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Questa mattina mi sveglio alla notizia che Trump giustifica la cancellazione del "Clean Power Act" sulla restrizione delle emissioni delle industrie e per la riduzione delle centrali a carbone.

Invece di andare verso una Carbon Tax che possa aiutare il genere umano a fare qualcosa per diminuire il surriscaldamento globale, Trump pensa bene di eliminare ogni limite alle centrali a carbone.

Ciò che disgusta è che in un mondo in cui sappiamo che la tecnologia andrà a rimpiazzare il lavoro umano, invece di sviluppare un piano economico che guardi al futuro e che pensi a come trovare forme di produzione sostenibili ed alternative, Trump giustifica questa operazione sostenendo che avrà l'obiettivo di creare nuovi posti di lavoro.

 A lungo ci siamo domandati, e continuiamo a farlo con la massima apertura mentale, se Trump, in una quadro di eterogenità dei fini, potrà fare qualcosa di buono.

Con una mente aperta appunto, sento però di fare una considerazione: nel valutare l'operato di un politico oggi, sopratutto di un politico a capo della più grande potenza economica e politica del mondo, non c'è niente che abbia più peso delle decisioni che prenderà rispetto l'ambiente. Il lavoro si crea per le persone di oggi, le bombe si sganciano sulle persone che sono vive oggi, l'ambiente si lascia come eredità all'umanità del domani.

E come dice il rooseveltiano Giovanni Nulli su Facebook "Aggiungerei che l'ambiente è (NDR) l'unica cosa di cui può godere anche un povero in qualsiasi parte del pianeta. Se l'ambiente è contaminato, sicuramente il povero è colui che non può difendersi. La retorica inquino tanto posso sia curarmi che rimediare ai danni, vale solo per le nazioni ricche. Pertanto la libertà di inquinare è una forma di violenza e prevaricazione fatta contro chi sicuramente non può evitare gli effetti. Ed è, a mio avviso, una logica strettamente legata ad una visione localista del problema.