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Segue un articolo dal titolo “Quando avrà finito col “fascismo” austriaco, l’UE si occuperà di quell’anomalia chiamata Malta?”, pubblicato da “Rischio Calcolato” (https://www.rischiocalcolato.it).   

Mauro Bottarelli: «Purtroppo sapevo che sarebbe andata così. La vita di Daphne Caruana Galizia non vale un capitolo a parte: pochi minuti per ricordare il suo impegno di blogger e il suo corpo dilaniato da un’autobomba e subito si è corsi a ricordare Anna Politkovskaja e il fatto che fosse una donna. Gli sciacalli da talk-show non hanno pietà da dispensare, né tantomeno tempo da perdere. Si lavora per obiettivi: quindi, quale migliore occasione per deviare il problema su Putin e sulla condizione del sesso femminile, tanto in voga in questi giorni di miracolosi risvegli delle coscienze a Hollywood. Ho il vomito e di prima mattina non è una bella sensazione.
Con le sue inchieste sulla corruzione, a tutti i livelli, Daphne Caruana Galizia aveva portato alla caduta de governo di centrosinistra maltese: il premier, Jospeh Muscat, era tornato al potere dopo nuove elezioni ma lei non mollava. Tangenti, traffico di droga, riciclaggio di denaro, traffici illeciti, evasioni fiscali per miliardi: voleva sapere troppo Daphne Caruana Galizia, qualcuno l’h ridotta al silenzio. Con un’autobomba. Come in una guerra fra cartelli narcos colombiani o messicani. Ma siamo a Malta, nella civile e progressista Unione Europea.
Quello che ha sbriciolato la vita di Daphne Caruana Galizia è stato il sesto attentato del genere in dodici mesi: ripeto, all’interno della civile Unione Europea che da 48 ore sta già trapanando i coglioni con il vento fascista che spira dall’Austria. Il vento caldo e carico di polvere che invece si leva da una stradina maltese, a causa dell’esplosione di un’auto che portava al lavoro una blogger con la schiena dritta, non è un problema. Anzi. Perché forse con esso spireranno finalmente via segreti inconfessabili per troppi, non solo per maneggioni e mafiosi che albergano in quell’isola che garantisce un’identità – fiscale e personale – a tutti, basta che paghi profumatamente. Una bel viatico ed esempio in formale età di lotta al terrorismo, non c’è che dire.
E c’è sempre una società maltese o una bandiera maltese dietro certi giri poco puliti, dietro le ONG che fanno il bello e cattivo tempo nel Mediterraneo, dietro a certe finanziarie dai nomi esotici: ma a nessuno frega un cazzo ai piani alti dell’UE o delle sue patetiche agenzie di contrasto al crimine. A Daphne Caruana Galizia invece interessava che il mondo sapesse cosa accade a Malta. L’hanno fermata, ora. E in sublime spregio, hanno affidato le indagini della sua morte a una magistrato con cui la blogger aveva contenziosi legali aperti: come il Marchese del Grillo, Malta ha proclamato il suo “io sono io e voi non siete un cazzo” di fronte alle spoglie ancora calde di Daphne Caruana Galizia. E l’UE silente.
E sapete perché? Perché quasi certamente, come in un contratto derivato, la controparte di certe porcheria ha magari sede fiscale nel Lussemburgo di Juncker o nella stessa Bruxelles di quelle istituzioni UE che a Malta garantiscono tutti gli onori e tutti i diritti di membro comunitario, fingendo che non vi siano stati sei attentati con autobombe in 12 mesi su quell’Isola. A che livello di interessi siamo per trovarci di fronte a uno squilibrio simile di giudizio? Di quali e quante coperture può godere il governo maltese per sentirsi immune da critiche e domande, di fronte a quella che sembra una faida da America Latina? Daphne Caruana Galizia non era un’eroina, né tantomeno un’irresponsabile: pochi giorni fa, come ogni essere umano, aveva ammesso di avere paura.
Aveva ricevuto circostanziate minacce di morte. Ma le era stata rifiutata la scorta. Insomma, l’avevano condannata a morte per i suoi MaltaLeaks, capaci di scuotere uno dei governi più opachi dell’Unione. L’ha pagata cara la sua coerenza e la sua serietà di giornalista vera: oggi, anche quei fighetti con il naso all’insù del “Foglio” si sono scomodati a dedicarle poche righe, ammettendo – non so quanto in maniera onesta ma certamente con un certo livello di gastrite da lesa carta stampata – che non tutti i blogger sono dei propagatori di fake news al soldo di Putin. Almeno, lei non lo era. Sono stronzi ma la mamma gli ha insegnato che davanti ai morti, almeno per una mezz’ora, è meglio evitare polemiche da intellettuale illuminato di stocazzo.
Scuserete lo sfogo, perché tale è ciò che sto scrivendo. Ma in quella macchina sono bruciate anche parte delle speranze di ci crede che il giornalismo debba raccontare la realtà, per quanto scomoda e compromettente essa sia: non è così. In questo mondo di merda giornalismo è difendere i migranti sempre e comunque, è demonizzare il voto austriaco scomodando Hitler, è attribuire al Cremlino anche gli uragani e le zanzare fuori stagione, è nascondere sotto il tappeto la merda in nome del padrone, salvo poi gridare allo scoop, bruciando le spoglie delle solite mezze calzette sacrificate e scaricate dal potere al momento giusto. Ovvero, quando il tappeto è diventato troppo piccolo e la merda troppo esorbitante. Spero che le autorità europee esentino loro stesse dal ricordo di Daphne Caruana Galizia per decenza, quel residuo che ancora esiste.
Pochi minuti dalla fine dello spoglio per gridare al passato estremista di HC Strache e a Quarto Reich del Brennero e non una parola in 12 mesi per denunciare autobombe di stampo mafioso in un Paese membro. Il quale, oltretutto, si è permesso per mesi di non ottemperare al Trattato di Dublino sui migranti, senza che nessuno a Bruxelles avesse alcunché a ridire. L’Italia, invece, massacrata quotidianamente. Cosa c’è sotto? Dobbiamo forse arrivare a pensare che qualcuno abbia conti cifrati o società occulte a Malta, dalle parti della Commissione UE o dintorni? Quale merdaio a livello europeo rischiavano di scoperchiare le inchieste di Daphne Caruana Galizia, se fossero proseguite e diventata pubbliche? Ma si sa, il problema è il populismo e il ritorno dei fantasmi nazi-fascisti in giro per Vienna. Riposa in pace Daphne, la terra ti sia lieve. Ma non lo sia la tua vendetta.»

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