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di maio d98e4
di maio d98e4
Segue un articolo dal titolo “Governo, Di Maio: ‘Occorre impeachment Mattarella per evitare reazioni della popolazione. Poi si torna al voto’…” (Con una telefonata a Fabio Fazio il leader del M5s conferma che i vertici del M5s stavano ragionando della messa in stato d'accusa del presidente della Repubblica: "Prima attiviamo l’articolo 90 e poi si va alle urne, perché bisogna parlamentarizzare questa crisi". Parla di messa in stato d'accusa del capo dello Stato anche Giorgia Meloni, mentre Matteo Salvini attacca il Colle: "Non siamo un Paese libero". A difendere il presidente solo il Pd e - forse per la prima volta in vita sua – Berlusconi), pubblicato da “Il Fatto Quotidiano”: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/05/27/governo-di-maio-occorre-impeachment-mattarella-per-evitare-reazioni-della-popolazione-e-poi-si-torna-al-voto/4385875/


“Il Fatto Quotidiano”:
«Quella più evocativa era l’unica senza virgolettato. Ma ci ha pensato Luigi Di Maio a parlare apertamente di impeachment per Sergio Mattarella. Il capo politico del Movimento 5 stelle è intervenuto telefonicamente a Che tempo che fa per essere intervistato da Fabio Fazio e dire: “Se andiamo al voto e vinciamo poi torniamo al Quirinale e ci dicono che non possiamo andare al governo. Per questo dico che bisogna mettere in Stato di accusa il Presidente. Bisogna parlamentarizzare tutto anche per evitare reazioni della popolazione“. Quindi è vero che i vertici del Movimento stavano ragionando in queste ore sull’ipotesi di impeachment a Sergio Mattarella. “Prima attiviamo l’articolo 90 e poi si va al voto, perché bisogna parlamentarizzare questa crisi”, ha spiegato su Rai Uno quello che è il leader della prima forza politica del Paese. Una richiesta che non ha precedenti. Come non ha probabilmente precendenti questa crisi politica.
La richiesta di impeachment per l’inquilino del Colle arriva dopo la decisione del capo dello Stato di dire no al nome di Paolo Savona come nuovo ministro del Tesoro e quindi la remissione dell’incarico da parte di Giuseppe Conte, ipotetico premier del primo governo M5s-Lega che a questo punto non ci sarà. Fonti del M5s consultate dal fattoquotidiano.it hanno confermato che a proposito dell’impeachment seguiranno questa linea: il timore del Movimento è che Mattarella – spinto dal “terrore” dei mercati finanziari – voglia formare un governo del Presidente. “Timore” diventato realtà, dopo che è stato convocato per domani al Colle l’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli per l’incarico da premier. Dal Quirinale è arrivato un secco “no comment” all’ipotesi dello stato d’accusa, prima anticipata dall’agenzia Ansa e poi ventilata su twitter anche dal deputato Carlo Sibilia: “Non esiste mandare nel caos il paese per fini ideologici. Credo sia arrivato il momento per l’impeachment a Mattarella. È una strada obbligata e coerente”.
A parlare apertamente di impeachment è anche Giorgia Meloni. “Si dice che il Presidente della Repubblica abbia messo il veto sulla nomina di Paolo Savona a Ministro dell’Economia, se questa notizia fosse confermata avrebbe dell’incredibile. E se questo veto fosse confermato sarebbe drammaticamente evidente che il Presidente Mattarella è troppo influenzato dagli interessi delle nazioni straniere e dunque Fdi nel caso in cui questo veto impedisca la formazione del nuovo Governo chiederà al Parlamento la messa in stato d’Accusa del Presidente per alto tradimento”, dice la leader di Fratelli d’Italia mentre l’altro leader del centrodestra, e cioè Silvio Berlusconi, difende – forse per la prima volta in vita sua – Mattarella. “Come sottolineato dal presidente Mattarella in un momento come questo il primo dovere di tutti è difendere il risparmio degli italiani, salvaguardando le famiglie e le imprese del nostro Paese. Il Movimento 5 stelle che parla di impeachment é come sempre irresponsabile. Forza Italia attende le determinazioni del capo dello Stato, ma ove necessario sarà pronta al voto”, dice l’ex premier.
