Tutti gli articoli

I tempi sono maturi, o forse no, ma vorrei iniziare a porre, tramite uno schema piuttosto basilare, una questione molto articolata, ma credo non secondaria, e forse stimolante, quantunque più di metodo che di merito. Sarebbe a dire, quale potrebbe essere, quale sarà, quale riteniamo giusto che sia, la metodologia di approccio e di confronto, ma anche di raffigurazione nostra in qualche modo a-priori, rispetto a coloro che reputiamo, reputeremo, o abbiamo già classificato, quali forze, entità ed attori politici divergenti rispetto alla nostra causa?

Si è già parlato, nel corso di alcune discussioni, di compromesso e di rifiutarlo, naturalmente. D’altra parte mi pare che lo stile di tal’altre posizioni classificabili come “populiste”, di vario genere, si qualifichi nel fomentare l’odio in modo se vogliamo anche ozioso e sterile (difficile trovare un video su youtube riguardante taluni uomini politici senza un corredo di irritanti, a mio giudizio, quanto inconcludenti auguri di morte e altre amenità).

La filosofia, della quale sono forse indegno studente, può magari venirci in aiuto nel delineare certi principi: Platone e il suo maestro Socrate, poi i Neoplatonici, cui assocerei nel caso in esame gli Stoici per similarità di vedute in proposito, nell’affrontare la problematica morale, sancirono che non vi possa essere uomo malvagio; quel che appare come malvagità è ignoranza: l’uomo è dapprima interessato al proprio bene, poi al bene delle persone vicine, infine, via via che la sua coscienza si espande, al Bene in sé. Ma, che sia limitato o espanso a seconda del livello della sua coscienza, sempre volto al Bene egli è. Saltando millenni di storia (Hobbes non la pensava così, ma ammetteva di essere il prodotto di un’epoca di paure, Spinoza sì, ma solo considerando gli uomini quali emanazioni di un Bene più alto – anche se non credo abbia usato la terminologia plotiniana di “emanazione”, probabilmente poco geometrica per i gusti del filosofo olandese –, Rousseau sì, ma solo in uno stato di umanità incontaminata e in qualche modo potenziale), si segnala l’ultimo forse che si pose la questione in maniera veramente partecipe e viscerale, vale a dire Schelling, uno dei protagonisti dell'idealismo tedesco dell'Ottocento: dopo un’iniziale adesione ai principi platonici, virò in breve tempo su una psicologia di tutt’altro tipo, secondo la quale l’uomo potrebbe essere piuttosto facilmente eccitato da una tendenza verso la malignità, e sarebbe ingenua filantropia non ammetterlo.

Riconosco che oggi, dopo Auschwitz e quant’altro, la posizione di Schelling possa apparire più realistica, eppure la concezione di Platone e compagnia conserva una sua razionalità quasi inattaccabile: cosa può volere l’uomo, ogni uomo, se non il bene, più o meno espanso a seconda dell’espansione della sua coscienza? Certo, non solo da razionalità è formato l’uomo, con il suo pensare e il suo agire, ma anche e forse prevalentemente da componenti irrazionali, passionali, quando non in qualche caso morbose o addirittura patologiche.

Io comunque resto dell’idea che una comunicazione improntata ad ardori alimentati da disprezzo o rabbia verso l’avversario sia energeticamente poco  centrata.

Secondo invece coloro che vorranno cimentarsi in questa riflessione, il Movimento Roosevelt dovrà “venire (più o meno) in pace”, parlo, ripeto, di comunicazione, o porsi più a muso duro?

Rammentiamoci anche del motto latino: “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”.

P.S. Ho detto che la questione che avrei posto avrebbe riguardato più il metodo che il merito; tuttavia, senza cedere al tranello di un’oziosa speculazione, mi rendo conto che il tema etico principale possa essere rilanciato quale tematica essenziale, anche e, nel nostro contesto, soprattutto politica. Esistono buone o cattive politiche (in senso etico), e nel caso vi è chi propende più per una strada o un’altra? Perché pare relativamente difficile che le classi dirigenti si persuadano che, come proposero Bentham e John Stuart Mill, “il bene maggiore del massimo numero” sia un traguardo altamente auspicabile? Tale questione potrebbe indurre poi a un ulteriore approfondimento pur se non slegato dai principi filosofici qui a grandi linee esibiti.