Tutti gli articoli

STAMPAOPEZZO 20161205201226703 23160 kd7F U1101154864076XZF 1024x576LaStampa.it 1024x768 min 446d6
STAMPAOPEZZO 20161205201226703 23160 kd7F U1101154864076XZF 1024x576LaStampa.it 1024x768 min 446d6
Segue un articolo dal titolo “Grillo pubblica le regole, polemica sugli indagati che possono correre da premier per il Movimento” (Cade l’ultimo tabù, forte malumore tra gli attivisti: sono regole ad hoc per Di Maio. Sarà molto facile fare ricorso al tribunale civile. Il blog aggiunge un ps: il codice etico salva gli indagati non gravi), pubblicato da “La Stampa” (http://www.lastampa.it/).  

Jacopo Iacoboni: «Il blog di cui la Casaleggio associati è titolare dei dati ha infine pubblicato le regole per candidarsi premier per il Movimento cinque stelle, e sono regole che già aprono un caso. Oltre a parametri più o meno rituali, ve n’è uno che sembra ritagliato ad hoc sulla figura di Luigi Di Maio. Si legge infatti che «ai candidati a conoscenza di indagini o procedimenti penali verrà richiesto un certificato rilasciato ai sensi dell’art. 335 del c.p.p., nonché i documenti relativi ai fatti contestati ed una breve relazione illustrativa dei fatti con autorizzazione espressa alla pubblicazione di tali atti nell’ambito dello spazio riservato a ciascun candidato». Traduzione: ci si può candidare anche se si hanno procedimenti penali in corso. È una svolta epocale e che non può non suscitare tanti malumori in quel che resta della base grillina, per due motivi. E può essere foriera di impugnazioni davanti al tribunale civile, con fondatissime possibilità di vedersi riconosciuta ragione. Grillo poi pare cedere il ruolo di capo politico a chi sarà il futuro candidato premier. Pare perché con Grillo non si sa mai, vedremo. 
Il blog, fiutata l’aria di rivolta interna, in seguito alle polemiche ha aggiunto un ps: «Non c’è nessuna nuova regola riguardante chi ha procedimenti giudiziari in corso: in base al codice etico del Movimento 5 Stelle gli indagati per fatti e comportamenti gravi, ancor prima che ci sia una sentenza della magistratura o addirittura ancor prima che ricevano un avviso di garanzia, vengono sospesi. Ciò esclude automaticamente la possibilità di una loro candidatura». Insomma, la deroga varrebbe solo per gli indagati non gravi. Ma chi lo decide, e in base a quali... regole? 
Il primo motivo di malumore tra gli iscritti (a Roma, in particolare, il malumore è fortissimo) è appunto che queste nuove regole promulgate per l’occasione dal capo politico e garante del Movimento vanno in conflitto totale con lo storico articolo 7 dello stesso regolamento fondativo del Movimento cinque stelle, che prevede due soli requisiti per la candidabilità alle elezioni: che il candidato sia incensurato e che non abbia procedimenti in corso. In sostanza Grillo sta platealmente modificando una regola storica e cruciale nella vita del Movimento, quella che gli ha sempre fatto gridare nelle piazze «onestà onestà». Tra l’altro, il regolamento non entra minimamente nel merito della gravità maggiore o minore del procedimento: chiunque abbia un procedimento penale in corso, è fuori. Ricordiamo che, in altre ère, gli stessi politici del Movimento gridavano «dimissioni» al minimo avviso di garanzia (lo fece anche Di Maio più volte, per esempio contro Angelino Alfano). 
Il secondo motivo di malumore è che proprio l’unico candidato in campo nel momento in cui scriviamo - che dunque possiamo chiamare senza ironia il favorito - ossia Luigi Di Maio, si trova esattamente nella condizione descritta dalla nuova regola di Grillo: ha due procedimenti in corso per presunta diffamazione, uno su denuncia di Marika Cassimatis, che fu da lui raffigurata con parole che - a detta di lei - la facevano sembrare un’infiltrata e approfittatrice («I cittadini - aveva detto il vicepresidente della Camera - apprezzano sempre quando una forza politica allontana chi si approfitta della stessa. Alcuni si fanno eleggere con questa e dopo poco passano al gruppo misto»), l’altro su denuncia di Giovanni Favia (un procedimento che sembra viaggiare verso una più che possibile condanna, Di Maio dette a Favia del «piccolo Fiorito»). 
Non è chiaro peraltro come potrebbe un aspirante candidato produrre i documenti relativi nel caso in cui le indagini su di lui siano secretate (cosa possibile, in relazione ai tipi di reato): lo si spingerebbe a violare la legge. Su questo e altri dettagli sono già al lavoro diversi team di avvocati che conoscono bene la selva di codici e codicilli che fa ormai del Movimento un unicum - in tutti i sensi - della politica e della casta.»