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Articoli in evidenza

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    Segnaliamo un evento non rooseveltiano, ma in cui sono coinvolti due importanti dirigenti MR come Gioele Magaldi e GianfrancoPecoraro (Carpeoro). Un evento molto interessante per cittadine e cittadini, donne e uomini di ogni estrazione sociale.Un...

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    Consulta Generale MR di lunedì 21 marzo 2022, ore 19Carissimi soci, come da comunicati ufficiosi già inviati, ribadiamo la convocazione, per lunedì 21 marzo 2022 (lunedì prossimo), alle ore 19, tramite il supporto telematico Zoom, della Consulta...

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  • Il nome della Rosa; la coerenza delle idee senza i dogmi dell’ortodossia Marco Moiso Giovedì, 20 Gennaio 2022 13:05

    É davvero ammirevole come ne “Il nome della Rosa” Umberto Eco già analizzasse come le grandi narrazioni possano avere presa sulle persone che non esercitano il pensiero critico; nonostante le distorsioni e le incoerenze tra narrazione e fatti e...

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  • Le false questioni che distraggono l'opinione pubblica: articolo di Daniele Cavaleiro Comunicazioni Movimento Roosevelt Martedì, 23 Novembre 2021 20:54

    Le false questioni che distraggono l'opinione pubblica: articolo di Daniele Cavaleiro No vax o si vax, no mask o si mask e poi il green pass, ma sono proprio queste le tematiche così importanti che la nostra società deve affrontare? Personalmente, non mi...

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trump 76921
trump 76921
Segue un articolo dal titolo Attenti a Trump: spacca l’élite globalista e manda in crisi la UE”, pubblicato da “Blog - Il Giornale”: http://blog.ilgiornale.it/foa/2018/01/27/imprevedibile-trump-spacca-lelite-globalista-e-la-ue-va-in-crisi/

Marcello Foa: «Il Trump che abbiamo visto a Davos forse sta riuscendo a spaccare l’establishment globalista, utilizzando lo strumento più sorprendente: quello fiscale, che sta mettendo in crisi  l’Unione europea, la quale , dopo la Brexit e la vittoria di Trump, era stata indicata come lo scudo dell’élite globalista. L’ex consigliere di Obama, Kupchan, era stato esplicito scrivendo che: “Stati Uniti e la Gran Bretagna saranno, almeno temporaneamente, latitanti quando si tratta di difendere l’ordine liberale internazionale, l’Europa continentale dovrà difendere la posizione. Nel momento in cui la coesione interna dell’Unione europea è messa alla prova dallo stesso populismo che occorre sconfiggere, non è buon momento per chiederle di colmare il vuoto lasciato dal disimpegno anglo-americano. Ma almeno per ora, la leadership europea è la migliore speranza per l’internazionalismo liberale”.
Mi spiego: lo schema promosso dall’élite globalista prevedeva, fino ad oggi, la creazione di un blocco unico nella Ue, con il progressivo sradicamento delle identità e delle strutture nazionali, con il corrispettivo trasferimento dei poteri esecutivi e legislativi a entità sovranazionali, con ila conseguenza di favorire i grandi gruppi multinazionali. Il  Trattato CETA tra Ue e Canada, che riprende diversi punti salienti del defunto trattato TTIP, ed approvato nel silenzio dell’opinione pubblica, mira da un lato a sbarazzarsi dei vincoli giuridici nazionali, conferendo ai privati e non a una Corte suprema, l’ultima istanza nel caso in cui una grande azienda si senta danneggiata da leggi o provvedimenti nazionali, ovvero svuotando uno dei pilastri del nostro sistema democratico; dall’altro promuovendo non la concorrenza ma l’armonizzazione fiscale fra i Paesi della Ue, con un doppio standard: livelli impositivi crescenti per i cittadini e le società locali, scappatoie con regimi agevolati (biasimati pubblicamente ma di fatto permessi) per i grandi gruppi multinazionali.
Affinché questo piano riuscisse era indispensabile che  non si palesassero elementi esterni di disturbo e invece Trump sta scompaginando il quadro. Come noto, il Congresso Usa ha appena approvato la riforma fiscale che abbatta le tasse per le società e a Davos il presidente americano cos’ha fatto? Si è seduto a cena con una quindicina di Ceo delle principali compagnie al mondo, che ha invitato a trasferirsi negli Stati Uniti ovvero nel nuovo paradiso fiscale, che ha una peculiarità: non è l’Irlanda, nè uno statarello dei Caraibi ma la superpotenza dominante.
E’ presto per valutare l’impatto su scala planetaria del nuovo regime, però, gli effetti sono potenzialmente dirompenti. Trump, che è un uomo di affari, potrebbe scardinare i piani globalisti facendo leva sull’elemento costituente del capitalismo: il profitto. Perché il Ceo di un grande gruppo dovrebbe rimanere nella Ue o in Svizzera se può far guadagnare centinaia di milioni ai propri azionisti? E’ possibile che tra qualche tempo inizi l’esodo dei quartieri generali dei grandi gruppi dall’Europa verso New York o San Francisco, generando non pochi grattacapi dalle nostre parti: Bruxelles come potrebbe continuare a proporre l’armonizzazione fiscale di fronte alla concorrenza statunitense? Non è azzardato prevedere che a breve molti Stati abbasseranno le imposte per tentare di trattenere le aziende.  Macron si sta già muovendo in questa direzione. Ma com’è possibile che ci riescano dovendo rispettare i rigidissimi parametri di Maastricht e  dovendo far fronte alle note intolleranze dogmatiche della Germania da una parte e della Bce dall’altra? Aggiungete gli effetti dirompenti sull’economia europea del calo del dollaro e del forte aumento dell’euro e il quadro è chiaro. 
Donald Trump rischia di mettere in crisi l’Unione europea e i piani dell’élite globalista. Chi l’avrebbe detto?»

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