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Segue un articolo dal titolo “Referendum autonomia, trionfa il sì. Zaia: «Vogliamo i 9/10 delle tasse» (Tutti i dati di Veneto e Lombardia Maroni soddisfatto anche se l'affluenza si ferma al 40%: «Entro due settimane la nostra proposta al governo». Flop delle voting machine al loro debutto), pubblicato dal “Corriere della Sera” (http://www.corriere.it).    

Alessandro Sala e Cesare Zapperi: «Il governatore del Veneto, Luca Zaia, la sua battaglia l'ha vinta con quattro ore di anticipo: la rilevazione dell'affluenza alle 19 confermava già il superamento del quorum del 50% necessario per considerare valido il referendum sull'autonomia (alla fine il dato si attesterà sul 57,3%). Il suo omologo lombardo, Roberto Maroni, ha festeggiato un po' al traino, stimando attorno al 40% la partecipazione dei propri elettori ( in Lombardia non era comunque previsto il quorum e lo stesso leader leghista aveva detto di considerare soddisfacente una quota superiore al 34%), pur non potendo mostrare fino a notte fonda alcun dato ufficiale: la raccolta dei dati attraverso le voting machine, alla prima prova, non ha dato i risultati sperati e gli stessi scrutatori hanno lamentato le inefficienze del sistema. Alle 3 del mattino di lunedì un tweet della Regione Lombardia spiegava che: «Si sono registrate alcune criticità tecniche nella fase di riversamento dei dati», e che quindi: «I risultati completi saranno resi noti ad operazioni concluse, lunedì 23 ottobre».

Zaia chiede lo Statuto Speciale
Il giorno dopo il referendum sull’autonomia, il governatore del Veneto, Luca Zaia, scopre le sue carte e chiede lo Statuto speciale. La giunta è stata convocata in sessione straordinaria per approvare le tre delibere fondamentali. La prima è la proposta articolata che farà da base per la trattativa con il governo. È un disegno di legge che dovrà essere approvato dal Consiglio regionale, si compone di 64 articoli e definisce concretamente il modo in cui le 20 competenze concorrenti previste dall’articolo 117 della Costituzione e le tre competenze esclusive statali del 116 dovranno essere trasferite alla Regione. Seconda delibera approvata, l’istituzione della «Consulta del Veneto per l’autonomia», organismo permanente composto dalle rappresentanze regionali delle autonomie locali, delle categorie economiche e produttive, delle forze sindacali, dell’università e dagli altri organismi di espressione di interessi. La terza e’ il vero asso nella manica di Zaia. Con una proposta di legge statale di iniziativa regionale, il governatore chiede infatti una modifica dell’articolo 116 della Costituzione, con l’inserimento del Veneto tra le Regioni a Statuto speciale.

Il governo pronto a trattare
In entrambi i casi, il risultato è stato come da previsione, con i sì attestati ovunque tra il 95 e il 98%. Il segnale politico, da qualunque parte la si guardi, c'è stato: l'affluenza è stata superiore rispetto a quanto i detrattori della consultazione si immaginavano fino alla vigilia. E lo stesso governo ne ha preso atto: il sottosegretario per gli Affari regionali, Gianclaudio Bressa, a meno di un'ora dalla chiusura dei seggi ha fatto sapere che l'esecutivo è pronto ad una trattativa. Il modello sarà probabilmente quello sperimentato nel rapporto con l'Emilia Romagna, che ha già avviato un confronto con Roma senza passare dalla tappa referendaria.

Il «big bang» delle riforme
Zaia ha già fatto sapere di non voler perdere tempo e di essere pronto ad andare all'incasso con il governo: «Vogliamo che i nove decimi delle tasse restino nella nostra regione - ha detto il presidente della giunta regionale del Veneto - Questo è il big bang delle riforme, è una vittoria dei veneti e dei nuovi veneti». Sulla stessa linea Roberto Maroni, che conta di presentare una proposta al governo entro due settimane e annuncia di voler coinvolgere una squadra aperta anche a esponenti di altre forze politiche, facendo espressamente il nome del sindaco PD di Bergamo, Giorgio Gori.

Chi ha votato di più

Se davvero sarà stata una «giornata storica» lo si capirà solo alla fine dell’iter, quando, dopo la trattativa con il governo, sarà chiaro quante e quali materie di competenza statale passeranno di mano. Ma la prima prova, quella referendaria, è stata superata. In Veneto, dove l’iniziativa referendaria era stata varata dal Consiglio regionale all’unanimità, la provincia che ha fatto registrare il maggior numero di votanti è stata quella di Vicenza (con punte vicino al 70 per cento), seguita da Padova e Treviso. In Lombardia, invece, la palma dei più sensibili al richiamo referendario è toccata ai bergamaschi (il sindaco del capoluogo, il pd Giorgio Gori, aveva invitato a votare Sì), seguiti da lecchesi e bresciani. In fondo alle rispettive classifiche, si trovano Venezia e Milano, come se il tema dell’autonomia faticasse a sfondare nelle città metropolitane.

L'altolà di Meloni
Al di là della Lega, che si intesta il successo avendo la primogenitura della battaglia, nel coro di politici che si dicono soddisfatti per l’affluenza ci sono Debora Serracchiani (Pd), Renato Brunetta (Forza Italia), Gaetano Quagliariello (Idea), Stefano Parisi (Energie per l’Italia), Giovanni Endrizzi (M5S). L’unica stecca nel coro è quella di Giorgia Meloni. Per la presidente di Fratelli d’Italia «i referendum non sono stati un plebiscito, le riforme si fanno tutti insieme e non a pezzi». La partita ora si sposta sul piano istituzionale. I referendum erano consultivi, servivano a Maroni e Zaia per avere maggiore forza nella trattativa che la Costituzione prevede con il governo. Nei prossimi giorni i rispettivi consigli regionali daranno mandato ai presidenti di procedere. I tempi sono stretti. Al più tardi tra fine gennaio e metà febbraio il confronto con Roma entrerà nel vivo.»