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Matteo Brandi, dalla sua Pagina Facebook: «Ho fatto atletica leggera per quasi sette anni della mia vita.
Correvo per le Fiamme Gialle come siepista (2000 e 3000 metri) e nelle corse campestri. Ed ero pure forte, a dirla tutta.
Ho passato l'adolescenza sul tartan delle piste, con scarpette chiodate ai piedi, acido lattico e cuore a mille. Sotto il sole, sferzato dalla pioggia, col fango fino alle ginocchia. Ricordo la pazienza di mio padre che mi accompagnava ovunque, le incitazioni degli allenatori, lo sparo della partenza, le grida all'arrivo. Correndo seminavo ogni mio problema, vincevo ogni mia paura. In un periodo della mia vita in cui spesso mi sentivo solo, l'atletica, per certi versi, mi ha salvato.
E poi vedo in giro questa foto, meravigliosa, di quattro ragazze italiane vittoriose dopo la staffetta 4x400, strumentalizzata in maniera becera. Esaltata per ciò che non rappresenta, insozzata di complimenti ipocriti.
L'ennesimo feticismo di chi non conosce la differenza tra un podio ed un piedistallo.
L'odiosa retorica di quella parte d'Italia piena di sé, arrogante e presuntuosa, persa nella propria stessa propaganda. Lo sfoggio autoreferenziale di una superiorità morale indimostrata per celare la totale mancanza di argomenti razionali.
Questa foto per costoro è solo una foglia di fico con cui coprire la vergogna che essi stessi difendono: la nuova tratta degli schiavi africani. Ieri erano le foto di tre bambini morti annegati, domani sarà qualcos'altro con cui riempire gli occhi di lacrime artificiali e sentirsi migliori.
Perché domani questa foto finirà nel dimenticatoio assieme a quelle mai apparse dei tanti atleti italiani vittoriosi. Uno scatto da esibire solo ed unicamente per il colore della pelle di chi vi è raffigurato, tradendo il vero razzismo insito nella mente di chi è realmente spaventato dalle differenze, dalle diversità. E sogna un mondo appiattito, omologato, incolore, che non li metta davanti al vuoto che hanno dentro.
Ai cantori del multiculturalismo, quella bandiera alle spalle delle atlete azzurre non dice nulla. Nulla. È solo uno straccio tricolore. È identità, è appartenenza, è orgoglio, dunque è il male. Mentre per le quattro ragazze esso rappresenta tutto ciò per cui hanno corso, faticato e vinto.
Lo dico ai Saviano e alla pletora globalista che infetta questo paese: togliete le vostre sporche mani dallo sport. A queste ragazze non serve la vostra pietà preconfezionata, i vostri sermoni da salotto, i vostri ditini alzati. Andate a rovinare qualcos'altro.
Viva l'Italia.
E chi corre per lei…»