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Segue un articolo dal titolo “Il Russiagate è morto, Paul Manafort e Kiev nella rete dell’FBI”, pubblicato da “Oltre la Linea” (http://www.oltrelalinea.news).   

Federico Bezzi: «Il “Russiagate” - un’elaborata finzione costruita sulle sabbie mobili delle fake news- ha mietuto la sua prima vittima. E la notizia bomba è che non la Russia, bensì l’Ucraina, è al centro dello scandalo. Donald Trump, il quale, per crudele ironia, solo la settimana scorsa ha ordinato il rilascio dei documenti segreti sull’assassinio di JFK, si è preso il primo proiettile dello scandalo che potrebbe portare a termine la sua presidenza.
L’altra cosa ironica è ovvia a chiunque abbia letto almeno la prima pagina dell’accusa di Robert Mueller contro Paul Manafort e Rick Gates: non c’è assolutamente niente che si ricolleghi alla presunta “collusione russa”. Paul Manafort, la prima vittima sacrificale della caccia alle streghe contro la Russia, lavora come lobbista, consulente politico e avvocato che in passato ha lavorato come capo della campagna elettorale di Trump. Lunedì mattina ha varcato le porte del quartier generale dell’FBI dopo che gli è stato ordinato di “arrendersi” alle autorità federali.
Assieme al suo partner di vecchia data, Manafort verrà processato. L’accusa: “cospirazione contro gli Stati Uniti, riciclaggio di denaro e altro”. Insomma, accuse pesanti. Come già detto, il nome “Russia” appare solo di rado, mentre “Ucraina” dozzine di volte. “Manafort e Gates hanno guadagnato milioni di dollari dal loro lavoro in Ucraina. Al fine di nascondere i pagamenti provenienti dall’Ucraina alle autorità degli Stati Uniti, dal 2006 al 2016 circa, Manafort e Gates hanno riciclato denaro attraverso conti di aziende americane e straniere”, recita la prima pagina del rapporto.
Non ci avevo promesso delle rivelazioni scottanti sulla Russia che sabotava la democrazia americana? Allora dov’è la famosa connessione con la Russia nell’accusa? Non c’è. Questa “svista” sta già facendo ridere tutta Mosca. Eppure per anni la Russia è stata messa alla gogna, sofferto sanzioni economiche e disastri diplomatici su queste accuse di inesistenti “interferenze russe” nelle elezioni presidenziali che hanno portato Donald Trump al governo.
L’accusa contro Manafort e Gates dice ancora della connessione con l’Ucraina: “È illegale agire come agente di un paese straniero impegnato in attività di influenza degli Stati Uniti senza registrare l’affiliazione.” Beh, questo è interessante. Un buon avvocato potrebbe muovere le stesse accuse a John McCain e Victoria Nuland (ex Sottosegretario di Stato per gli affari europei ed euroasiatici), visto che entrambi si sono fatti vedere a Kiev agitare le masse durante le proteste di Maidan. Non vedo come non si possano considerare “attività di influenza”. Ma non divaghiamo.
Questa non è la prima volta che Manafort finisce all’attenzione dell’FBI, e non riesco a non pensare che non sia a causa della sua affiliazione con Trump. A luglio, per esempio, Manafort e sua famiglia furono svegliati da un raid dell’FBI all’alba. Perfino la CNN, molto critica di Trump, definì l’azione “stranamente dura”. Gli agenti dell’FBI hanno fatto irruzione “ad armi spianate” mentre la famiglia dormiva. Secondo la CNN, l’FBI ha insistito per perquisire sua moglie alla ricerca di armi.
Ora comparate il modo in cui gli affiliati a Trump vengono trattati, sulla base di niente, con il modo in cui vengono trattate la campagna della Clinton e il DNC, che hanno così tanti scheletri nell’armadio da tenere l’FBI occupato per deceni.
L’indiscrezione più pubblicizzata è stata la rivelazione che l’allora Segretario di Stato Hillary Clinton conduceva gli affari del governo dal computer di casa sua. Come ha descritto bene la Associated Press: “il fatto di usare il proprio server personale avrebbe dato alla Clinton la possibilità di nascondere molti messaggi. Questo fatto mette nei guai anche il Dipartimento di Stato e la sua responsabilità legale di fornire le email ufficiali in caso di una investigazione”
In un’indagine condotta dall’ex direttore dell’FBI James Comey, delle circa 30.000 email della Clinton emerse nel 2014, “110 email contenevano informazioni riservate o top secret”. Senza contare che nel 2010, mentre la Clinton era Segretario di Stato, l’ex soldato Chelsea Manning rubò 250.000 email girandole a Wikileaks. Nonostante tutto ciò, non solo Comey ha rilasciato una dichiarazione che discolpava la Clinton per avere usato un server privato, ma lo ha fatto, secondo due senatori repubblicani, prima che l’inchiesta fosse chiusa.
Se paragoniamo questo al trattamento che sta ricevendo la Russia, è chiaro che ci sono due standard di giustizia negli USA. Da una parte, una scala di giudizio per Hillary Clinton, la quale ha infranto più volte la legge ma rimane protetta dallo stato e dai media. Dall’altra una scala di giudizio molto più sensibile usata 24/7 contro l’amministrazione Trump, nonostante la totale assenza di prove che connettano la vittoria di Trump con le fantomatiche “interferenze russe”.
La domanda ora è, quanto andrà avanti questa inquisizione anti-russa? Specialmente considerando che l’investigazione di Mueller non ha fornito nessuna prova di queste “interferenze”? E’ necessario che questa russofobia insensata finisca, non solo perché disastrosa per le relazioni diplomatiche USA-Russia, ma per il futuro del sistema bipartitico americano, il quale è in bilico dal primo istante in cui Trump ha messo piede alla Casa Bianca.»