A non commentare la messa in stato d’accusa di Mattarella è invece, Matteo Salvini, che in diretta facebook la definisce “un cavillo” e spiega di non volere entrare nel merito della questione. Il leader della Lega, nel tardo pomeriggio, era stato il primo ad attaccare il Quirinale. “Mi sto convincendo che non siamo un paese libero. Siamo un paese a sovranità limitata. Mi spiace perché domani mattina eravamo pronti ad entrare in ufficio, qualcuno ce lo impedisce, qualcuno lo spieghi a 60 milioni di italiani”, ha detto il numero uno del Carroccio da Terni spiegando che durante il colloquio avuto con il presidente della Repubblica è “andato a raccontare quello che avremmo voluto fare da domani mattina. Ma ci è stato detto che un ministro dell’economia non gradito ai mercati, ai tedeschi, all’Europa, alle banche non poteva essere nominato. Questo vuol dire che il voto degli italiani conta poco e che non siamo un paese totalmente libero”.
A stretto giro aveva attaccato il Colle anche Di Maio su facebook, ma senza parlare ancora la messa in stato d’accusa. “Per noi l’Italia è sovrana: se si vuole impedire un governo del cambiamento allora ce lo devono dire chiaramente. Sono molto arrabbiato. Stiamo lavorando da decine e decine di giorni, dalla mattina alla sera, per assicurare un governo a questo Paese: ma la verità è che stanno facendo di tutto per non mandare il M5s al governo di questo paese”, ha detto il capo politico dei 5 stelle. “In questo Paese puoi essere un criminale condannato, un condannato per frode fiscale, puoi essere Alfano, puoi avere fatto reati contro la pubblica amministrazione, puoi essere una persona sotto indagine per corruzione e il ministro lo puoi fare. Ma se hai criticato l’Europa non puoi permetterti neanche di fare il ministro dell’Economia in Italia. Ma non finisce qui”, ha aggiunto Di Maio, provocando la reazione – dopo mesi di silenzio – di Angelino Alfano. “Di Maio sei uguale a niente. Sciacquati la bocca prima di parlare di me. In tribunale risponderai di ciò che hai detto”, scrive su facebook il ministro dimissionario degli Esteri.
A difendere Mattarella, a parte la nota di Berlusconi, rimangono gli esponenti del Pd che dopo giorni di silenzio cinguettano in ordine sparso. “Nervi saldi e solidarietà al presidente Mattarella. Ora dobbiamo salvare il nostro grande Paese”, è il tweet del premier uscente Paolo Gentiloni.“Il presidente della Repubblica ha difeso il Paese, la Costituzione, l’interesse nazionale. È il garante degli italiani. Per 80 giorni Lega e Cinque Stelle hanno invece portato in modo irresponsabile l’Italia sull’orlo di una crisi senza precedenti”, scrive il segretario reggente Maurizio Martina.
“Salvini non voleva governare: ha fatto promesse irrealizzabili, ha paura delle sue bugie, altro che Flat Tax e Fornero. E quindi ha usato l’alibi di un ministro per far saltare tutto: vecchio stile leghista. Ma minacciare #Mattarella è indegno. Sulle Istituzioni non si scherza”, dice invece l’ex premier e segretario del Pd, Matteo Renzi. Al quale replica indirettamente lo stesso Salvini. “Se avessi dovuto seguire la convenienza mia e del partito avrei detto, non ci provo neanche. Ce l’abbiamo messa tutta se qualcuno si prenderà la responsabilità di non far nascere un governo, lo vada a spiegare a sessanta milioni di italiani”, dice il leader della Lega. Che è già in campagna elettorale: “Se il professor Savona non può fare il ministro perché ha il difetto di difendere i cittadini italiani mettendo in discussione le regole europee, allora io se vado al governo ci porto il professor Savona”. Sarà un’estate lunga. E calda, molto calda.
“Se andiamo al voto e vinciamo poi torniamo al Quirinale e ci dicono che non possiamo andare al governo. Per questo dico che bisogna mettere in Stato di accusa il Presidente. Bisogna parlamentarizzare tutto anche per evitare reazioni della popolazione”.
