la fa la Guarda costiera italiana o le navi militari, tra cui quelle di Frontex», nota. «Non abbiamo mai preso a bordo dei rifugiati per portarli in Italia». 
Sea-Eye è attiva con un peschereccio di 26 metri, che tornerà operativo fra una settimana. Un secondo motoscafo è stato sequestrato l’estate scorsa (e mai più restituito all’Ong) dalle autorità libiche, che arrestarono i due membri dell’equipaggio, accusandoli di essere sconfinati in acque libiche. Un’accusa respinta da Sea-Eye. «La situazione lì non è priva di rischi, per cui ci teniamo a debita distanza, anche solo per proteggere i nostri: abbiamo sempre agito rispettando le acque territoriali libiche e restandone al di fuori», afferma Buschheuer. «Gli scafisti sono degli assassini, l’unico lavoro che facciamo noi è salvare vite umane: vogliamo impedire che il Mediterraneo resti un enorme cimitero».