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Segue un “riflessione” di Gianluca Baldini sulla sua Pagina Facebook dal titolo “QUANDO I SOLDI CRESCEVANO SUGLI ALBERI”.

Gianluca Baldini: «Secondo voi dove abbiamo trovato le risorse per fare strade, autostrade, ospedali, scuole, uffici pubblici, case popolari, piazze, monumenti, ponti e per mettere su imprese pubbliche che hanno eccelso nell’industria pesante e in quella ad alto contenuto tecnologico? Cioè, com’è possibile che un paese che aveva perso una guerra, ridotto a un cumulo di macerie e con la maggioranza della popolazione analfabeta e alla fame, sia riuscito a reperire risorse in una quantità tale da realizzare un miracolo economico che l’ha portato a diventare la quarta economia del globo in tre decenni? Chi si è fermato alla studio scolastico della storia vi risponderà che l’Italia è stata ricostruita dagli americani con le risorse del programma di ricostruzione europea meglio conosciuto come “Piano Marshall”. Ignorando il fatto che il programma di aiuti americano è durato solo tre anni, mentre la scalata dell’Italia è perdurata per un quarantennio. Allora, da dove sono arrivate queste risorse quasi infinite? I soldi sono cresciuti sugli alberi? Sì. Mi spiego meglio... 
Le ingenti risorse monetarie necessarie a finanziare la spesa pubblica di quegli anni sono principalmente derivate dalla spesa in deficit, il cui “cumulo” costituisce l’ammontare del nostro debito pubblico. Negli anni in cui si faceva ricorso alla cosiddetta “monetizzazione del debito”, il Ministero del Tesoro stabiliva il fabbisogno monetario e il tasso a cui lo stato voleva emettere i titoli di stato per reperire tali risorse, mentre la banca centrale si impegnava ad acquistare i titoli che il mercato (costituito essenzialmente dalle banche pubbliche nazionali e dai risparmiatori privati) non assorbiva a quel tasso. Spesso questo tasso è stato inferiore all’inflazione, cioè lo Stato si è finanziato a “tasso reale negativo” e quindi, in definitiva, non solo “stampava soldi” gratis, cioè senza creare debito, ma riusciva anche ad “ammortizzare” il debito esistente, perché quello che restituiva alla scadenza dei titoli era meno di quanto aveva ricevuto all’emissione. Quando sentite qualche osservatore economico utilizzare la locuzione “stampare moneta” sappiate che, in teoria, si starebbe riferendo a questa pratica. Ha funzionato? Certo! I titoli di stato erano un investimento sicuro e pertanto molti cittadini detenevano una quota consistente di risparmi sotto la forma di buoni del tesoro. Con questo sistema ci abbiamo tirato su praticamente l’intero paese, finché non si è deciso, nel 1981, di porre un freno al giochetto. E da lì è iniziata anche l’impennata del debito pubblico con le conseguenze nefaste da terrorismo mediatico che viviamo oggi. Ma questa è un’altra storia, sulla quale non voglio soffermarmi adesso.
Con questa riflessione voglio solo sottolineare che chi oggi storce il naso quando si parla di “stampare moneta” per finanziare la spesa pubblica, ovvero di “monetizzazione del debito”, come si faceva in Italia fino al 1981, contemporaneamente plaude al quantitative easing, cioè al finanziamento del sistema bancario realizzato in questi anni da Draghi con le risorse messe a disposizione dalla Banca Centrale Europea. Cioè, chi ritiene deprecabile l’idea che uno Stato possa utilizzare la banca centrale nazionale per “stampare denaro” finanziando opere pubbliche utili per la collettività o erogando servizi pubblici, e dunque pagando in definitiva stipendi pubblici (attraverso gli enti pubblici) e privati (attraverso le imprese che si aggiudicano gli appalti pubblici), al contempo reputa ragionevole che la BCE “stampi denaro” per acquistare titoli e attività delle banche private, gonfiandole di liquidità che poi utilizzeranno anche per acquistare a loro volta titoli di stato, alimentando la domanda e abbassando i tassi. Le risorse impiegate dal quantitative easing sono state ad oggi di gran lunga superiori rispetto a quelle di cui necessitavano gli Stati per finanziarsi ed evitare i tagli ai servizi pubblici.
In sostanza nell’eurozona la banca centrale “stampa denaro” che regala alle banche private (che sono state le prime responsabili della crisi che viviamo) con la promessa che queste lo presteranno agli Stati per finanziare la spesa pubblica. Insomma nell’Unione Europea il denaro cresce ancora sugli alberi, che sono nostri, ma paghiamo una quota a dei signori che, alla stregua dei parcheggiatori abusivi, ci passano i nostri frutti che cadono a terra sotto la corresponsione di un obolo.
Insomma, 'nà truffa!»