Fidatevi: sarà l’Italia a cambiare l’Europa. Eresia pura, a prima vista. Tempi: non sospetti. Fine 2014, con il giovane Renzi insediato a Palazzo Chigi e pronto a recitare la sua mediocre particina teatrale, il dinamismo giovanilistico e solo cosmetico basato su riformette Merkel-compatibili, pre-formattate da Mario Draghi, Jp Morgan e colleghi. «Fidatevi: sarà l’Italia a cambiare l’Europa». Firmato: Gioele Magaldi, il visionario. Il massone dissidente, l’eretico, il fastidioso smascheratore di un sistema truccato, neoliberale e segretamemte super-massonico. Autore di un bestseller clamoroso (“Massoni”, edito da Chiarelettere) che svela il ruolo decisivo di 36 superlogge internazionali nel retrobottega di qualsiasi potere, nazionale e internazionale, con ramificazioni solidissime in tutti i centri decisionali anche italiani, dalla Banca d’Italia a Palazzo Chigi fino al Quirinale. Draghi, Monti, Napolitano: «Tutti massoni neo-aristocratici, protagonisti della crisi pilotata che ha segnato il declino del nostro paese sotto il ricatto artificioso dello spread». Il nostro paese: l’Italia stremata dal piduista Berlusconi e sabotata dal finto progressista Prodi, «globalizzatore in grembiulino». Venticinque anni di decadenza, «grazie a una regia occulta».
Ebbene, nonostante ciò – questo il lieto annuncio, a fine 2014 – sarà proprio dall’Italia che partirà un riscatto popolare e democratico, in grado di cambiare l’Europa.
Magaldi il sognatore, il poetico utopista? In capo a quattro anni, contro ogni previsione, nel 2018 proprio l’Italia “scodella” un nome come quello di Paolo Savona: per la prima volta, probabilmente, dal Trattato di Maastricht, un paese-cardine dell’Unione Europea candida come ministro dell’economia un oppositore dichiarato del sistema. Chi l’avrebbe detto? Attenzione: come da molti sottolineato, Paolo Savona non è un oppositore qualsiasi. Personalità autorevolissima, economista dell’establishment vicinissimo al massone Ciampi al momento di costruirla, l’Unione Europea. Un uomo capace di ripensamento: questa Europa così com’è non funziona. Non va bene per l’Italia, ma in fondo non va bene per nessuno, se alimenta risentimento e competitività interna. Rimettiamo la palla al centro, propone Savona: troviamo il coraggio di ridiscutere i termini dei trattati. Sotto la spinta di forti pulsioni euroscettiche, la Gran Bretagna – mai entrata nell’Eurozona, e rimasta a lungo nell’Ue in condizioni privilegiate – ha già abbandonato l’Unione Europea (ma c’è voluto un referendum estremamente sofferto, e dall’esito sorprendente e lacerante). Nulla di simile s’è mai visto in Germania o in Francia, dove Marine Le Pen si è limitata a una battaglia di principio contro Bruxelles, ben sapendo che sarebbe stato facile – per un massone conservatore come Macron – neutralizzare il Front National facendo leva sulla paura dei francesi.
Contro ogni previsione – non di Magaldi, certo – il Rubicone l’ha varcato proprio l’Italia. Sono stati Matteo Salvini e Luigi Di Maio, paracadutati fra i tornanti di una vorticosa evoluzione della crisi post-elettorale, a tener duro – anche contro il Quirinale – sul nome del ministro “eretico”, di cui il potere finanziario europeo pare avere il terrore. Paolo Savona è diventato un totem: la possibilità del cambiamento. Le ultime settimane hanno preso in contropiede politici, elettori, istituzioni e mondo economico – ma non Magaldi: in fondo se l’aspettava, “sapeva” che l’Italia – e solo l’Italia – sarebbe stata capace di tornare al centro della politica europea. Il momento è drammatico: uno scontro istituzionale inaudito, con ripercussioni incalcolabili. Ma il costo di una “rivoluzione” è sempre meglio, in ogni caso, della morte lenta assicurata dallo status quo: la sovranità democratica non ha prezzo, vale più di qualsiasi stabilità momentanea perché può garantire benessere diffuso ed equità sociale, senza cui la società collassa. Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, indica l’esempio di Nino Galloni. Keynes, nel terzo millennio: investire sull’Italia, per uscire dalla crisi e dal ricatto della paura. In altre parole: il futuro. L’unico possibile. Nel bene e nel male, oggi l’Italia è al centro della scena europea. Volano parole inaudite, rivoluzionarie. Sembrano il germe di un risveglio, per tutta l’Europa. Nate dove? In Italia.»

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