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Segue un articolo dal titolo “Schauble contro l’America First di Trump. Preludio di un conflitto, anche militare”, pubblicato da “OFCS” (https://ofcs.report/). 

Marco Rocco: «Leggo incredulo le parole ostili del potente membro del governo tedesco W. Schauble, da sempre in rappresentanza degli esportatori teutonici, in cui si chiede a Donald J. Trump di rinunciare all’America First, ossia di andare contro gli stessi interessi nazionali americani. In alternativa - afferma il ministro tedesco - la presidenza Usa dovrà assumersi la responsabilità di una transizione geostrategica verso un nuovo ordine mondiale con un’Europa francotedesca non più necessariamente alleata degli Usa.
Purtroppo gli errori - nascosti da Schauble con la menzogna, si noti bene, ben sapendo di mentire - sono molteplici.
Il primo: gli Usa, continuando a indebitarsi per consumare stampando moneta verde sempre meno tangibile, stanno scavandosi la fossa quanto meno “economica” (ricordiamo che invece Berlino da sempre predica la morigeratezza nei propri consumi interni) determinando come conseguenza bolle enormi in tutti i mercati, sostenuti solo dalla liquidità in eccesso erogata a tassi simil zero dalle banche centrali (che ormai acquistano indirettamente e anche direttamente in borsa, Giappone, Svizzera e Italia su tutti, ndr). Dall’altra i paesi che beneficiano di tali smisurati acquisti a credito di beni fisici – con la Germania in prima fila – letteralmente approfittano degli Usa, ad esempio per la propria difesa Nato senza contribuire a finanziarla. Tale comportamento asimmetrico di Berlino tradotto in austerità EUroimposta sta anche alla base delle tensioni economiche con i paesi che subiscono il rigore, impoverendoli a vantaggio del centro Europa (i cosiddetti PIIGS).
Insomma possiamo dire che le parole di Schauble colpevolmente nascondono il fatto che Berlino sta - a proprio vantaggio - spingendo per una “soluzione insostenibile”, sperando di mantenere uno status quo [con gli USA che si indebitano in eterno] che comporta a termine l’inevitabilmente fallimento economico di Washington, mirando in tale modo ad una resurrezione economica tedesca globale visto che Berlino è l’unico grande paese con i conti veramente a posto. È chiaro che Schauble desideri per propri interessi nazionali un surreale ritorno alle scelleratezze dell’era Obama, una presidenza che ha affossato economicamente gli Usa con un accumulo di debito federale durante il suo doppio mandato senza pari nella storia americana. Senza considerare che - restando in ambito democratico - prodigarsi per far ulteriormente indebitare Washington non è solo illogico, ma anche una vera e propria ingerenza.
Considerato che Obama, ex presidente, è oggi praticamente a libro paga europeo se non specificatamente tedesco (con il suo diretto o indiretto supporto ad acquisizioni tedesche di aziende Usa [Monsanto], con convegni strapagati in Europa, diritti di suoi libri pagati da aziende tedesche decine di milioni di dollari ), tutto ciò depone per un rischio se non una conferma di un tragico allineamento (collaborazionismo economico?) tra un ex presidente Usa e una potenza straniera: che Barack Hussein Obama abbia mortalmente indebolito durante il suo mandato il dominio globale a stelle strisce come nessuno prima di lui è infatti una tragica fattualità.
In fondo è facile combattere un paese come la Germania da parte del primo consumatore mondiale: appunto, basta smettere di consumare, cosa che avviene normalmente svalutando la propria moneta.
Il problema è che Berlino ha costretto nella moneta unica i paesi eurodeboli - senza permettere loro (MAI!) di uscirne - come Grecia e Italia, senza per altro voler risolvere le loro crisi, ma anzi esacerbandole se non direttamente creandole (migranti?), in modo da giustificare la debolezza dell’euro contro le altre valute ossia favorendo il sistema degli esportatori targato Germania.
L’acquisizione di fattori produttivi continentali concorrenti da parte franco-tedesca, soprattutto se in competizione con le aziende core-Europe, sono una normale conseguenza di un progetto geostrategico che, data dalla caduta del muro di Berlino, i cui iniziali effetti economici furono non a caso affrontati da un presidente Dem Usa molto vicino alla scorsa amministrazione americana (Bill Clinton, da qui la radice degli ottimi rapporti tra i Dem-Clinton-obamiani e l’establishment EU attuale).
Per il fine di una egemonia continentale, una parallela assimilazione pan Europea dei valori culturali dell’universo germanico è inevitabile. Ecco spiegata la recente inondazione di programmazioni televisive (soprattutto telefilm, normalmente a più basso costo) massivamente trasmesse ovunque in Europa da circa un lustro a questa parte.
La reazione eurotedesca ad una contrapposizione (solo) inizialmente economica con gli Usa, i quali inevitabilmente useranno l’arma della riduzione dei consumi tramite la svalutazione del dollaro, si tradurrà nel costringere i paesi eurodeboli a consumare di più, facendoli indebitare, con il fine di sostituire i consumi americani. Con un doppio fine: indebolire i paesi mediterranei (Italia e Grecia su tutti), guarda caso i più contrari al progetto dell’euro che - encore guarda caso - sono gli stessi strutturalmente più filo americani per questioni storiche.
Visti gli enormi interessi in gioco, è praticamente certo che l’epilogo vedrà un conflitto anche militare con la Germania come controparte. L’Italia sta ancora cercando - come sempre accade - il coraggio per prendere una posizione che chi scrive ritiene non possa che essere a fianco di Washington. Che per altro ha tutti gli assi in mano.»